Capitolo X

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Tornato a casa, chiamai Paul che non fu felice dell'invito, di più! Tanto che continuò a mandarmi messaggi per più di un'ora chiedendomi cosa si doveva mettere, se avrebbe piovuto, se ero sicuro che ci sarebbero state le bionde e cose di quel genere alle quali non sapevo rispondere perché avevo gli stessi dubbi anche io. Perciò, quando il giorno dopo, Domenica, passando una giornata uguale alle altre a studiare, leggere, guardare la televisione e uscire con Adele, mi guardai allo specchio prima di uscire iniziai io a mandare messaggi a Paul su cosa mettermi, appurato che non potevo sapere chi ci sarebbe stato alla pizzeria e viste le previsioni meteo che davano un triste "nuvoloso".

"Amico, non hai qualche vestito elegante? Ma non troppo, mica devi sembrare un damerino" fu la sua risposta.

Rovistai nel mio armadio. In effetti avrei potuto vestirmi un po' meglio, visto che le scorse serate le avevo passate con una semplice maglietta a maniche lunghe di cotone. Vidi delle maglie di cotone a maniche corte, a maniche lunghe a mezze maniche... una camicia che indossai alla festa di fine anno della terza media. D'accordo, era da un po' che non facevo compere e fui obbligato a prendere una delle magliette di cotone. La scelsi bianca con il logo della marca sul petto, poi avevo molti jeans, ma misi un pantalone beige con cintura marrone, una giacca nera e delle scarpe scure comprate appositamente dai miei genitori per farmele indossare alle cene di lavoro dov'era invitata la famiglia.

Mi arrivò un altro messaggio di Paul: "E fai qualcosa per quei capelli!".

Certo, più che spostarmeli a lato non potevo fare dato che il taglio era orribile e non avrei mai voluto trattarli con prodotti, visto che non ero abituato a farlo e poteva uscirne un disastro.

Alle sei e trenta uscii di casa e mi trovai con Paul sotto casa sua. Da lì prendemmo il pullman, dopo qualche isolato a piedi, e, aspettando dieci fermate, scendemmo dal mezzo per trovarci davanti alla pizzeria, dopo qualche passo. Non parlammo molto. Lui era sognante e io avevo tanti pensieri per la mente. Ad esempio non sapevo come mi sarei dovuto comportare, se Camille aveva organizzato quell'uscita perché era interessata a me e se gli altri ci sarebbero stati.

L'ultimo mio dubbio svanì una volta arrivati, quando vidi davanti alla pizzeria Antoine, Sebastien, Camille e le due bionde.

"Eccoli, Paul e Mathis!" esclamò Antoine, mentre ci avvicinavamo "Abbiamo già preso un tavolo per otto. Dorian arriverà tra poco".

Annuii, stringendogli la mano per salutarlo, poi le bionde mi sorrisero e Camille arrivò ad abbracciarmi: "Come stai, cuccioletto?" chiese e io mi imbarazzai: "Tutto bene... e te?".

"Va bene, bando alla ciance, ho fame" disse Paul, inserendosi tra le bionde, mettendo le braccia dietro la loro vita "Noi entriamo" sorrise, cominciando a chiacchierare con loro.

Entrammo tutti, ma aspettammo ad ordinare finché Dorian entrò nella pizzeria: "Scusatemi per il ritardo", quindi il cameriere prese gli ordini e ci fece aspettare dieci minuti prima di farci vedere la prima pizza, che fu quella al salamino piccante di Sebastien. Non sapevo se l'avesse fatto apposta per stuzzicarmi, ma si era messo affianco a me, alla mia sinistra, mentre avevo Camille alla destra. Lei mi stava talmente appiccicata che mi faceva rabbrividire, in senso positivo ovviamente. Si appoggiava con la testa sulla mia spalla, mi toccava il petto, poi mi appoggiava la mano sulla coscia e mi parlava all'orecchio, ma non mi diceva segreti. Mi chiedeva cose come cosa avessi fatto in quei giorni, come stavo, dove abitavo, poi mi faceva complimenti su com'ero vestito e aggiungeva sempre aggettivi come: cucciolo, piccolo, tenero e altri di quel genere.

Lasciai da parte la domanda: "Ma sul serio mi sta facendo il filo?" e mi concentrai sulle risposte e sul conoscerla meglio, senza degradare la mia persona pensando che non fossi all'altezza di una ragazza così bella.

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