7 - La scoperta

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«Non sono pronto...» confessò Pier mentre portava la forchetta alla bocca.

Nathalie aveva posticipato di un'ora l'appuntamento di quel pomeriggio, dunque Marlene poté mantenere la promessa fatta al ragazzo la mattina precedente. I due si erano recati in una pasticceria tranquilla poco lontana sia dalla scuola che dal luogo dell'appuntamento. Lì decisero di mettere qualcosa sotto i denti optando per delle crepes e Pier ne approfittò per acquistare quattro panetti al cioccolato da portare all'incontro: era il suo turno.

«Sì che lo sei.» lo tranquillizzò Marlene continuando a mangiare con gusto. «Santo cielo, sono deliziose!»

«Marl, sono serio.» Pier smise di mangiare e posò la testa sulle mani attirando l'attenzione della ragazza. «È solo che, io non ho molto da dire.»

«Stai scherzando?»

«Comprendimi, sai bene che l'unica rivelazione che devo fare riguarda mia madre... per il resto la storia è già stata detta e ridetta. Sarà un fiasco, specialmente adesso che ha parlato Agatha.»

«Pier, non è mica una gara! Come potrebbe esserlo un argomento del genere? Questo è il comportamento degli altri, di quelli che hanno una vita perfetta e vogliono impietosire passando per vittime, esagerando situazioni stupide! Sì, è vero, ognuno viene segnato diversamente dagli eventi, ma non puoi pensare di far diventare uno stupro una gara!» la ragazza alzò leggermente la voce enfatizzando le ultime parole, tanto che una vecchia coppia qualche tavolo più avanti si girò per un istante. «Agatha ha detto poco se vogliamo mettere i discorsi a confronto, ma ciò che ci ha trasmesso è stato intenso. Anche se fosse una singola parola a bloccarci, durante gli incontri la tireremo fuori. È per questo che ci siamo conosciuti, per andare avanti e liberarci di quel sassolino che ancora teniamo nella scarpa e ci fa male, non per una gara a chi ha subìto più traumi.» detto ciò, riprese a mangiare.

Gli occhi della ragazza tornarono a fissare il prelibato dolce che aveva nel piatto, mentre quelli di Pier erano attratti da altro: da lei.

«Parli sempre a metafore, tu?» ridacchiò allora ricominciando a mangiare.

«Solo quando chi ho davanti ne ha bisogno.» ammiccò allora la ragazza.

«Dovrei sentirmi lusingato?»

«Credo che la definizione più corretta sia "stupido".»

I due risero, ma Marlene guadagnò anche un calcio amichevole da sotto il tavolo.

C'era silenzio, tanto silenzio: sembrava di rivivere il momento di Agatha. Tutti mangiavano, o meglio, solo Agatha e Nathalie gustavano quella prelibatezza nell'attesa del discorso di Pier. Quando stava per parlare, si alzò e si allontanò. L'azione non le stupì, capirono, anche alle altre due al momento della verità era venuto in mente di scappare, ma, in fondo, non avrebbe avuto senso: erano lì per quello, no? Erano stanche di fuggire dalle loro responsabilità; per una volta avevano deciso di rimanere e affrontare quel muro che le bloccava. Ma Pier era ancora un ragazzo e, sebbene fosse sempre stato estroverso e raggiante, era il primo a trovarsi bloccato da quell'ostacolo non facile da superare.

«Mangiate anche i nostri.» disse loro Marlene correndo verso Pier.

Neanche lui sapeva il perché di quel gesto, forse era accaduto tutto troppo velocemente. Pensava di essere pronto ad andare avanti, ma aveva ancora bisogno di tempo.

Era poco più che un bambino.

Era un bimbo cresciuto troppo in fretta e da solo, con poca madre e con quello che biologicamente parlando era suo padre.

«Pier?» lo chiamò la ragazza trovandolo seduto su una scalinata poco distante.

«Sto arrivando...» si limitò a rispondere.

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