~Andrea Doria~

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Nella mattinata del 25 luglio 1956, mentre l'Andrea Doria procedeva regolarmente verso gli Stati Uniti, un bastimento battente bandiera svedese, la motonave Stockholm (che paradossalmente nel 1989, dopo una radicale trasformazione, venne utilizzat...

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Nella mattinata del 25 luglio 1956, mentre l'Andrea Doria procedeva regolarmente verso gli Stati Uniti, un bastimento battente bandiera svedese, la motonave Stockholm (che paradossalmente nel 1989, dopo una radicale trasformazione, venne utilizzata dalla italiana Star Lauro Lines come nave da crociera, con il nuovo nome Italia I), un transatlantico per il trasporto promiscuo di merci e passeggeri, salpò da New York in direzione di Göteborg, comandata da Gunnar Nordenson; al momento dell'incidente, di guardia in plancia, vi era tuttavia il terzo ufficiale di copertaJohan-Ernst Carstens-Johannsen, 26 anni.

Alle 23:10 del 25 luglio entrambe le navi stavano attraversando un corridoio molto trafficato, coperto da una fitta coltre di nebbia. Non ci fu alcun contatto, né visivo né tramite radio e, mentre l'Andrea Doria emetteva i segnali sonori obbligatori in caso di nebbia e aveva ridotto la velocità, la Stockholm non faceva nulla di tutto ciò; una volta che le due navi furono così vicine da potersi vedere a occhio nudo, fu troppo tardi per praticare qualsiasi manovra in grado di evitare la collisione.

L'Andrea Doria e la Stockholm entrarono in collisione con un angolo di quasi 90 gradi: della Stockholm colpì la murata dell'Andrea Doria e la squarciò per quasi tutta la sua lunghezza (dato che l'Andrea Doria continuava ad avanzare lungo la propria rotta, ortogonale alla direzione della Stockholm), sfondando sotto il ponte di comando dell'Andrea Doriaper un'altezza di tre ponti, ovvero per oltre 12 metri, uccidendo 46 passeggeri che si erano ritirati a dormire nelle proprie cabine. Lo sfondamento di molte paratie stagne e la rottura di cinque depositi del combustibile causò l'imbarco di circa 500 tonnellate di acqua di mare che, non potendo essere bilanciate nei brevissimi tempi della collisione, produssero il pericoloso, immediato e anomalo sbandamento a dritta per oltre 15 gradi.

46 dei 1706 passeggeri trovarono la morte al momento dell'impatto, insieme a 5 uomini della Stockholm. Dopo la collisione, l'equipaggio trovò sul ponte di coperta della Stockholm una ragazza di 14 anni che era ospitata nella cabina 52 dell'Andrea Doria: era Linda Morgan, sopravvissuta all'impatto senza riportare ferite gravi, mentre sua sorella era morta nella cabina, schiacciata dalla prua della Stockholm. Le due ragazzine erano figlie di un noto cronista statunitense, Edward Morgan, che nel corso della stessa notte portò avanti da New York una cronaca diretta senza mai rivelare agli ascoltatori la sua angoscia per la sorte delle figlie.

Subito dopo la collisione l'Andrea Doriacontinuò a imbarcare acqua e lo sbandamento aumentò superando i 18 gradi in pochi minuti. Una voce diffusa riteneva che mancasse una delle porte dei compartimenti stagni delle sale macchina, ma in seguito se ne determinò l'infondatezza. Varie cause determinarono la repentina inclinazione della nave italiana: l'accostata a sinistra prima dell'impatto determinò uno sbandamento a dritta di circa 8°, e la falla un ulteriore sbandamento a dritta di almeno 13°. In poco tempo la nave superò i 20 gradi di inclinazione; il comandante Calamai si rese conto che non c'erano speranze, tuttavia non fece emettere immediatamente il segnale di abbandono nave, per non causare panico e confusione.

L'Andrea Doria aveva una dotazione di lance di salvataggio sufficiente per far fronte ad un naufragio mentre viaggiava a pieno carico, tuttavia lo sbandamento laterale iniziale rese inservibili le scialuppe collocate sul lato sinistro, complicando notevolmente le operazioni di evacuazione. Gli addetti alle macchine rimasero al lavoro e l'elettricità fu erogata fino alla fine, tanto che la nave s'inabissò con le luci di emergenza ancora accese. L'arrivo dell'Île de France con undici lance di salvataggio fu preceduto da quello di altre due navi mercantili, la Cape Ann e la Thomas, ciascuna con l'apporto di due lance. Anche la Stockholm, che era stata sventrata per circa 90 cm di lunghezza ma non rischiava di affondare, si fermò per prestare soccorso ed accolse 542 naufraghi.

Un punto chiave nella soluzione del disastro fu la decisione del comandante Raoul de Beaudéan, sulla Île de France, transatlantico francese diretto verso l'Europa che aveva superato la Stockholm diverse ore prima, di dare l'ordine di invertire la rotta e mettere le macchine avanti tutta, una volta ricevuto il segnale di emergenza del piroscafo italiano. De Beaudéan continuò a procedere attraverso la fitta nebbia alla massima velocità, predisponendo la nave per il soccorso e l'accoglienza dei naufraghi, finché, attorno alle 2:00 del 26 luglio, a poco meno di tre ore dall'incidente, raggiunse l'Andrea Doria. L'arrivo del grande transatlantico francese fu lo spartiacque emotivo di quella tragica notte: alla vista della nave, illuminata a giorno per ordine di de Beaudéan, tra i passeggeri e l'equipaggio dell'Andrea Doria il panico si placò, permettendo un'evacuazione della nave decisamente più tranquilla ed efficace di quanto fosse stato possibile fino ad allora.

L'Île de France fu la terza nave a giungere sul luogo della sciagura, ma grazie alla perizia del suo comandante e al numero delle sue lance di salvataggio riuscì ad accogliere il maggior numero passeggeri dell'Andrea Doria, ben 753. Con un'eccezionale manovra, de Beaudéan ed il suo equipaggio fecero accostare l'Île de France a soli 370 metri dall'Andrea Doria, mettendo la propria nave sottovento al lato di dritta di quella italiana, cioè quello che si stava inabissando e da cui venivano evacuati i naufraghi, creando uno specchio d'acqua liscio e calmo tra le due navi, perfetto per le operazioni di salvataggio. De Beaudéan non allertò i passeggeri della Île de France, non volendo impensierirli; alcuni di essi, spontaneamente, rinunciarono alle proprie cabine per darle ai sopravvissuti, stanchi, bagnati e congelati. Numerose altre navi risposero alla chiamata.

Alla fine l'unica vittima del naufragio, oltre alle persone rimaste uccise sul colpo dall'impatto, fu Norma Di Sandro, una bambina di 4 anni, morta per le conseguenze di un grave trauma cranico riportato durante le operazioni di soccorso, quando il padre, cercando di metterla in salvo, la lanciò da bordo della nave su una lancia di salvataggio sottostante: sfortunatamente Norma sbatté violentemente la testa contro la lancia, rimase gravemente ferita e morì in ospedale a Boston qualche giorno dopo.

Il numero limitato di vittime e il completo successo delle operazioni di soccorso fu merito del comportamento eroico dell'equipaggio dell'Andrea Doria, soprattutto del comandante Piero Calamai, e delle rapide e difficili decisioni da lui prese in momenti tanto concitati. Tali capacità furono dovute alla sua grande esperienza, soprattutto nelle due guerre mondiali. Dopo il salvataggio di tutti i passeggeri, Calamai restò a bordo dell'Andrea Doria, intenzionato a non mettersi in salvo, ma fu costretto a farlo dai propri ufficiali, tornati indietro appositamente, che lo minacciarono di sacrificarsi tutti a loro volta insieme a lui.
Alle 5:30 tutti coloro che si trovavano a bordo dell'Andrea Doria erano stati allontanati. L'ultima lancia di salvataggio, la n. 11, lasciò il transatlantico dirigendosi verso il guardacoste posaboe USCG Hornbeam della United States Coast Guard. A bordo si trovavano altri membri dell'equipaggio, tra cui il comandante Calamai, che tentò invano di convincere il comandante del guardacoste a trainare la nave su una secca. Furono in seguito trasbordati sulla USS Edward H. Allen per essere trasferiti a New York. Un telex della Società Italia ordinò di attendere l'arrivo dei rimorchiatori inviati da New York, previsto nel pomeriggio, ma a quel punto fu chiaro che l'ultima speranza di salvare l'ammiraglia italiana era sfumata. A causa della falla sul fianco la nave continuava a imbarcare acqua e ad inclinarsi, fino al definitivo affondamento alle ore 10:15 del 26 luglio, 11 ore dopo l'impatto. L'ultimo pezzo visibile dell'Andrea Doria fu un'elica, che poi fu inghiottita anch'essa dal mare. Le operazioni di soccorso da parte del transatlantico Île de France e di tutti gli altri mezzi navali a disposizione, vista la rapidità e il modo in cui si svolsero le operazioni, fecero del disastro dell'Andrea Doria l'operazione di soccorso più impegnativa e di successo della storia marittima dell'epoca.

Buon anniversario Andrea Doria

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