Capitolo XIII

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Aiuto. Una semplice, ma forte parola con la quale si ammetteva di non potercela fare da soli e si ci metteva nelle mani del prossimo non potendo fare altro che sperare. Nel mio caso non avrebbe voluto dire nulla, solo una parola come le altre detta a vuoto, perché nessuno mi avrebbe sentito in un posto così poco frequentato. Inoltre mi avrebbe fatto illudere per un momento che qualcuno sarebbe accorso e quella speranza mi avrebbe fatto ancora più male. Come se questa convinzione non bastasse, la mia voce pareva perduta, spenta. Non usciva dalla bocca facendomi credere che non fossi più capace ad usarla. Forse era stata risucchiata da quello sguardo agghiacciante di quell'uomo che avevo di fronte che non era intento ad andarsene, ma a proseguire ciò che aveva iniziato. Mi imposi di reagire, di alzarmi e lottare, seppur sarebbe stato inutile, ma, proprio in quel momento, Sebastien spuntò nel mio spazio visivo, colpendo sul naso chi avevo di fronte. Paul e Dorian erano con lui e si fecero forza contro gli altri due che, appena dopo qualche avvertimento, se ne andarono, seguiti dal terzo che aveva il naso sanguinante, forse rotto.

"Mathis, stai bene?" mi chiese Paul, preoccupato, aiutandomi a mettermi seduto. Non l'avevo mai visto così agitato, quindi lo rassicurai: "Sto bene, piuttosto... " mi voltai verso Antoine. Sebastien lo mise in piedi a forza, mentre Dorian lo incitava a fare piano, e gli urlò, reggendolo per le spalle: "Devi smetterla Antoine".

"Sebastien!" cercò di intervenire Dorian, ma fu respinto e allontanato dal braccio del biondo, che guardava le gambe tremanti e la faccia con segni di violenze di Antoine con rabbia e dolore. Lo sentiva fare dei lamenti per il male che sentiva sul corpo, ma non lo mollò e iniziò a strattonarlo, facendolo oscillare avanti e indietro: "Non capisci che ti farai ammazzare? Lui non tornerà, Antoine" lo guardò negli occhi, poi continuò con un tono più triste, allentando la presa su di lui "Non tornerà nemmeno se fai così".

Antoine era distrutto fisicamente e, immaginavo, anche mentalmente perché, anche se non sapevo cosa volesse dire di preciso Sebastien, lui si mise a piangere. Un pianto straziato e pieno di dolore che mi fece rendere conto che, al confronto del suo, il mio male era di gran lunga inferiore.

Dorian intervenne, allontanandolo dall'altro e lo aiutò a camminare fino in strada, dove, poco più in là, c'era la sua macchina. Andarono all'ospedale lasciandoci lì senza fiatare una parola, facendoci sentire solo il rombo del motore. Tornammo al Blue Eyes; mi girava un po' ancora la testa e avevo male alle parti colpite, ma, il pensiero che sarebbe potuta finire peggio mi consolava.

"Mathis, va tutto bene?" mi chiese ancora Paul.

"Stai calmo, non hai mai preso qualche pugno? Non morirà di certo" gli disse Sebastien, calmo "Jean, mi daresti una stoffa e due cubetti di ghiaccio?" chiese al barista.

Paul sospirò un po' infastidito, mentre mi teneva per un braccio, e l'uomo, gentilmente, passò al biondo quanto da lui richiesto. Andammo a sederci su uno dei divanetti del piano terra; io non sopportavo molto la musica e quel caldo, ma non potevamo andare da qualche altra parte.

Mi appoggiai allo schienale, in mezzo ai due ragazzi e Sebastien mi piazzò sulla guancia il ghiaccio avvolto dalla stoffa. Socchiusi gli occhi perché il contatto freddo non era piacevole e mi sentivo quella parte talmente mal ridotta che persino un soffio mi avrebbe fatto male.

"Premo troppo forte?" mi chiese, a bassa voce. Aveva il braccio sinistro appoggiato allo schienale, dietro la mia testa e il destro mi passava davanti per sorreggermi il ghiaccio sulla guancia. Non aveva la faccia troppo lontana dalla mia e il suo ginocchio toccava la mia gamba.

"No" negai, con le braccia avvolte sulla pancia. Sentivo ancora il dolore, ma non avevo intenzione di seguire Antoine all'ospedale perché ero sicuro che non fosse nulla di grave.

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