Avevo sposato mio marito perché lo amavo, prima di accorgermi che lui non amava me. Siamo stati fidanzati per circa dieci anni, il nostro fidanzamento è stato un regalo di compleanno donatomi da lui stesso il giorno del raggiungimento della maggiore età. Era splendido, un ragazzo ben impostato, forte, con profondi occhi scuri e labbra carnose... insomma, il sogno di ogni ragazza eterosessuale. Era un paio d'anni più grande di me, ci eravamo conosciuti anni prima a scuola, ci incontravamo durante le pause quando uscivo con le mie compagne: ogni anno capitava nella classe vicina alla mia. Abbiamo stretto i rapporti nel corso degli anni, ma non avevo mai il coraggio di pronunciare quelle poche parole di dichiarazione. Lui era unico: protettivo, amichevole, sempre attento e preoccupato per me. Ero così accecata dall'attrazione, da non accorgermi che quel carattere all'apparenza premuroso poteva solo andare a peggiorare.
Fino all'età di ventott'anni non mi volli mai concedere a lui, ero cresciuta con un certo orientamento e consideravo sbagliato il lasciarmi andare prima del matrimonio. Lui, però, era impaziente. Ma come potevo dargli torto? Così, conclusi gli studi e cominciato un lavoretto, decidemmo di sposarci. Mi fece sua già la prima notte di nozze, ma non fu l'appagamento del desiderio che anche io aspettavo: fu una tortura. Mi placcò con il suo corpo e cominciò a picchiarmi. Mi percosse ripetutamente sulla schiena e sui fianchi lasciandomi dei lividi violacei che non scomparvero neanche dopo una settimana. Avevo paura di lui. Ogni volta che il suo desiderio di violentarmi ardeva, gli bastava prendermi per il collo e far di me ciò che più desiderava. Ogni volta mi diceva che ero solo sua, che ero di sua proprietà, che non dovevo vedere nessuno al di fuori di lui, neanche le mie amiche che già da qualche anno mi avevano avvisata di stare attenta. Mi sequestrò il telefono e mi segregò in casa, non potevo andare da nessuna parte, ma aspettare solo che lui tornasse la sera esausto dal lavoro con la voglia di "distrarsi". Mi aveva anche fatto licenziare, il mio compito era stare a casa aspettando il suo ritorno. Durante il giorno, la mia attività preferita era quella di tamponarmi le ferite, ma quando lui vedeva che stavano migliorando, non pensava due volte a colpirmi ancora più forte negli stessi punti, facendoli arrossare e sanguinare ancora. Vissi così per circa sette anni, quando, per errore, mi donò un bambino. Come risultato alla scoperta della gravidanza, lui mi abbandonò non senza avermi prima lasciato il marchio indelebile del suo potere, per poi tornare qualche tempo dopo a infliggermi il colpo di grazia.
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In Prima Persona
Historical FictionCOMPLETA Il mondo è pieno di strani avvenimenti... riassumendo tutto in una frase? Per ottenere la pace dobbiamo fare la guerra. Ma noi, oscurati dalla nostra vita, non ce ne accorgiamo nemmeno. Cosa succederebbe, infatti, se un ragazzo, nel futuro...