Capitolo XXII

2.5K 157 30
                                    

Mi veniva da sorridere, guardando Paul che gesticolava, agitato, affianco a me, mentre stavamo tornando a casa. Eravamo andati a sapere gli esiti degli esami, una settimana dopo l'incontro a casa di Antoine ed entrambi avevamo preso il diploma. Lui era arrivato ad un punteggio pari a settanta e io con un novantacinque che mi rese orgoglioso di me stesso, facendo valere a qualcosa quei cinque anni di superiori.

"Non guardarmi così!" mi riprese con un espressione impacciata.

"Tanto vi ho visti, non c'è bisogno di intimidirsi" alzai le spalle, divertito. Quella sera, dopo aver parlato col mio amico, ritornai in stanza da Paul e Charlotte e li sorpresi, contro ogni mia aspettativa, coinvolti in un bacio appassionante. Non appena se ne accorsero, la ragazza sbiancò, ghiacciandosi e Paul si mise a fare una risata isterica e incontrollata. Cercarono poi di inventare scuse assurde entrambi sul fatto che non avessero voluto farlo, ma io non li ascoltai perché trovavo quel momento molto illogico, quanto divertente. Charlotte, che pareva odiare il mio amico, con quel suo atteggiamento freddo nei suoi confronti, la vidi meno colerica e con uno sguardo diverso, mentre Paul sempre spontaneo e incurante di ciò che accade, era quasi arrossito.

"Smettila, Mathis!" esclamò il mio amico, fingendosi arrabbiato "Adesso devo andare".

Scese dal pullman la fermata prima della mia e si voltò verso di me, sorridendomi. Ricambiai felice, sapendo che lui capisse quanto fossi contento per lui, ma si ostinava a far credere che nulla di ciò che avevo visto fosse vero. Magari qualcun altro avrebbe pensato che avesse ragione a dire così, ma io lo conoscevo bene e non l'avevo mai visto con un espressione sognante, emozionata e... innamorata come quella. Probabilmente, all'inizio, si tendeva a nascondere i propri sentimenti a se stessi e per questo si fingeva, facendo pensare agli altri di essere distaccati alla faccenda. Quando poi ci si arrendeva a ciò che fosse la verità, essa si aderiva a te come un nuovo strato di pelle, così che si imparasse a convivere con lei e condividerla.

Scesi dal mezzo e, non appena arrivai sotto casa mia, i miei movimenti si azzerarono.

"Pochi giorni fa ti ho visto al parco e ti ho seguito fino a casa..." disse una triste, ma, alle mie orecchie, dolce voce "Mathis, devo parlarti faccia a faccia".

Guardando i suoi occhi limpidi e chiari, i capelli neri e mossi, un po' più lunghi dall'ultima volta, le sue labbra soffici e la sua pelle vellutata, capii che non sarei stato capace di salire al mio appartamento, lasciandola perdere. Avevo voglia di parlare con Camille, giocare e ridere ancora con lei, quindi non rifiutai e iniziammo a passeggiare.

"Come stai?" le chiesi, ma lei mi fece la stessa domanda contemporaneamente e ci sentimmo entrambi a disagio, così lasciai rispondere prima lei: "Tutto come al solito, solo che non ci sei tu".

"Cosa volevi dirmi?" assunsi un'aria fredda, anche se quella parole le apprezzai.

"Ti racconterò tutto con sincerità, quindi ti prego di credermi".

Io annuii e lei prese un respiro, iniziando a dire: "Quando ci incontrammo la seconda volta, quando c'erano anche i tuoi amici, alla pizzeria, io approfittai di te. Ero interessata al tuo amico, Sebastien e pensai di farlo ingelosire, usandoti".

I suoi occhi diventarono lucidi e si fece aria con la mano, cercando di non rattristarsi: "Ripensandoci, mi odio per questo".

Rimasi deluso, ma non lo detti a vedere perché, a prescindere da quello che mi avesse fatto, non mi piaceva vederla in quello stato: "Non essere triste...".

"Il fingere di stare con te, però, mi ha fatto davvero innamorare di come sei e non avrei voluto nessun altro al tuo posto" mi guardò e delle lacrime uscirono dai suoi occhi.

Ci fermammo sul bordo della strada e le diedi un fazzoletto, così lei mi ringraziò, cercando di sorridere. Pianse, coprendosi la faccia e, per fortuna si calmò un poco quando la abbracciai. Non avrei saputo cos'altro fare e lei pareva essere felice del mio gesto perché mi strinse a se, continuando il discorso: "Un giorno mi dissi il suo nome: Sebastien Moreau" fece una pausa e parlò a voce più bassa, a disagio a causa dei passanti "Io mi chiamo Camille Moreau e scoprii solo al parco che Sebastien è mio fratello".

A quella rivelazione spalancai gli occhi e, prendendola dalle spalle la allontanai da me per guardarla in viso: "Dici davvero?" chiesi, incredulo.

"Quando eravamo entrambi piccoli, i nostri genitori si separarono e io fui portata all'estero da nostra madre per raggiungere il suo nuovo compagno, mentre Sebastien rimase qui con nostro padre. Quando fui maggiorenne tornai in Francia per cercare mio fratello, senza l'approvazione da parte di mia madre che non voleva che vedessi mio padre, ma nella nostra vecchia casa non c'era nessuno. Ero spaesata, non avevo più persone su cui contare e dovevo cercare un lavoro, così rimandai la ricerca, finché arrivai a credere che non lo avessi mai più rivisto".

La ascoltavo con attenzione, mentre, camminando, ci spostammo in un luogo più ombrato.

"Quando pronunciasti il suo nome non ero ancora certa fosse lui, quindi, dato che te mi dissi che lo incontravi al parco vicino casa tua, andai a cercarlo e, parlando con lui, capii fosse davvero mio fratello. Mi raccontò che, da quando io e mia madre ce ne andammo mio padre si ammalò e, dopo qualche anno, morì. Lui, rimasto solo, cercò una nuova casa in affitto, non avendo alcuna intenzione di andare all'estero. Era arrabbiato con mia madre per aver lasciato il marito morire da solo e non l'avrebbe più voluta vedere" fece un sorriso, le lacrime erano finite e pareva meno agitata "Era felice di avermi ritrovato e ammisi che fossi stata una stupida ad aver provato attrazione per lui".

Smise di parlare, mi fissava e io, dopo aver pensato di essere felice che, dopo tanti anni, quei due fratelli si fossero ritrovati, ricordai cosa mi disse Sebastien il giorno che mi ubriacai. Lui sapeva che fosse tutto un malinteso, quindi perché mentì? Era conscio che sua sorella era la mia ragazza, allora perché mi baciò? Erano domande che non potevo risolvere. Non riuscivo a porle a Camille proprio in quel momento della sua vita che era così contenta di aver ritrovato il fratello. Le avrei spezzato il cuore se avesse saputo che, proprio lui, aveva baciato il suo ragazzo, tradendola, in un certo senso: "Grazie per essere stata sincera, raccontandomi tutto. Sono felice che vi siete ricongiunti e mi dispiace per aver frainteso".

"Spero che possa tornare tutto come prima..." affermò, pentita e si avvicinò col viso. Non ero arrabbiato con lei, anzi, non avevo capito nulla della situazione e l'ho giudicata male. Il fatto che accettassi di passare avanti e ricominciare con lei glielo stavo per far capire attraverso un bacio. Le sue labbra che tanto mi mancavano si avvicinarono alle mie lentamente e io chiusi gli occhi, prima che si unissero alle mie, ma, nel buio creato dalle mie palpebre, schiarito dal sole, vidi degli occhi blu. La figura di Sebastien era davanti a me; percepivo quasi il gusto di alcool sulle sua labbra, la sua barba sfiorava la mia pelle e poi sentii le sue parole: "Adesso odiami e vai a casa, tanto non ho mai voluto essere tuo amico".

Le sue labbra si separarono dalle mie e riaprii gli occhi, vedendo Camille che allontanava il viso dal mio, con uno sguardo allegro. Le sorrisi, ma lo feci senza volerlo, quasi amaramente, perché c'era qualcosa di terribilmente sbagliato in tutto quello, qualcosa di sconosciuto che non potevo controllare se non conscio di cosa fosse.

Lei saltò dalla felicità, esclamando che fosse più sollevata per il fatto che si fosse tutto risolto ed estrasse dalla tasca due biglietti: "Per festeggiare il tuo diploma e il nostro amore rinato, verresti con me in piscina?".

"Certo!" sorrisi, quella volta sinceramente, imponendomi di non ripensare a tutto quello che era successo. Avrei ricominciato da capo, cancellando dalla mia mente che c'era stata una relazione tra il biondo e la mia ragazza la quale, infatti, era esistita solamente nei miei pensieri.

"Bene, inviterò anche i tuoi amici e Sebastien, così potrò cogliere il momento per annunciare che io e lui, in realtà, siamo fratelli" disse emozionata, battendo le mani "Se non hai nulla in contrario, ovviamente".

Non potevo rifiutare la sua proposta, euforica com'era. Si sarebbe rattristata e poi, Sebastien era suo fratello e non avevo modo di esserne geloso: "C-Certo che va bene, perché dovrei esserne contrario?" dissi velocemente e lei mi strinse tra le sue braccia: "Mathis! Sono così felice!".

Già, perché dovrei esserne contrario? Non sapevo la risposta a quella domanda, ma che ne fossi contrario era sicuro e sentivo una scomoda e brutta sensazione che mi faceva venir voglia di chiudermi in casa e non uscirne.

Blue EyesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora