Epilogo

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Il suono costante e insistente della sveglia mi torturava le orecchie. Avrei voluto mettere la testa sotto il cuscino per attenuare il rumore che pareva sfondare le mie orecchie, ma pensai sarebbe stato più opportuno e conveniente spegnere il dispositivo. Allungai la mano con gli occhi chiusi e lasciai cadere le dita sul pulsante che, dopo averlo premuto, zittì la sveglia, dandomi un po' di pace. Mi lasciai andare di nuovo sul materasso, mentre i miei occhi si aprirono un attimo in due piccole fessure, adocchiando i miei abiti sparpagliati a terra e una tranquilla Adele che mi osservava drizzando le orecchie. Mi voltai dall'altra parte con la voglia di tornare al mio precedente e rilassato sonno, ma sentii un respiro sulla mia faccia e aprii gli occhi definitivamente. Il viso addormentato di Sebastien mi comparve davanti, talmente vicino da sembrarmi sfocato, poi percepii la sua voce ancora assonnata: "Sentirmi osservato non mi aiuta a riprendere sonno".

"Non devi infatti... oggi abbiamo un impegno, ricordi?" dissi sottovoce, ancora assopito in parte.

Lui aprii gli occhi e fece una smorfia, girandosi dall'altra parte: "Quale impegno? Non abbiamo nessun impegno..." scherzò dando l'impressione di essere serio.

"Non fingere di non saperlo" chiusi gli occhi facendo uscire dalla mia voce con un soffio quello che sarebbe dovuto essere un comando "Coraggio, in piedi...".

Ero così voglioso di dormire per tutta la stanchezza accumulata in quel tempo che comprese circa tre anni di studio, ripasso, qualche sporadica serata al Blue Eyes, la compagnia di Sebastien ed esami, esami, esami e ancora esami. La buona notizia era che, dal giorno precedente, potevo considerarmi libero, rilassato, fuori pericolo e trionfante perché mi ero laureato con cento punti tondi tondi. L'Università mi aveva comportato molta fatica, paura e depressione, ma ne era valsa la pena e in quel momento avrei potuto costruirmi per bene una vita trovando un lavoro. Avrei chiuso un ennesima parte della mia esistenza, aprendone un'altra ancora più misteriosa e, probabilmente, difficile di quella prima, ma era proprio quello che rendeva interessante il tutto.

Era da quasi un anno che vivevo a casa di Sebastien, dopo l'approvazione dei miei genitori o, piuttosto, di mia madre perché, oltre il fatto che avrei potuto vederlo ogni giorno, casa sua era anche più vicina all'Università che frequentavo. Non avevo mai passato così tanto tempo con una persona che non fosse uno dei miei genitori o la mia badante di quando ero bambino, ma la cosa non mi portò alcun tipo di fastidio, anzi, ero molto contento di esser potuto rimanere così tanti mesi con il mio ragazzo. Avevamo approfondito la nostra conoscenza mostrando le nostre abitudini, i comportamenti a seconda delle diverse situazioni, le cose che avevamo in comune e quelle per le quali eravamo opposti, quello che ci faceva arrabbiare, quello di cui ci piaceva parlare... insomma il come eravamo fatti veramente. Non c'erano mai stati veri e propri litigi, ma solo incomprensioni momentanee per le quali avevamo sempre posto rimedio trovando accordi comuni. Lui mi aveva incoraggiato per tutti i periodi degli esami e aveva sopportato i miei cambi d'umore. Apprezzavo il suo modo di fare; spavaldo a vedersi, ma infondo estremamente dolce e non c'era stato giorno che non mi fossi detto quanto avessi bisogno di lui. Era sicuro che, ormai, provavo qualcosa di più di un semplice innamoramento, soprattutto dopo esserci legati anche attraverso l'atto corporeo, il quale, avevo gradito mille volte di più di quello che ebbi con Camille, supponevo per il cambiamento dell'intensità dei sentimenti tra un atto e dell'altro. A proposito di Camille...

Mi misi a mio malgrado seduto, guardando la schiena nuda del biondo, voltato dall'altra parte: "Cosa dirò a Camille quando non ti vedrà arrivare perché starai ancora poltrendo?".

"Che sono stato trattenuto per un imprevisto?" sussurrò.

"E quell'imprevisto si chiama cuscino" dissi, alzandomi dal letto, accompagnato da un "buf" di Adele, la quale, evidentemente aveva fame e voleva, come al solito, fare la passeggiata mattutina. Decisi di portarla con me il giorno del mio trasferimento per il fatto che i miei genitori, stando molte ore a lavoro, non avrebbero potuto dedicarle molto tempo o almeno il tempo sufficiente al suo sostentamento.

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