Capitolo XXVIII

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Sebastien era impassibile e fermo, non si era allontanato nemmeno un millimetro da me e, quando l'uomo ci fu davanti, sentimmo la sua prima affermazione che fu: "Sei un bugiardo... un codardo e, a quanto pare, un frocio".

Deglutii e risposi: "Sono solo una di queste tre cose. Non ti ho mai mentito... ho detto solo ciò che volevi sentire" feci una pausa "La verità è che tu non mi accetti per quello che sono".

"Sei un ragazzo semi nudo che si diverte a flirtare con altri uomini... come pretendi che io lo accetti?" domandò esasperato. Aveva del sudore in fronte e delle lievi occhiaie che facevano sembrare gli occhi ancora più piccoli e accesi. Si sistemò indietro i capelli, forse maltrattati in precedenza per il suo panico o per la sua rabbia e io incalzai: "Non sono solo questo e lo sapresti se mi conoscessi meglio".

"Ti conosco... non eri così. Qualcuno ti ha costretto a cambiare..." voltò lo sguardo su Antoine, poco più in là e camminò verso di lui. Mi preoccupai e iniziai ad inseguirlo: "Cosa vuoi fare? In ogni caso non sei padrone della mia vita".

Il mio amico non poté fare altro che aspettare l'arrivo dell'uomo e guardarmi interrogativo alla sua domanda: "Ti chiami Sebastien Moreau se non ricordo male... sei tu non mi sbaglio".

"Non mettere in mezzo altre persone" affermai, ma lui, inaspettatamente, tirò fuori il portafogli: "Allora, quanto vuoi? Cento..." sfogliò le banconote "Cinquecento... mille vanno bene?" glieli porse, mostrandogli uno spesso pacco di soldi in carta.

Antoine non rispose, spostava ansiosamente lo sguardo da lui e me, quindi intervenni: "Cosa pensi di fare? Non essere ridicolo...".

"Qual'è la tua risposta?" gli chiese e la voce tranquilla, ma infastidita di Sebastien rispose al posto suo: "Può anche tenerseli i soldi, non comprerà mai la mia ritirata".

George puntò il suo sguardo attonito sul biondo che, intanto, si era messo tra me ed Antoine a braccia incrociate.

"Tu chi saresti?" domandò, parecchio scocciato, rimettendo i soldi da dov'erano arrivati, senza togliergli gli occhi da dosso.

Stavo per intervenire, ma Sebastien, sotto lo stupore dei presenti, me compreso, disse la cose più bella e pazza che poteva pronunciare in quel momento. La sua voce, seppur uscì scandendo le parole lentamente, mi parve di non sentirla o di percepire la frase troppo velocemente per capirla. Aprii leggermente la bocca e non ebbi comando del mio corpo per lo stupore, dopo aver realizzato che avesse davvero affermato: "Il mio nome è Sebastien Moreau e sono il compagno di suo figlio".

Gli occhi di mio padre si spalancarono, le labbra si curvarono poco in segno di amarezza; poi la fronte si corrugò e i suoi piedi lo portarono a scattare in avanti. Mi apprestai a piazzarmi tra lui e Sebastien, bloccando un suo palese attacco d'ira: "Papà non puoi reagire così" gli misi le mani sul petto per trattenerlo "Cerca di capire... io sono innamorato di lui".

Mi prese dalle braccia e mi spinse a lato, senza badare alle mie parole. Andò di fronte al biondo e gli urlò in faccia: "Compagno?! Uno come te che si finge un altro?" si riferì ad Antoine.

Non sopportai altro e gli gridai contro con la sua stessa tonalità di voce: "Adesso basta, vai a casa. Non intrometterti nella mia vita!".

Lui rimase zitto e si allontanò, facendo qualche passo indietro. Mi guardava ferito, deluso e ancora arrabbiato e io non sapevo cosa fare, né se fosse il caso di dire altro. Non avrei mai voluto che finisse in quel modo, eppure non ebbi mai una così vasta scelta sulle mie azioni.

Non mi rivolse più lo sguardo, ma disse, drasticamente e non più ad alta voce: "Rimani pure con questi finocchi, ma non fare ritorno a casa" si voltò e camminò verso l'uscita, finché non lo vidi più.

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