Capitolo 14 La mostra (parte seconda)

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RATRI

Quando Veicht entra nella stanza divento subito tesa, di nuovo. Questo piccolo particolare non sfugge all'occhio attento di Michey che passa lo sguardo da me a suo fratello. Mi irrigidisco ancora di più, ma sostengo il suo sguardo e ricambio il saluto. Subito dopo, nella stanza, entra anche Blazej.
«Ehi, Ratri tutto bene? Hai una faccetta questa mattina.»
La sua premura e tenerezza mi commuovono, sembra davvero preoccupato per me.

«Non è nulla, solo... un brutto sogno, tutto qui.»

Gli rivolgo un mezzo sorriso e poi abbasso gli occhi, non prima di aver, senza volerlo, incontrato il viso di Veicht. È stato un secondo, forse meno, ma sono certa di aver visto le sue labbra incurvate in un sorriso... quel sorriso diabolico, quello che aveva nella lavanderia e lo stesso che possedeva nel mio sogno poco prima di colpirmi a morte. Un brivido corre lungo la mia schiena, di nuovo sento il sangue nelle vene raggerlarsi.

«Via, via, era solo un sogno. Uno sciocco scherzo del subconscio.» Michey cerca di tagliare corto, mentre batte, per rassicurarmi, la mano contro le mie.

«Ma, sì, bestiolina, ma cosa vuoi che sia un sogno. Non si avvererà di certo. Stai tranquilla.»
La sua voce così calma e tranquilla nasconde qualcosa di sinistro, sposto la mia attenzione su di lui e, come immaginavo, la sua espressione non combacia con le sue parole. È come se leggessi sul suo viso una sorta di soddisfazione, quasi come... se sapesse. Ma è impossibile, o almeno credo.

Sono al pub, è tutto pronto per la serata, ma io non riesco a stare calma. Picchietto nervosa le dita contro il bancone, mentre osservo Michey e Pedro collaborare per sistemare i quadri. Sono stati disposti sui cavalletti, in modo da creare una specie di corridoio che conduce ai tavoli, i quali sono stati spostati più vicini al palco. Così facendo nessuno potrà ignorare i dipinti.
Speriamo che vada tutto bene...

«Ratri, sei soddisfatta?»

La domanda di Micheh pone fine al flusso dei miei pensieri.

«Uhm, sì, scusa ero soprapensiero. È tutto perfetto, avete fatto un ottimo lavoro tu e Pedro.»

Concedo a entrambi uno dei miei migliori sorrisi e batto loro le mani. Meritano davvero i complimenti per quello che hanno fatto. Io non sono stata poi di tanto sputo, sono brava a farmi venire le idee, ma per quel che riguarda concretizzarle sono una frana. Per fortuna c'era Francesca, la quale ha un ottimo spirito di iniziativa e di certo sa come dare ordini in modo che tutto risulti perfetto nei minimi dettagli. È stata sua, infatti, l'idea di aggiungere un'ulteriore fila di luci sul soffitto nella zona in cui sono stati disposti i dipinti. Questo ha reso l'atmosfera più suggestiva, dando ai quadri una visibilità maggiore rispetto al resto del locale. Anche il palco sembra quasi in secondo piano.

«Ragazzina, il giovanotto sembra un demerino, ma è forte e molto preciso in quello che fa.» Pedro da una sonora pacca sulla spalla di Michey e rivolge a me un occhiolino. Il mio coinquilino non si scompone più di tanto, ma ho notato una lieve smorfia di fastidio nel momento in cui è stata pronunciata la parola "damerino". Nonostante ciò, Michey, sorride sincero, sorriso che si amplifica ancora di più non appena Francesca da voce ai suoi pensiri

«Dai papà, l'abito non fa il monaco, giusto? E poi a me piace il suo stile, anticonformista come me.»

«Già, guarda come vai conciata in giro.» Borbotta Pedro che con il suo indice indica i numerosi tatuaggi sulle braccia della figlia. Michey nel frattempo si è avvicinato al bancone dietro il quale ha preso posizione Francesca. Lei sbuffa per il commento del padre e poi si rivolge a Michey.

«A mio padre non piacciono i tatuaggi.»

«Oh, no, no, mi piacciono, uno o due, ma tu sei ricoperta di quei cosi.»

Non ti lascerò cadere (Prima Stesura)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora