24. Il parassita

12 2 0
                                    

Giovedì, 20 aprile 2023.
Ore: 15:38

Le mani di Kevin mi stringono il collo mentre io cerco disperatamente di liberarmi. I miei polmoni bramano aria mentre sento gli occhi bruciare terribilmente. Mi rendo conto di non trovarmi più con i piedi per terra.

Resto con gli occhi puntati sull'unico uomo per cui io abbia mai provato qualcosa che sta cercando di uccidermi. Adesso, tutte le sue parole non contano più niente. Ormai è diventato un tutt'uno col parassita.

Sento di star per svenire. Non sono pronta a morire, anzi. Non è decisamente adesso la mia ora. Finalmente reagisco e schiaccio le dita nei suoi occhi oscuri. Emette il solito verso assordante per poi lasciarmi andare.

Cado sul pavimento sporco e impolverato, senza riuscire a smettere di tossire. Alzo lo sguardo, notando che il mostro si copre gli occhi mentre continua ad emettere strani suoni. Questo è il mio momento.

"Andiamo, stronzo, vieni a prendermi!" esclamo per poi rialzarmi e correre fuori dalla sala di manutenzione.

Mentre corro nella neve mi volto e noto che la creatura mi sta seguendo. I suoi occhi sono molto gonfi. Credo di aver trovato la parte più sensibile del suo corpo. Alla fine non è così invincibile come credevo.

Entro in fretta e furia nell'ufficio e afferro le trappole che ho costruito prima dalla sala riunioni. In teoria dovrebbero funzionare proprio come trappole per orsi. Le posiziono davanti all'entrata e indietreggio, aspettando che arrivi.

"Andiamo, sono qui! Non vuoi più uccidermi, adesso?" cerco di attirarlo con tutta la voce che mi è rimasta, seppur rauca "Hai ucciso i miei amici! Hai ucciso l'equipaggio della C87! Hai ucciso tutti, bastardo!"

Finalmente, il mostro appare davanti all'entrata e cammina minacciosamente verso di me. Tuttavia, i suoi piedi finiscono nelle trappole e le lame affilate gli trafiggono la carne. Il grido di dolore che segue è così forte da costringermi a coprirmi le orecchie.

Corro via, rifugiandomi nel laboratorio. Mi assicuro che la porta sia ben chiusa, successivamente mi siedo su un lettino e faccio dei respiri profondi per calmarmi. Sento che il mio corpo cederà di qui a poco ma non posso lasciare che accada.

Mi allarmo non appena sento la porta della sala di decontaminazione aprirsi. Sbarro gli occhi e mi alzo subito dal letto non appena vedo mio padre con un largo sorriso stampato sul volto. Non può essere possibile, tutto questo non è reale.

"Ciao, Nancy. Come stai?" chiede, facendo qualche passo verso di me ma io indietreggio rapidamente. Non è lui "Non avere paura, non voglio farti del male. Sono io, ricordi? Sono papà, piccola."

"Tu non sei mio padre, stammi lontano." mi guardo intorno e afferro la prima cosa che mi capita all'occhio: una bottiglia di vetro.

"Mi dispiace per averti messa in questa situazione, è tutta colpa mia. Avrei dovuto immaginare che sarebbe successo di nuovo." riprende a camminare lentamente verso di me e questa volta non mi allontano "Ma hai portato a termine la missione, sei arrivata sul pianeta. Non è magnifico?"

"Tu... è a causa tua se adesso mi trovo qui. È colpa tua se tutte quelle persone sono morte." stringo la presa sulla bottiglia.

"Lo so, tesoro, e non sai quanto mi dispiace. Vorrei poter riavvolgere il nastro e tornare indietro ma purtroppo non si può fare. Bisogna soltanto affrontare le cose e tu sai farlo perfettamente. Tu sei una combattente, Nancy, non dimenticarlo mai. È una cosa che hai ereditato da tua madre, lei... lei è una donna molto forte."

Non so che cosa sta succedendo, so solo che non so più a cosa credere. Ho visto così tante cose assurde nelle ultime ore che ormai tutto mi sembra possibile. Il problema è che non posso fidarmi di nessuno.

Among us - ImpostorDove le storie prendono vita. Scoprilo ora