Alla presenza delle autorità e di numerosi giornalisti stranieri, il Principessa Jolanda venne varato alle 12:25 del 22 settembre 1907 a Riva Trigoso, frazione del comune di Sestri Levante, in provincia di Genova. Madrina della cerimonia fu Ester Piaggio, moglie del senatore Erasmo Piaggio, presidente del Lloyd Italiano.
Appena terminata la corsa sullo scivolo del varo e toccata l'acqua, la nave si piegò subito su un fianco e prese a imbarcare acqua dagli oblò, non ancora montati. Nonostante fosse stata abbassata l'ancora di dritta per tentare di controbilanciare lo sbandamento e i rimorchiatori cercassero di trascinare lo scafo verso il fondale sabbioso del basso arenile, la nave si inabissò dopo venti minuti, adagiandosi sul fondo del mare sulla fiancata sinistra, mentre la destra rimase a pelo d'acqua.
Nelle settimane seguenti al naufragio furono molte le visite e le ispezioni al relitto. I tecnici del cantiere navale salirono sulla fiancata destra della nave, che spuntava dall'acqua, per valutarne la situazione e le possibilità di recupero, ma ciò non fu ritenuto possibile. Venne perciò prelevato e salvato tutto quello che si poté salvare, mentre il resto della nave fu demolito sul posto.
Il 22 ottobre 1908, poco più di un anno dopo, fra mille ripensamenti, venne varato il Principessa Mafalda, nave gemella del Principessa Jolanda. Questa volta, però, allo scopo di evitare un nuovo affondamento durante il varo, la nave venne messa in acqua zavorrata e senza le sovrastrutture dei ponti superiori.
Dalle varie fotografie esistenti si nota che il pescaggio del Principessa Jolanda era veramente esiguo e che il baricentro era esageratamente alto. Poiché il carbone non era ancora stato caricato e le zavorre erano ancora vuote, bastò pochissimo per dare alla nave lo sbandamento iniziale, che si aggravò di lì a poco.
Inoltre, durante la discesa sullo scivolo del varo, mentre la poppa, con una rotazione sull'asse trasversale della nave, aveva toccato l'acqua e aveva iniziato a sollevarsi, la prua premette contro lo scivolo stesso, forse causando una falla sulla chiglia che contribuì all'affondamento. Alla fine venne stabilito che l'intera responsabilità della perdita del piroscafo era da attribuirsi al cantiere navale, colpevole di errori tecnici di calcolo.