Marlene

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Ero... piccola? Non so se avere quattordici anni può essere considerata un'età da piccoli, ma, be', lo ero. Mia madre non mi aveva mai detto di stare attenta agli sconosciuti, non perché fosse una madre disattenta, non lo è mai stata, né lo è, ma perché non ne avevo la necessità: non amavo le attività sociali. Sì, mi piaceva parlare e divertirmi con i miei "amici", ma non ero tipo da discoteche o uscite serali. Corinne, però, lo era. Corinne è, anzi era, mia sorella, gemella per l'esattezza: uguali nell'aspetto ma opposte nel carattere. Una sera era andata al cinema con degli amici, dovevano vedere un film romantico, niente di pauroso, ma l'orario era davvero tardo. I titoli di coda sarebbero dovuti apparire verso la mezzanotte circa e, infatti, Corinne chiamò la mamma. Il cinema è a due passi da casa e avevo voglia di camminare un po', così decisi di raggiungere io mia sorella, erano solo un paio di marciapiedi. Quella fu la prima sera in cui sentii mia madre pronunciare quelle famose raccomandazioni: "Sii veloce", "Non soffermatevi troppo", "Stai attenta per strada e a chi incontri" tutte cose relativamente "inutili". Ero la prima a camminare a passo svelto e a voler tornare a casa, già mi stavo pentendo della decisione. Mia madre era a casa indaffarata con un lavoro e comunque avrebbe portato Corinne a piedi; dunque, perché non farlo io? Nei miei larghi vestiti a stento si intravedevano le forme di una donna, cercavo di mascherarmi così da passare inosservata e non attirare occhi indiscreti. Non mi sarebbe successo nulla. Corinne era il mio opposto: mi stava aspettando fuori, davanti all'ingresso del cinema con una minigonna che copriva ben poco e un top che lasciava poco all'immaginazione, ma su di lei quegli abiti stavano divinamente e lei si sentiva totalmente a suo agio. Si era anche truccata. I colori utilizzati le stavano bene, senza dubbio, ma la facevano apparire come una signora, sembrava quasi un'adulta... e non avevo idea di chi fossero i suoi accompagnatori. Aveva detto che sarebbe uscita con degli amici, ma, per me, quei due ragazzi altro non erano che sconosciuti... e anche più grandi. A occhio e croce, sembravano anche superare i vent'anni. Rallentai il passo, per un attimo ebbi paura e mi maledissi per essere voluta uscire io quella sera. Lo stesso non valeva di certo per Corinne che sembrava assai sollevata nel vedere me e non la mamma: come avrebbe reagito, dopotutto, nel vederla in compagnia di due uomini e non di due... ragazzini? Quei due non aspettavano occasione migliore, tenevano entrambi le mani intorno ai fianchi di mia sorella e insistevano perché entrassimo entrambe nella loro macchina per riportarci a casa. Non servì a niente il mio tentativo di dissuaderli. Ci sollevarono di peso e ci fecero entrare in quella vettura, al cui interno un terzo uomo li stava aspettando. Ancora adesso ho difficoltà a credere che siano riuscite a entrare tutte quelle persone nella loro macchina e... be'... fare qualcosa. Abbastanza scontato continuare a parlare. Ci spogliarono e in meno di due minuti diventammo i loro giocattoli. Ci fecero male e furono così pervertiti da registrare il tutto con un telefono. Ci stuprarono... e non era stato di certo un vestito scollato a dar loro il pretesto, io, infatti, non lo indossavo. Ripensarci fa male, ma non tanto quanto il vedere nostra madre disperata per l'accaduto non vedendoci tornare. Il "lieto fine" lo ebbi mesi e mesi dopo quando quell'auto venne rintracciata, ma Corinne non arrivò a vederlo.

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