8 - La porta

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Quella mattina, nessuna notifica lasciava il cellulare della ragazza. Nonostante questo, lei rimaneva sveglia. Stringendo a sé il maglione preferito della sorella, stava sdraiata con il telefono staccato e con la faccia schiacciata sul cuscino per reprimere i singhiozzi: non voleva che sua madre la sentisse piangere. Il ricordo di Corinne, che piano piano stava cominciando a diventare positivo, la fece nuovamente cadere nell'oblio. Il passato non era ancora stato superato e lo sapeva bene, ma non pensava fino a quel punto. Le era bastato sentire il nome di quei tre uomini: Andres, Oscar e Ivan Monreau, nientemeno che i due stupratori e il giovane con la telecamera che li aspettava in auto.

Nientemeno che i cugini di Pier...

Pier l'aveva detto, nella sua famiglia erano tutti criminali... ma non pensava che anche quelli fossero suoi parenti. Era entrata in contatto, seppur indirettamente, con i suoi stessi stupratori: fosse un segno? Un avvertimento: il suo destino era segnato. Lei sarebbe sempre stata la povera ragazzina che ha subito violenza, per la quale bisogna provare pena e alla quale bisogna dire un sincero "mi dispiace" abbracciandola e sforzandosi a piangere.

La giornata scolastica non fu migliore della mancata nottata, infatti, era un giorno estremamente importante per la scuola: l'ultimo giorno per preparare il necessario per il 25 novembre. Forse, il 24 novembre era ancora peggiore del 25... Marlene era assalita dalle domande e dalle raccomandazioni per il giorno dopo a causa di quella stupida conferenza alla quale non voleva nemmeno partecipare, un incontro nel quale era stata buttata contro la sua volontà. Possibile che nessuno mai si accorgesse di quanto fosse dura e snervante per lei?

Le emozioni negative, quelle della paura e del tradimento provate a causa degli incontri con il gruppo e quelle di frustrazione e peso che la opprimevano a causa della conferenza, si unirono insieme a formare un prodotto esplosivo e pericoloso. Non aveva preparato alcun discorso, né l'avrebbe fatto... ma doveva. Si immaginava già la scena: lei in piedi sul palco rialzato dell'aula dei ricevimenti a improvvisare un'esposizione, la stessa che ormai ripeteva da due anni, mentre la sua espressione svogliata veniva confusa per dolore nei confronti dell'accaduto. Tutti avrebbero pianto, tutti tranne lei. Lei avrebbe solo provato odio e voglia di vendetta. Ricordava ancora le parole che aveva detto alla fine del primo discorso: "Se potessi uccidere a mani nude quegli uomini, gli porterei via ciò che amano, come loro hanno fatto con me".

In classe faticava a tenere le lacrime: per quei mesi, aveva parlato con... un mostro? Era distratta, pensieri paranoici in mente al posto delle parole del professore che si ostinava a spiegare a una classe disinteressata. Marlene aveva lasciato il suo telefono a casa, non le sarebbe servito e per le emergenze poteva benissimo chiedere a Francoise... anche se era da un bel po' che non parlavano, possibile che si fosse anche dimenticata della sua migliore amica e che le tornava in mente solo per una necessità?

Ma che cosa sto facendo...?

«Posso andare in bagno?» chiese allora a un tratto.

Francoise si accorse dell'impercettibile inclinazione triste della sua voce e immediatamente quelle onde sonore le fecero pizzicare il naso, tanto da nascondersi nella sua sciarpa per trattenere i fiumi che erano prossimi sfociarle dagli occhi.

«Vuoi che Francoise...» stava per domandare il professore.

«No» lo interruppe «vado da sola.»

Superfluo dire che, nello stesso momento, le due migliori amiche cominciarono a piangere.

Marlene non piangeva per Pier, almeno non solamente. Erano già passati due anni, ma le immagini erano tanto vivide che potevano benissimo risalire alla giornata precedente... non aveva superato un bel niente e, anzi, la conoscenza di Nathalie, Agatha e soprattutto Pier non aveva fatto altro che aggravare la situazione: il turbamento della scoperta cercava di farla allontanare da loro e lei soffriva ancor più di prima. Non era giusto. Era solo una ragazza, una semplice ragazza impossibilitata a vivere gli anni migliori della sua vita a causa di quella serata, a causa di un lutto più grande di lei. Pensava ancora ai bei momenti passati con la sorella, ma, pensandoci bene, non aveva ancora accettato, né effettivamente compreso, che Corinne non era più con lei, non era più nel mondo e non si trattava di un momentaneo viaggio di piacere. Lei non sarebbe più tornata e non per sua volontà, ma per volontà più grandi di lei e alle quali era costretta a sottostare.

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