Capitolo XIV

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Chiusi la porta lentamente, quasi trattenendo il fiato per non far sentire il mio ritorno. Era quasi mezzanotte, quindi non c'era ritardo da parte mia, ma non volevo che mi vedessero il viso. Se fossi stato fortunato non ci avrebbero mai fatto caso, ma quando il buio si dissipò e la luce del lampadario mi mostrò i miei genitori, tutte le speranze svanirono, facendo largo ad un'agitazione mai provata.

Ci trovavamo ancora nell'entrata della casa e, guardando in basso, mantenni la calma e parlai normalmente: "Scusate se vi ho svegliati" camminai verso la mia stanza, sperando che non avevano notato nulla, eppure il loro silenzio mi mandava in panico "Vado a dormire".

"Mathis!" mi chiamò mio padre, arrestando il mio movimento "Voltati verso di noi".

A quelle parole strinsi i pugni e strizzai le labbra tra loro prima di dire: "Sono davvero stanco...".

Non mi lasciò proseguire che assunse un tono di comando, pronunciando di nuovo il mio nome, così, affrontando la situazione, mi girai, ma senza alzare la testa. Vidi Adele arrivare ai miei piedi, guardandomi, scodinzolando con la lingua di fuori.

Georges venne verso di me e mi prese il mento, quasi bruscamente. I miei occhi incontrarono i suoi, delusi e confusi.

"Cos'è successo?" mi chiese, mentre mia madre osservava, dietro di lui, preoccupata.

"Dei ragazzi..." iniziai a parlare, mentre nella mia mente si costruivano varie versioni dei fatti "... mi hanno picchiato. Erano ubriachi".

Lo sguardo di mio padre si fece severo e crucciò la fronte: "Dov'era Paul? Perché eri da solo?".

Aveva delle spesse sopracciglia, dei corti e lisci capelli neri che trattava con la cera, gli occhi piccoli e scuri, delle labbra fini e della barba nera poco cresciuta. Era più alto del metro e settanta e il suo corpo era abbastanza spesso con grandi mani, spalle larghe e anche quello strato di pancia che si assumeva con l'avanzare dell'età. Da giovane faceva boxe e mi raccontava che era molto bravo anche negli incontri; forse per quel motivo era così ben messo alla sua età. Io pensavo che non gli assomigliassi per nulla, infatti non avevamo nulla in comune né nel fisico, né nel carattere per il quale potevamo definirci opposti. Mi incitava sempre a fare dello sport, ma poi si arrese al fatto che almeno ero bravo a studiare, eppure capitava ancora che si lamentasse perché non ero abbastanza forte e muscoloso. In fondo lui voleva che fossi un uomo, quando, a diciotto anni, parevo ancora un ragazzino e avrebbe voluto fare delle partite di calcio con suo figlio, quando invece avevo altri interessi.

"Paul era con me, mi ha difeso" dissi con voce non troppo convinta, forse, perché lui mi mollò il mento e continuò: "Stai mentendo. Quei tuoi amici dov'erano? Voi dov'eravate?".

"N-Non sapevo dov'erano, noi stavamo solo passeggiando".

Mia madre intervenne, toccando la spalla di mio padre come per calmarlo. Mi guardò triste e parlò con voce molto più bassa di quella di mio padre: "Abbiamo parlato con la madre di Paul qualche ora fa. Aveva chiamato perché era preoccupata di dove foste andati e ci ha detto di aver sentito il figlio al telefono con qualcuno, qualche tempo prima, parlare del quartiere a luci rosse, Pigalle e di un certo locale chiamato Blue Eyes".

Le sue parole mi spiazzarono, ero in un vicolo cieco dal quale non potevo far altro che tornare sui miei passi, ossia dire la verità per quanto potessi farlo. Una voce in testa non mi faceva altro che dire "Non potevi stare zitto, Paul?" e un'altra che mi ricordava che tutti i nodi arrivavano al pettine.

Mia madre mi guardava meno collerica di mio padre, ma comunque severa. Aveva gli occhi verdi, come i miei, delle labbra grandi, delle guancia pienotte e dei capelli castani e ricci, corti fino alle spalle. Era più bassa di me con un corpicino magro, ma non sciupato, con delle manine piccole e affusolate, delle braccia magre e tutte le curve giuste. Io e lei abbiamo più cose in comune in aspetto e nel leggere; infatti la vedevo che, quando iniziava un libro, lo finiva in almeno due giorni. Per il carattere eravamo lontani perché se mio padre era troppo impulsivo, di mentalità antica e materialista, lei differiva da me per la sua esuberanza, disinvoltura e sfacciataggine.

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