Extra Capitolo 17

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BLAŻEJ

Perso con lo sguardo fuori dalla piccola finestra della dependance, cerco una briciola d'ispirazione. Qualsiasi cosa la potrebbe accendere. Se solo fossi dell'umore per lasciarmi incantare dai colori autunnali che adornano il giardino. Ma ogni foglia, ogni piccola sfumatura rossa o arancione che incrocia il cammino del mio sguardo, mi ricorda lei.

Alanora...

Solo il pensiero del suo volto provoca in me emozioni contrastanti. Delicata come un'alba e bella da togliere il fiato come un tramonto e purtroppo irraggiungibile come una stella.

Mordo l'interno della guancia al pensiero della nostra ultima conversazione. Avrei dovuto correrle dietro, ma la paura di non essere accettato per quello che sono, mi ha impedito di compiere un qualsivoglia passo, fisico che metaforico, verso di lei.

Questa casupola, seppur spoglia, è piccola e opprimente. Non vi è che una sola stanza e un bagno, perciò siamo tutti e tre costretti a condividere lo spazio comune. Questo a volte rende difficile per me la concentrazione e il mio bisogno di solitudine che cerco di trovare perdendosi tra i miei pensieri. Se non fosse che, questi, fanno troppo rumore e confusione poiché tutti rivolti a una sola e unica persona.

«Oh cielo, nel 1985 si è consumata la strage del l'Heysel, non lo ricordavo.»

Michey mi distrae dai pensieri più profondi che attanagliano il mio animo già di per sé inquieto e tormentato.

Abbandono la finestra e volgo lo sguardo verso i miei fratelli. Michey, seduto con grazia sulla polverosa poltrona posta al lato destro della stanza, come sospettavo, ha in mano un vecchio giornale, molto vecchio a giudicare dalle notizie che riporta. Mentre Veicht, annoiato, è sdraiato sul divano-letto che invece si trova al centro della dependance. Ed è proprio lui, dopo aver sbuffato, a prendere parola.

«Come fai a non ricordare eventi di quarant'anni fa, ma ricordi benissimo stupide e frivole conversazioni alla corte Tudor?»

«Oh, beh, perché a quelle stupide e frivole conversazioni ero presente, mio caro.» Gli risponde Michey con sguardo furbesco. A me sfugge un sorriso. Debbo ammettere che in questi giorni i loro battibecchi hanno contribuito allo scorrere del tempo. Se non degenerano in litigi che infervorano i loro animi e che poi io dovrò appianare, i loro "duelli" a colpi di frecciate malefiche sono piuttosto divertenti.

«Comunque è un vero peccato non essere stati a Bruxelles quell'anno, magari avremmo potuto fare qualcosa. Dov'eravamo?»

«Ehi, Bì, sapevi che ai vampiri puoi venire l'Alzheimer? Io no, ma vedi bene che nostro fratello non si ricorda che in quel periodo giocava a fare lo studente zelante a Oxford insieme al padre di Alanora.» Non posso far a meno di lasciarmi sfuggire una risatina, che purtroppo si spegne subito dopo quando mio fratello aggiunge: «A me invece avevate rinchiuso in uno scantinato!»

Speravo tralasciasse questo particolare. Purtroppo ricordo bene quel periodo, Veicht era fuori di sé dopo la morte della madre, tanto che abbiamo dovuto rinchiuderlo per evitare combinasse qualche disastro.

Abbasso gli occhi, non fu una mia decisione, ma non posso dire che non fossi d'accordo, perciò una parte di me si sente in colpa. Era ingestibile, ma forse avremmo potuto trovare una soluzione meno drastica.

«Oh, ti prego non la fare la vittima, fu per il tuo bene e non mi sembra il caso di riaprire questo discorso. Quietati!»

Veicht schiocca la lingua al palato e per fortuna resta in silenzio. So che se ascoltassi i suoi pensieri vi troverei una moltitudine di imprecazioni colorite in varie lingue differenti. Eppure lui lo sa che Michey ha ragione. Se avesse commesso qualche atrocità in preda alla disperazione avrebbe molti innocenti sulla coscienza. E per quanto lui si nasconda dietro quella maschera da menefreghista, sappiamo tutti, lui compreso che, ancora oggi, si darebbe il tormento.

Non ti lascerò cadere (Prima Stesura)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora