Capitolo VI

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"Di che tipo di festa si tratta?" chiese Paul che, alla vista della ragazza, si era subito interessato.

Antoine gli rispose, senza dar retta alla conoscente: "Se te lo stessi chiedendo, ci sono molte ragazze" si avvicinò all'auto e aprì la portiera posteriore "Siete sicuri di non voler venire?".

"Io non ho mai detto di non voler venire!" esclamò Paul e mi diede un'occhiata.

Sapevo che sarebbe finita così non appena vidi il mio amico puntare quella ragazza. Guardai l'orologio, erano le dieci di sera, non era tardi, ma dissi: "Arriveremo tardi a casa..." pensando ai miei genitori che, di nuovo, non sapevano dove mi trovavo. Non sarebbero una seconda volta così comprensivi se ritornassi dopo la mezzanotte. Inoltre non conoscevamo quei ragazzi, non sapevamo se potevamo fidarci o se ci avrebbero portato in un posto losco.

Il biondo entrò in macchina al posto vicino al guidatore e chiuse la portiera, aveva il finestrino abbassato: "Tic-tac tic-tac" mi guardò fisso, facendo il suono dell'orologio per dirmi di decidere in fretta. Antoine era entrato nella vettura al posto dietro e la ragazza, al posto di giuda, aveva messo in moto: "Ai vostri amici serve un invito scritto?" fece la sarcastica.

Paul mi guardò, pregandomi con lo sguardo, così feci un sospiro e, camminando verso l'auto, gli feci capire di aver accettato. Entrammo ai posti dietro; Paul era in mezzo a me e Antoine. Chiusi la portiera e la ragazza partì velocemente, quasi non me l'aspettai quella rapidità. C'era odore di sigarette misto a menta, un peluche e una sciarpa appoggiati sul cofano e delle carte sul cruscotto. Non sapevo se fosse la scelta giusta l'aver accettato, ma Paul era felice e avremmo trovato un modo per essere a casa entro l'orario.

Da quando partimmo iniziò un silenzio imbarazzante che smorzò la ragazza: "Ehi tu. Cos'hai da guardare?" si riferiva a Paul. Aveva visto attraverso lo specchietto retrovisore che non la lasciava un attimo in pace con lo sguardo: "Mi chiamo Paul... sei bellissima" disse assuefatto.

Antoine rise e vidi sorridere l'altro dal riflesso sul finestrino che aveva tirato su.

"Dove li avete trovati questi due?" chiese, intendendo che non le piacesse la nostra presenza.

Eravamo in macchina da cinque o dieci minuti, quando Antoine parlò: "Parcheggia qui, non ci sarà posto più avanti".

Scendemmo dalla vettura e proseguimmo a piedi per poco. Guardandomi intorno capii che non fosse lo stesso quartiere di prima e, per un certo verso, fu un sollievo.

Entrammo in un locale che all'esterno pareva una pizzeria, ma all'interno, sentendo la musica e vedendo in lontananza del movimento si rivelò essere un disco-pub come Blue Eyes con la differenza che di ragazze che entravano e uscivano ce n'erano molte. Un uomo ci venne incontro e Antoine gli disse: "Abbiamo prenotato un tavolo per l'apericena sotto il nome di Antoine Bonnet". Aspettai vicino a Paul che l'uomo approvasse e ci indicasse i tavoli. Da quanto gli sentivo dire eravamo in anticipo di poco, ma fuori i due ragazzi avevano già trovato gli invitati che stavano attendendo fumando o parlando tra di loro. Arrivai al tavolo, seguendo il gruppo che conversava e Paul che cercava di attaccare bottone con quella ragazza che sentii gli altri chiamare Charlotte. Mi tolsi il giubbotto e mi sedetti vicino ad uno degli invitati, in quello che era un lungo tavolo che, a vederlo, poteva far accomodare dodici persone, ma un posto rimase libero. In quel momento, il ragazzo accanto a me mi notò: "Ciao, sei un amico di Antoine?" mi chiese. Aveva la pelle chiara e un aspetto curato. Il corpo abbastanza magro, i capelli neri, corti e tirati indietro con la cera, gli occhi scuri e la barba che gli contornava il viso. Era un ragazzo più grande di me di circa due o tre anni, anzi, tutti avevano la stessa età a guardarli ed erano tutti affiatati.

"Veramente l'ho conosciuto questa sera stessa" poi mi presentai dandogli la mano e lui fece lo stesso: "Piacere, Dorian. Io conosco Antoine da troppi anni ormai".

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