Capitolo XV

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Erano le sette del mattino ed ero già sveglio da più di un'ora, dopo non esser riuscito a dormire bene la notte. Ero già vestito, pettinato, con la cartella sulle spalle e avevo già portato a spasso Adele, ma non avevo ancora messo nulla tra i denti perché non sentivo fame ed era da un quarto d'ora che mi fissavo allo specchio. Avevo i capelli che erano talmente lunghi che li dovevo spostare a lato per non coprirmi gli occhi e la mia pelle era così chiara che l'ematoma sulla mia guancia era più che evidente. Di un viola scuro cominciava da sotto l'occhio e si schiariva sempre più verso il basso e in quel punto ero anche leggermente gonfio. Sulla pancia non avevo segni, ma qualche dolorino lo percepivo ancora, eppure nulla comparava il male che provavo dentro pensando ai miei genitori.

Avevo notato da poco che, la sera prima, mi aveva scritto un messaggio Camille, chiedendomi come stavo, quindi, dopo aver lasciato casa, le risposi, ma non essendo del tutto sincero. Avrei voluto sentirla prima, ma la serie di eventi me l'aveva impedito.

Sul pullman non vidi Paul, alcuni mi guardavano, interessandosi al mio livido, ma continuai a scrivere a Camille senza pensarci. Lei diceva che non vedeva l'ora di uscire con me e che aveva pensato di andare al cinema. Io le dissi che fosse una buona idea, ma non saremmo potuti uscire subito perché ero preso con lo studio, dato che ero all'ultimo anno.

Lei accettò, sottolineando ancora che era entusiasta al poter vedermi e mi raccontò che era andata dal parrucchiere per farsi un nuovo taglio.

Fui felice di sentirla, ma, arrivato a scuola mi sentii a disagio tra la folla che mi fissava e ancora peggio una volta in classe, dove si erse un bisbiglio generale quando entrai.

"Cos'hai fatto alla faccia?" domandò sconvolta Rosalie e quelli vicini stettero zitti per sentire la risposta, poi altri chiesero la stessa cosa, pensando che avessi fatto a botte.

Facendo finta di non sentire le risatine di fondo, risposi: "Non mi sentivo bene, così svenni, sbattendo la faccia sullo spigolo del tavolo..." non fui molto convinto di ciò che dissi, ma tutti risolsero i loro dubbi e la lezione cominciò senza altre domande. Quelle non si fecero attendere dai professori che, preoccupati, mi chiedevano cosa mi fosse accaduto e rispondevo allo stesso modo ogni volta. Ebbi un gran mal di testa tutta la mattina e, per fortuna, non accadde nulla di importante a lezione, così, quando uscii fui più sollevato, felice di poter mettere qualcosa sotto i denti.

"Mathis!" mi chiamò Paul, raggiungendomi fuori dal cancello della scuola "Che brutta faccia che hai!" esclamò.

"La tua è bellissima, invece" mi incamminai, mentre mi seguiva.

"Mi dispiace per mia madre, ho saputo che ha parlato con i tuoi genitori".

"Grazie a lei adesso loro credono che sia gay, ma, infondo, lo sarebbero venuti a sapere anche da soli" sospirai, alzando le spalle.

"Avrebbero saputo che sei gay? Non me l'avevi detto" disse talmente serio che per un attimo pensavo scherzasse, ma mi ricredetti.

"Non sono gay. Avrebbero saputo che andavo al Blue Eyes, facendosi l'idea che io lo sia".

"Mi spiace, Mathis. Se ti può consolare mi sono beccato tutta la vita chiuso in casa, grazie alla scorsa sera".

"Allora siamo in due" sorrisi.

Non avremmo più potuto frequentare i nostri amici, ma, per fortuna, eravamo ancora uniti, dandoci man forte a vicenda.

A casa trovai solo il mio cane a darmi il benvenuto, mangiai una panino veloce e andai in stanza, mettendomi le cuffie alle orecchie per estraniarmi. Mi chiusi dentro, in quel luogo dalle pareti celesti e il pavimento con mattonelle color latte che, poco tempo prima era un rifugio, ma in quel momento pareva una gabbia per confinarmi all'interno della casa. L'unico punto di luce proveniva dalla finestra, posizionata alla parete opposta da dov'era la porta d'ingresso. Alla sinistra c'era la mia libreria in legno color blu colma di libri, comprendenti quelli che leggevo da bambino, fino a quelli a cui sono interessato ora e, dopo di questa c'era il mio armadio a due ante in noce. Davanti ad esso una scrivania anch'essa in legno lavorato contenente i miei libri di scuola, nonché i miei quaderni per appunti con affianco il mio letto, parallelo alla parete e uno specchio da terra, regolabile subito dopo di esso.

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