Capitolo XXIV

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Ero in un completo stato di assenza mentale. Camille mi stava parlando, seduta sulla sdraio, accanto e me, da più di un quarto d'ora; tempo durante il quale avevo sempre annuito e sorriso senza ascoltare una parola. Qualche volta aprivo bocca dicendo frasi che in genere andavano bene per ogni discorso, come "hai ragione", "è come dici" e "anche secondo me". Paul e Charlotte erano spariti da dopo pranzo, durante il quale avevo mangiato un monotono e farinoso panino al prosciutto, accompagnato da un altrettanto noiosa acqua naturale.

"Mi stai ascoltando?".

Antoine era sdraiato vicino a noi a prendere il sole e, ogni tanto, mi guardava stranito, probabilmente voglioso di dirmi qualcosa, ma impotente nel farlo.

"Mathis! Mi stai ascoltando?" affermò la mia ragazza, come se non fosse la prima volta che me lo stava chiedendo.

"Certo" dissi un po' confuso, sbattendo le palpebre come se mi fossi appena svegliato.

"Stai bene? Sei strano... forse non sopporti il caldo" si preoccupò.

Tagliai corto con un "Sto benissimo", sfoggiando un grande sorriso, mentre pensai che c'era davvero un caldo afoso e insopportabile. La fronte mi sudava e lo stare all'ombra dell'ombrellone non mi bastava, quindi guardai la piscina, intento ad andarci. A bordo vasca c'erano Sebastien e Rosalie con i piedi a bagno. Non seppi il motivo, ma, togliendo lo sguardo dal biondo per trovare quello di Antoine che mi accusava di non accorgermi di "essere innamorato di lui", mi fece imbarazzare. Mi arrabbiai per la mia reazione e per tutto il tempo che avevo perso con la testa tra le nuvole a pensare alla situazione tra me e il biondo e quella che Antoine credeva ci fosse. Da quando avevo rifiutato di fare la foto a lui e la mia ex compagna di classe non ero riuscito più a guardarlo negli occhi. Sentivo il bisogno di dover sotterrare la testa sotto terra come gli struzzi e rimanere in quella posizione finché se ne fossero tutti andati e, seppur non capivo questi miei impulsi di voler scappare, di voler nascondermi o scomparire da cosa fossero portati, mi astenevo dal concludere che la versione di Antoine fosse veritiera. Io non potevo essere innamorato di Sebastien, ma forse tutte quelle domande che avevo da fargli o comunque la mancanza di spiegazioni per i suoi atti e le sue parole avevano come conseguenza le mie reazioni.

Dovevo assolutamente parlargli per sapere perché mi avesse mentito e a cosa era dovuto quel bacio. Pensai sarebbe stato difficile farlo, complicato trovare il momento, eppure, dopo il resto del pomeriggio passato con Camille e gli altri a fare l'ultima nuotata e molte partite a carte, quando andammo verso lo spogliatoio, Sebastien fu l'ultimo a trovare una cabina vuota. Lo seguii con gli occhi aprire l'anta, poi mi avvicinai e la bloccai non appena, entrato, la stava per chiudere. Non dissi nulla, ma ci scambiammo un lungo sguardo che, per conto mio, poteva parlare al posto della bocca per quanto fosse molto più coraggioso. Lui, ancora bagnato dalla doccia fatta poco prima per liberarsi del cloro, tolse la mano dal chiavistello in ferro.

"Ecco spiegate le tue stranezze di oggi..." disse assumendo via via un tono sarcastico "...stavi architettando di fare cose sporche con me in questa stretta cabina" fece l'occhiolino.

Spalancai la porta e presi un respiro: "Mi devi delle spiegazioni. Perché mi avevi mentito, fingendo che tra te e Camille ci fosse qualcosa?".

C'era il chiacchiericcio del bagnanti, il rumore dell'acqua infranta dagli ultimi tuffi che si potevano fare prima della chiusura e qualche risata, ma tutto quello che arrivava alle mie orecchie era la silenziosa risposta di Sebastien. Entrai, lasciando semichiusa la porta: "Pensavi che fosse divertente farmi impazzire?".

Lui iniziò ad asciugarsi con il telo mare: "La colpa è tua. Ti avevo spiegato tutto, ma eri troppo ubriaco per capirmi" alzò le spalle "Così pensai che dandoti ragione saresti andato subito a casa e ti sarebbe passata prima la sbornia".

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