Capitolo 18 Parole di troppo (parte seconda)

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⚠️ Il capitolo che segue contiene la menzione di argomenti delicati, non ci sono scene crude, ma i temi trattati possono urtare la sensibilità. Leggete con prudenza e prendetevi cura di voi♡

RATRI

Il viaggio in macchina con Veicht è stato piuttosto strano. Nessuno dei due ha detto una parola su quanto successo. Sentivo un forte imbarazzo nell'essere in uno spazio ristretto insieme a lui. Il silenzio tra di noi era assordante, avrei preferito di gran lunga qualche sua battutaccia o cattiveria addirittura. Invece nulla. Per tutto il tempo ha tenuto gli occhi fissi sulla strada e io fuori dal finestrino, ma ogni fibra del mio corpo era in estrema tensione.

E adesso eccoci qui. Ha appena parcheggiato davanti al pub dove ho appuntamento con la band, e ancora il suo sguardo è rivolto in avanti. Mi slaccio la cintura e mormoro un grazie affrettato, mentre mi accingo a aprire la portiera. Non risponde, ma sento il peso dei suoi occhi su di me. Lo guardo e i nostri occhi si incontrano. Caldo e freddo si mescolano nella sua espressione per me indecifrabile. Preoccupazione? Rabbia? Che cosa comunicano le due pietre smeraldine che mi osservano, è impossibile da capire per me.

Abbozzo un mezzo sorriso e in fine scendo dall'auto. L'aria fredda del tardo pomeriggio si avillupa intorno al mio corpo e sembra penetrarmi nelle ossa. Eppure mi sento meglio, mi pare di aver rincominciato a respirare come se durante tutto il viaggio avessi trattenuto il respiro.

Stare a stretto contatto con Veicht mi mette una certa agitazione addosso e, se di solito è fastidioso, la versione di lui silenziosa è a dir poco inquietante. Tuttavia a rendermi ansiosa in modo eccessivo è la visione. L'ultima volta che le ho avute stavo giocando a biliardo e subito dopo si sono avverate. Perciò metto una certa fretta a me stessa per raggiungere la porta del pub, anche se questa dista poco meno di qualche metro dalla macchina.

Non appena spingo la porta ed entro nel locale lascio andare un sospiro di sollievo. L'ambiente caldo e famigliare ha un effetto calmante. Respiro, i muscoli si rilassano e la tensione sembra a un tratto scomparsa.

Il pub è vuoto, solo il jukebox tiene compagnia ai proprietari che però in questo momento non vedo. Deduco siano sul retro oppure nella piccola cucina che si trova al di là della porta dietro al bancone.

Mi avvicino pronta a palesare la mia presenza, quando dalla cucina esce Francesca. Quando incrocia il mio sguardo per poco non le cade dalle braccia la cassa d'acqua che trasporta. In un primo momento non capisco che le succeda, finché non la osservo meglio. Gli occhi gonfi e arrossati dal pianto, il viso smunto e rigato dalle lacrime, e allora capisco che non avrebbe voluto che la vedessi così. Abbassa gli occhi e posa la cassa sul bancone. Si asciuga con un gesto goffo le lacrime e comincia a sistemare le bottiglie.

«Che ci fai qui?»

Nonostante cerchi di usare un tono neutro, la sua voce è scossa da un tremolio e un mal celato nervosismo che la spezza.

«S-scusami, io... ho appuntamento qui, sai... p-per le prove...» Incespico nel darle spiegazioni. Sono sicura che vorrebbe rimanere sola, ma fra poco arriveranno anche gli altri e credo di aver fatto bene ad avvisarla. Lei si limita ad annuire e nel frattempo continua, compulsiva, a riordinare il bancone.

Mi avvicino, so che dovrei farmi gli affari miei, ma vederla piangere non mi è indifferente, specie per il fatto che Francesca è sempre sorridente.

«Ehm, posso... posso fare qualcosa per te?»

Alza gli occhi ancora lucidi, la cui sclera è attraversata da striature rosse.

Deve aver pianto molto.

«Starò bene non preoccuparti, però...»

Si ferma prima di completare la frase. Infilza il labbro inferiore con i denti e si massaggia il collo.

Non ti lascerò cadere (Prima Stesura)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora