Quel ragazzino le somigliava davvero tanto, aveva i suoi stessi occhi color del vetro, e poi sapevo che fosse lui, sapevo che prima o poi il fato mi avrebbe fatto incontrare qualche traccia di Lev. Ciò fa ben sperare, significa che è viva e che sta bene e ha anche messo su famiglia già un po' di anni fa.
Ricordo come se fosse ieri il primo giorno in cui arrivai a Kiev, doveva essere uno scambio interculturale, ma si è trasformato in un'esperienza di vita. La prima settimana mi fece fare tutto il giro della città, dalle più semplici piazze alle più elaborate chiese e statue che si ergevano possenti, ma allo stesso tempo delicate, nei grandi parchi verdi; fu proprio lì che Lev venne a sapere del mio amore per la letteratura. Quelle giornate, sebbene tornassi a casa con i piedi doloranti, erano magnifiche. Io non volevo parlare di me, sarei risultata noiosa, ripetitiva, debole e avrei disturbato abbastanza, ero già una disturbatrice stando in una casa non mia, mangiando cibi non miei cucinati per me, ma non da me, dormendo in un letto non mio e sporcando lenzuola non mie, utilizzando materiale non mio e tempo non mio... chiedere a Lev di fare da psicologa era veramente troppo. Eravamo adolescenti, era ovvio che anche lei provava le stesse sensazioni, caricarle anche le mie paranoie mi sembrava eccessivo. Per cui stavo zitta e ascoltavo la mia amica raccontare, perché lei sì che aveva tanto da raccontare, e starla ad ascoltare mi piaceva, mi piaceva ascoltare, specialmente se chi parlava aveva cose interessanti da dire. Quella notte ci eravamo appena coricate quando sentii dei rumori provenire dal suo letto, proprio accanto al mio. Finsi di dormire per capire cose stesse facendo, si alzò e andò a verso il mio zaino, più di una volta sbatté contro il pilastro sporgente: la risata era difficile da trattenere, ma resistetti. La vidi prendere il mio romanzo preferito, avevo intuito cosa volesse fare, così, l'indomani, prima che me lo chiedesse, iniziai a raccontare di me.
Alla fine, arrivato il momento di separarci, mi sono sentita un muro crollarmi addosso così d'istinto le lasciai la mia copia di Dostoevskij pensando che, magari, riguardandolo o rileggendolo, si sarebbe ricordata di me.
Molti mi chiedono perché io non abbia mai continuato la scrittura del mio romanzo e l'abbia concluso con lei che va in Italia o con i successivi avvenimenti storici, perché non avessi voltato pagina o perché non avessi continuato a scrivere altro. La riposta è sempre stata: "tutto il resto è storia, per capirla a fondo bisogna sempre viverla in prima persona".
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In Prima Persona
Historical FictionCOMPLETA Il mondo è pieno di strani avvenimenti... riassumendo tutto in una frase? Per ottenere la pace dobbiamo fare la guerra. Ma noi, oscurati dalla nostra vita, non ce ne accorgiamo nemmeno. Cosa succederebbe, infatti, se un ragazzo, nel futuro...