Capitolo 22 Questione di fiducia (parte terza)

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ALANORA

Cosa voleva dimostrare? Che ha ragione? Beh, anche fosse lo ha fatto nel modo sbagliato.

Avremmo potuto chiarirci parlando, se proprio ci teneva a darmi una spiegazione e io lo avrei ascoltato.

Lo avresti fatto davvero?
Forse...
Forse no...

La difficoltà che ho nel fidarmi di lui, però, non legittima questo tipo di comportamento, non ha fatto altro che accrescere l'astio e sfiducia nei suoi confronti.

Pesto il terreno e, a ogni passo, scarico al suolo la rabbia come un tuono dopo un lampo, mi sfogo sulla terra. Percorro la strada che mi ha fatto fare lui a ritroso, ma il bosco è fitto e non ricordavo di aver camminato tanto. Sono stanca, ho le energie azzerate a causa della sceneggiata che ha messo su quello stronzo. Credevo davvero di dover lottare per la mia sopravvivenza e incolumità.

Cammino ancora, non mi fermo, voglio tornare al più presto alla macchina e dimenticarmi dell'ultima ora. Tuttavia, mi rendo conto che qualcosa non va quando rivedo l'albero cavo che credevo di aver superato almeno una decina di minuti fa.

Possibile che ce ne siano due identici?

Certo, se non fosse per la roccia muschiata lì accanto, anche quella già superata in precedenza.

Sto girando intondo. Perfetto!

Non sono brava con l'orientamento, ma dovrei riuscire a ritrovare la strada se mi calmassi e ascoltassi la natura. Il muschio indica il nord e io sono venuta da...
Non riesco a ragionare. Mi agita essere sola in un bosco, nonostante io dovrei sentirmi a mio agio nella natura, non è affatto così. Tiro fuori il telefono e, come immaginavo, qui non c'è campo.

Accidenti!

In teoria, mio padre mi avrebbe insegnato a mettermi in comunicazione con la natura, per farlo però, dovrei avere la mente libera e non è così. Faccio lo stesso un tentativo. M'inginocchio e poso i palmi sulla terra umida. Il fogliame autunnale graffia e la sensazione di sporco non mi permette di concentrarmi a dovere. Chiudo gli occhi, provando ad ascoltare i suoi alla ricerca di un qualche segnale che sia magico o spirituale. Non sono certa di quello che dovrei cercare e l'agitazione non aiuta.

Provo a non pensare a niente, liberare la mente e renderla una tavola bianca e qualcosa riesco a sentire: un grugnito... anzi no, un ringhio vero e proprio. Apro gli occhi e, a qualche metro da me, un lupo è fermo in una posizione che non lascia presagire nulla di buono. Denti ben visibili e orecchie abbassate: è in procinto di attaccare.

Oh, no, sono nella merda!

L'istinto sarebbe quello di scappare, ma non farei nemmeno due metri senza farlo scattare e ritrovarmi con quella bestia addosso che banchetta con me ancora viva.

Pensa, Alanora, pensa...

Ancora un altro ringhio che mi fa sussultare, ma mi costringo a rimanere immobile. Sono una preda facile per lui e non ho via di scampo.

«Oh, ma che scena divertente.»

Muovo gli occhi e, appollaiato su un albero come un uccello del malaugurio, il biondo malefico sghignazza delle mie sventure.

«Fai qualcosa, invece di stare lì a... a far cosa poi?» Sono agitata e sono certa che il lupo non aspetterà oltre.

«A godermi la scena, Alanora, perché dalla mia prospettiva è uno spettacolo esilarante. E poi, cosa dovrei fare? Sono sazio e non ho intenzione di uccidere il lupo. Lui ha ragione, sei tu che sei nel suo territorio.»

Non ti lascerò cadere (Prima Stesura)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora