Capitolo XVII

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Non avevo paura di rispondere, anzi, ero già in lite con lui e peggio non poteva andare, ma Antoine era stato buttato in mezzo a quel discorso. Non volevo che vivesse una brutta situazione dopo tutto quello che aveva passato, quindi provai a calmarlo: "Non è lui... il mio fidanzato". Quanto era strano avere una ragazza ed essere etichettato come "gay".

"Ti sei divertito con Mathis, eh?" gli chiese, arrabbiato, schifato e con gli occhi di fuoco. Aveva le occhiaie e corrugava la fronte, facendo sembrare che fosse davvero su tutte le furie.

Non lasciai parlare Antoine: "Non è lui, papà!" alzai la voce, poi continuai, per trovare una scappatoia "Adesso deve andare a casa". Lo presi per il braccio per portarlo fuori, ma Georges insisteva ed era davanti a noi per non farci passare: "Ha avuto anche il coraggio di entrare in casa mia? Quante altre volte l'ha fatto?". La sua voce si stava facendo spessa, piena di disappunto e avevo davvero timore che facesse qualcosa di male al mio amico.

"Mi ha portato dei libri. E' un mio compagno di scuola ed è la prima volta che viene qui" parlai sicuro e deciso, sottolineando ancora la situazione.

"Mi devi dare nome e cognome di questo ragazzaccio, quale tuo stupratore".

Incontrai lo sguardo confuso di Antoine che non parlava, facendo dirigere a me il discorso.

Non seppi cosa mi spinsi a dirlo, ma non volevo metterlo in mezzo, così, pronunciai il primo nome che mi passò per la mente in quell'istante: "Si chiama Sebastien".

"Sebastien... ?" chiese mio padre, aspettandosi il cognome e, vedendomi in difficoltà, Antoine prese parola, dandomi manforte: "Sebastien Moreau". Non capiva cosa stesse succedendo tra me e mio padre, ma si rese conto che avevo bisogno di sostegno, qualunque cosa si trattasse. Fui felice di averlo dalla mia parte, ma quella situazione creatasi non mi dava la sicurezza di poter rimediare a quel casino. Sapevo solo che mio padre vedeva nella figura di Antoine, con un nome non suo, un ragazzo odioso che approfittava del figlio, se ancora mi considerava tale a dispetto di quello che aveva detto.

"Sebastien Moreau, mi ricorderò questo nome" andò verso lo studio e, prima di chiudersi al suo interno parlò con tono di comando "Vedi di stare lontano da mio figlio ed esci subito da casa mia". Sbatté la porta e Antoine mi guardò con occhi spalancati, così lo spinsi fino alla porta e gli sussurrai che gli avrei spiegato ogni cosa al cellulare, quella sera stessa.

Infatti fu così; facendo fare ad Adele la passeggiata della sera lo chiamai e iniziai a parlargli, con l'intento di spiegargli ogni cosa, ma lui mi interruppe gentilmente: "Perché non usciamo a ne parliamo faccia a faccia?".

"Domani pomeriggio?" chiesi, pensando avesse ragione e che ero tranquillo ad uscire di pomeriggio perché i miei genitori lavoravano fino a tardi. Non avrei avuto alcun problema se si fosse trattato di un'altra persona, ma Antoine non si meritava accuse per cose non commesse e volevo proteggerlo dalla rabbia di mio padre.

Ci mettemmo d'accordo sull'ora e il luogo in cui trovarci, arrivando a conclusione che sarebbe stata una buona idea se anche Sebastien avesse saputo tutto, quindi saremmo andati al bar dove lavorava per le quattro del pomeriggio.

"Mathis?" mi parlò prima di chiudere la chiamata.

"Dimmi...".

"Qualunque cosa sia successa, sono con te".

Era sincero con la voce calma, sicura e certamente con un sorriso in volto. Sentii della felicità che stava nascendo dentro di me e non potei fare a meno di sorridere anche io: "Grazie Antoine". Era davvero mio amico e, chiudendo la chiamata, mi sentii più sicuro di me, sapendo che qualcuno mi supportava.

La mattina seguente vidi Paul sul pullman e mi raggiunse subito, un po' triste: "Fratello, non so più che fare".

"Qualcosa non va?" mi preoccupai.

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