Il 1º febbraio 1957 la Northwestern Mutual Life Insurance Company di Milwaukee, Winsconsin commissionò alla Great Lakes Engineering Works (GLEW) di River Rouge, Michigan un cargo lacustre per il trasporto di taconite, minerale contenente ferro.
Il contratto prevedeva che la nave fosse la più grande unità in servizio sui Grandi Laghi. Lo scafo venne impostato il 7 agosto, e la compagnia annunciò l'intenzione di dedicare la nave al proprio presidente, Edmund Fitzgerald, il cui padre era stato egli stesso comandante di navi sui Laghi.
La nave aveva una capacità di 24.100 tonnellate, in una stiva in acciaio composta da 21 vani da 3,5 per 16,5 metri. Inizialmente alimentata a carbone, venne in seguito convertita a gasolio durante la manutenzione invernale del 1971-72. Con una lunghezza complessiva di poco superiore ai 222 metri, rispettò il contratto diventando fino al la più grande nave in servizio sui Grandi Laghi.
Al varo assistettero oltre 15.000 persone, ed ebbe alcuni contrattempi. Ci vollero tre tentativi da parte della signora Fitzgerald, moglie del presidente, per rompere la bottiglia di champagne, e il varo fu ritardato di 36 minuti per permettere al personale di cantiere di rimuovere i blocchi della chiglia. Una volta liberata, la nave urtò violentemente contro un molo.
Le prove di navigazione cominciarono il 13 settembre 1958, e la Northwestern affidò la nave alla Columbia Transportation Division della Oblebay Norton Corporation una settimana dopo. Per i successivi 17 anni la Fitzgerald trasportò taconite dalle miniere di Duluth alle fonderie di Detroit e Toledo. Prima del naufragio, fu coinvolta in una collisione (con la S.S. Hochelaga nel 1970), tre urti con oggetti stazionari (1970, 1973, 1974) e uno spiaggiamento, nel 1969. Inoltre, nel 1974 perse l'ancora di prua nel Detroit.
Attraversando il Lago Superiore a circa 13 nodi, le barche incontrarono una imponente tempesta invernale, con venti a oltre 50 nodi e onde di 13 metri, che avevano già costretto alla chiusura il canale di Soo, presso Sault Ste. Marie. Le navi modificarono la rotta, dirigendosi a nord verso le coste canadesi per cercare riparo, per poi attraversare la Whitfish Bay e avvicinarsi alla destinazione.
Nel tardo pomeriggio di lunedì 10 novembre il lago fu scosso da prolungate raffiche di vento ad oltre 50 nodi. La Anderson venne travolta da venti da uragani a 75 nodi. Alle 3:30 pm la Fitzgerald segnalò alla Anderson danni lievi alle sovrastrutture e la perdita del radar. La visibilità era ridotta a causa delle pesanti nevicate e la Guardia Costiera avvertì tutte le navi di trovare riparo nei porti.
Due delle sei pompe della Fitzgerald lavoravano a pieno regime per scaricare l'acqua imbarcata; anche il faro e il radiofaro di Whitefish Point erano stati disabilitati dalla tempesta e la Fitzgerald procedeva in testa al convoglio alla cieca, rallentando a 10 nodo per ricevere indicazioni sulla guida dal radar della seconda nave.
Per un po' la Anderson guidò la Fitzgerald verso la relativa sicurezza della Whitefish Bay. Alle 5:45 pm il comandante McSorley avvertì un'altra nave, la Avafors, di segnalare che la Fitzgerald aveva subito gravi danni, perso i radar e aveva il ponte allagato; McSorley descrisse la situazione come "Uno dei peggiori mari in cui mi sia mai trovato."
Le ultime comunicazioni dalla nave arrivarono intorno alle 7:10 pm, quando la Andersonsegnalò alla Fitzgerald la presenza di un'altra nave e chiese informazioni sullo stato, a cui McSorley rispose "We are holding our own." (teniamo duro).
Pochi minuti dopo, la nave naufragò senza lanciare richieste di soccorso. Dopo dieci minuti senza contatto radio né visivo né radar, la Anderson cominciò a segnalare la situazione alle autorità, e alle 8:32 pm riuscì a convincere la United States Coast Guard che la nave era andata persa. Fino ad allora, la Coast Guard era alla ricerca di una piccola imbarcazione dispersa nella zona, e solo alle 8.30 prese con attenzione le segnalazioni del comandante Jesse "Bernie" Cooper della Anderson, chiedendogli infine di cominciare una ricerca dei sopravvissuti.
Una volta che la Anderson riuscì a convincere i guardiacoste della perdita della Fitzgeraldvenne lanciata un'operazione di ricerca dei sopravvissuti che all'inizio impegnò, oltre alla Arthur M. Anderson, un altro cargo, la William Clay Ford. Una terza nave, la Hilda Marjanne canadese , tentò di unirsi ma venne fermata dal maltempo. La U.S. Coast Guard impegnò tre veicoli, ma non riuscì a far arrivare nessuna nave: la Woodrush fu indirizzata sul luogo dell'affondamento dopo due ore e mezza dal fatto, ma ci mise un intero giorno ad arrivare. Con le ricerche si rinvennero solo alcune lance di salvataggio e zatteroni, ma nessun sopravvissuto.
Il relitto fu localizzato da un velivolo della United States Navy dotato di un rilevatore di anomalie magnetiche, usato solitamente per la caccia ai sottomarini. I resti della nave vennero ispezionati dalla guardia costiera con un sonar a scansione laterale, rilevando due tronconi posati sul fondo a poca distanza. Un secondo rilevamento venne svolto dal 22 al 25 novembre dall'agenzia privata Seaward, Inc.
Tra il 20 e il 28 maggio 1976 un sottomarino automatico CURV III della marina militare statunitense fotografò il relitto.
Il mezzo, controllato via cavo da una nave in superficie, scattò una serie di immagini a 35 mm ed alcuni video in bianco e nero, verificando che la Edmund Fitzgerald era posata sul fondo in due grandi tronconi a 160 metri di profondità. La prua, lunga circa 84 metri, giaceva eretta nel fango, mentre la sezione di poppa (52 metri) si era capovolta ed era inclinata a 50° sull'asse della nave, separata dall'altro troncone da rottami metallici e mucchi di traconite.
All'epoca della perdita della Fitzgerald si pensò che la nave si fosse spezzata in due tronconi a causa dell'intenstà della tempesta: eventi simili avvenuti in passato furono caratterizzati dalla presenza di relitti spezzati in due e disposti anche a miglia di distanza sul fondo del mare. In questo caso, però, i relitti erano lontani solo una quindicina di metri, per cui dopo i primi rilevamenti si pensò che la nave si fosse spezzata solo nell'urto col fondale.
Un'inchiesta della guardia costiera concluse che l'affondamento fosse dovuto a delle chiusure difettose dei vani di carico: queste chiusure avevano lasciato entrare l'acqua spinta sul ponte dalle onde, inondando gradualmente la stiva lungo tutto il corso della giornata compromettendo fatalmente la galleggiabilità e la stabilità della nave col risultato di mandarla a fondo senza preavviso.
Il rapporto della guardia costiera suscitò controversie, e fu accusato di ignorare elementi critici preferendo addossare la colpa all'equipaggio impedendo così conseguenze legali per la Oglebay-Norton che operava il veicolo.
Altre teorie sull'affondamento sostengono che la distruzione del radar costrinse l'equipaggio a fare affidamento su vecchie carte nautiche inaccurate: le versioni canadese e americana delle mappe della zona riportano secche e acque basse in punti diversi, e in alcuni casi omettono completamente alcuni punti pericolosi. Come risultato, la Fitzgerald avrebbe urtato contro una striscia di sabbia sommersa presso Caribou Island senza che l'equipaggio se ne accorgesse, ricevendo danni sulla cinghia e cominciando ad imbarcare acqua lentamente fino a compromettere la stabilità del vascello, senza lasciare agli uomini tempo di intervenire quando le conseguenze cominciarono a manifestarsi con un rapido cambio di assetto.
La nave si sarebbe dunque rotta affondando verticalmente nel lago, spezzandosi a metà: a quel punto la poppa si sarebbe ribaltata, appoggiandosi sul fondo capovolta dopo essere rimasta esposta al di fuori dell'acqua mentre la prua toccava il fondo delle acque relativamente basse del lago. Questa teoria è supportata dalle ultime comunicazioni radio tra la Anderson e la Fitzgerald, dove la Anderson segnalava due grandi onde che avrebbero raggiunto la Fitzgerald a breve.
Una rottura dello scafo durante la navigazione sarebbe estremamente difficile da provare, per via della posizione del relitto posato nel fango fino al limite dei segni di carico.
Un documentario creato e trasmesso da Discovery Channel incentrò l'attenzione su una grande piega rinvenuta sulla copertura dello scafo e su difetti preesistenti della struttura, delle stive e delle botole di carico. Tramite l'uso di vasche a onde e simulazioni computerizzate, i documentaristi conclusero che l'affondamento della Edmund Fitzgerald era da imputarsi ad un'onda anomala. Ci sono rapporti che indicano tre grosse onde anomale sul lago, due delle quali segnalate dalla Anderson. Questi eventi vengono soprannominati tre sorelle, in quanto si presentano tipicamente a gruppo. La teoria suggerita è che la Fitzgerald fu colpita duramente dalle prime due onde, che danneggiarono i boccaporti dell'area di carico e allagarono le stive, sottoponendo lo scafo a sforzi che portarono, all'arrivo della terza onda, alla rottura della nave.