Capitolo 20 Evitare il problema

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VEICHT

Porca di quella grandissima puttana!

Un tonfo e la corteccia dell'albero di fronte a me esplode. Fumo e schegge si propagano nell'ambiente circostante, mentre io ritiro il pugno e osservo la cavità che ho creato.

Sospiro.

Avevo un obbiettivo che era quello di mandarla via, ma poiché non è stato possibile, nel corso dei mesi, me ne ero posto un altro che mi sembrava più semplice: starle lontano.

Non ci provo nemmeno a pormi l'obbiettivo numero tre, tanto sono certo che non rispettarei nemmeno quello.

C'è una bella differenza tra lo starle lontano e baciarla.

E, forse, se mi fossi limitato solo a quello, adesso, non sarei così confuso. Prendo la testa tra le mani e mi accascio a terra. Mi maledico per la mia incapacità di avere una volontà forte.

Il mio potere mi permette di controllare la mente altrui e di far fare loro tutto ciò che desidero, tuttavia non sono in grado di farlo su me stesso. L'incontrollabile bramosia scaturita da quel bacio mi ha portato, di nuovo, nella sua camera.

Se solo non fossi entrato nel suo sogno.

Mi stava sognando di sua spontanea volontà, perciò, prendere in mano la situazione, e sostituirmi all'immagine che il suo subconscio aveva creato di me, è stato semplice.

Ogni sensazione all'interno di un sogno, però, è illusoria e non appaga come dovrebbe.

Sentivo ogni suo respiro, ogni suo gemito, il calore e il sapore della sua pelle. Ma nulla era reale.

È frustrante...

La passione e la chimica che avevamo era così forte che, per un attimo, io stesso mi sono illuso fosse tutto vero. Avrei voluto di più... voglio di più, la voglio nella realtà.

Non ho mai fatto mistero dell'attrazione che provo nei suoi confronti, l'ho sempre considerata bella, ma quello che ho provato questa notte è tutta un'altra faccenda.

Qualcosa che va al di là dell'intesa sessuale. Il desiderio che ho di lei non si limita al suo corpo e questa consapevolezza mi spaventa. Ne sono attratto mentalmente, ed è questo, al di là del fatto che la nipote di Michey e una potenziale minaccia alla mia esistenza, che mi ha convinto a doverle stare lontano.

Se solo ci riuscissi.

Tuttavia, le complicazioni non finiscono qui. La brama non si limita a lei, o meglio, Ratri ha scatenato qualcos'altro senza esserne consapevole e senza averne alcuna colpa.

Non è la prima volta che riesce a portare in superficie il mostro e a far leva sulla sete, tuttavia, questa volta è diverso. Non è la rabbia il sentimento che smuove le mie viscere, ma quell'anelito intenso nei suoi confronti. L'urgenza profonda di averne di più non si limita al suo corpo ma, e forse di più, al suo sangue. Né immagino il sapore sulla lingua, il calore mentre scende lungo la gola, il piacere che mi provoca e che le potrei provocare, perché mordere qualcuno durante un rapporto sessuale è appagante per entrambi. La immagino immobilizzata sotto di me, impotente e stretta al mio corpo, nella morsa delle mia braccia dalle quali non può, e non deve, scappare. Ne immagino le espressioni del viso, i gemiti celati dai sospiri, mentre i miei lenti movimenti le inducono piacere.

La gola mi brucia al pensiero di cos'altro vorrei farle. La pura beatitudine nell'affrondare i canini in quel collo fragile, in quella pelle candida fino a raggiungere la più aulica fra le estasi: un orgasmo amplificato, doppio, catartico.

Non rimarrebbe nulla di lei, se non un corpo morto, e il pensiero di un tale spreco mi distrae, in parte, dalla sete che, ormai, è divampata.

Accasciato al suono, stringo le ginocchia contro il petto. Impongo a me stesso di rimanere immobile, qualsiasi movimento può portarmi a una condizione di totale dipendenza dalla sete e potrebbe farmi tornare a casa. In queste gravi condizioni, sono certo che commetterei il più efferato tra gli omicidi. Devo ritrovare la calma e devo salvaguardare entrambi.

Non ti lascerò cadere (Prima Stesura)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora