06. Un grosso sbaglio

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Mercoledì, 19 aprile 2023.
Ore: 11:35

Il silenzio è come una tortura, in questo momento. Mi guardo intorno e tutti sono persi nei loro pensieri, a fissare un punto impreciso della stanza. Di solito, la tranquillità viene associata alla pace e alla sicurezza ma adesso ha assunto un significato completamente differente.

Vorrei che qualcuno aprisse bocca, anche solo per dire una stupidaggine o per fare una battuta. Ho paura che, se continuiamo a stare in silenzio ognuno per conto proprio, usciremo fuori di testa e inizieremo a vedere le conseguenze del nostro isolamento.

Mi piacerebbe avere un orologio per poter controllare l'orario ma non posso. Non so che ore sono, non so neanche da quanto tempo ci troviamo in questa scatola di metallo. Forse sono soltanto poche ore ma io le percepisco come anni.

"Che cosa facciamo adesso?" Melanie rompe il ghiaccio, scrutando tutti da cima a fondo con i suoi grandi occhi marroni "Siamo bloccati qui, non possiamo chiamare aiuto. Possiamo soltanto aspettare la nostra morte."

"Smettila di essere così melodrammatica." ribatte Harry e tutti ci voltiamo nella sua direzione "Non possiamo prevedere il futuro. La speranza non muore mai, no?"

"Che cosa ti aspetti che succederà? Pensi che verranno a salvarci? Ti rendi conto che ci troviamo nel bel mezzo dello spazio?"

"Preferisco di gran lunga sperare che tutto vada per il meglio piuttosto che aspettarmi il peggio. Se queste sono davvero le mie ultime ora di vita, allora non voglio spenderle a pensare queste cose."

Harry zittisce tutti perché in fondo siamo d'accordo con lui: anche noi vogliamo avere speranza, anche noi faremmo di tutto per non pensare al peggio. Il problema è che è più facile essere realisti che ottimisti.

Melanie si alza dal tavolo, camminando via e uscendo dalla mensa. Sarah le dice che non è sicuro allontanarsi ma non la ascolta, quindi si alza anche lei. È pronta a seguirla ma io la fermo, prendendo il suo posto.

La perdo subito di vista, al che sono costretta a cercarla in tutte le stanze. Non è nella sala di sicurezza né in amministrazione né in stiva e neanche in comunicazioni. Decido di andare nella parte nord della navicella e finalmente la trovo in O2, una piccola sala dove si trova la macchina dell'ossigeno.

Melanie resta accovacciata sul pavimento con la schiena appoggiata al muro. Alza gli occhi non appena mi vede arrivare ma distoglie lo sguardo subito dopo, facendo un respiro profondo. Senza dire nulla, mi avvicino e mi siedo accanto a lei.

"Perché sei venuta?" mi chiede improvvisamente, prendendomi alla sprovvista. Il problema è che non lo so nemmeno io: avrei potuto lasciar andare Sarah dato che sono amiche strette, da quello che ho potuto vedere in queste ore. Eppure eccomi qui.

"Perché mi è sembrata la cosa giusta da fare." è la mia secca risposta. Melanie non mi ha fatto pena né ho sentito l'urgenza di consolarla. Suppongo che, dal comportamento che ho studiato dalle altre persone, nel mio cervello è scattato qualcosa.

"Io non ti conosco e tu non conosci me. E con tutta onestà, tu non mi piaci. Sei così diversa dal resto dell'equipaggio e di certo non è perché sei nera. Sembri quasi insensibile a tutto ciò che accade. Quando Verde è stato gettato fuori, tu sei rimasta impassibile."

Faccio un respiro profondo, battendo ripetutamente i piedi sul pavimento; spero che non sia colpa di Samantha se adesso ho questo vizio: "Mio padre mi ha sempre insegnato a non mostrare le mie emozioni davanti agli altri. Diceva che questo mi avrebbe resa debole e io gli ho creduto. Tutto qui, fine della storia."

"Ma perché? Che cosa ha spinto tuo padre a pensare questo? Ci deve pur essere una ragione."

Ci rifletto per qualche secondo ma finisco col scuotere la testa: "Non lo so. Non lo so davvero." sposto lo sguardo verso di lei e noto che mi sta fissando insistentemente, quasi come se fosse in uno stato di trance "Mi piacciono i tuoi capelli, sono particolari."

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