Trentotto.

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-Papà! Hey papà che fai?
Holland era lì, in piedi di fronte al padre, il quale aveva una pistola tra le mani.

-Mamma?!
Non esitò a chiamare la madre, ovviamente aveva paura.

-Si amore?
La madre percorse il tragitto di scale, fino ad arrivare a quella piccola mansarda che rimpiccioliva il suo spazio sempre di più.

Jeff, il padre era seduto sul davanzale della piccola finestra e anche l'unica, che serviva a dare luce a quella piccola stanza.

-Jeff, cosa fai.
La madre aveva gli occhi serrati, quasi non riusciva a credere a ciò che aveva davanti agli occhi.

-Jeff, posa quella pistola, c'è Holland.
La madre prese la piccola e la nascose dietro di se, in segno di protezione.

-Non un altro passo.
Disse subito l'uomo, che aveva la pistola puntata alla testa.

-Jeff.. Ma perché. Perché lo fai, cosa c'è che non va?
Alla donna iniziarono a scendere lacrime come un fontana caccia acqua.

-Cristine! Non posso, non posso restare qui! Non posso servire a niente! Ho perso il lavoro, come andiamo avanti? Chi paga quelle bollette e tutte le tasse? E l'affitto? Io non posso! Non ce la faccio!

-Jeff, ora calma.. Ci riusciremo. Ti prego, posa quella pistola.

Cristine quasi singhiozzava, dopotutto, lo amava.

-Mi dispiace.
Rivolse un ultimo sguardo alla piccola e poi il colpo di postola andò dritto nella sua testa, poi il corpo si lasciò cadere sul cemento.

Cristine diede un urlo, Holland non poteva cosa stesse succedendo, avrebbe metabolizzato la cosa più in là.

Mi sveglio di soprassalto, sono praticamente tutta sudata e le coperte sono più che stropicciate.

Ormai questo sogno mi turba da due giorni, da quando ho parlato di papà con la mamma.

Perché continuo a sognare quello che ho visto?

Perché questo trauma continua a tornarmi in mente?
Certo, non andrà mai via.

Mi guardo in torno ed è quasi giorno, sta quasi sorgendo il sole, finalmente.

Mi alzo e vado dritta in bagno, apro l'acqua calda e dopo essermi spogliata mi ci butto dentro.

Faccio una doccia che dura un po' e infatti si fanno più o meno le otto del mattino, qualche minuto in più.

Mi asciugo e faccio lo stesso con i capelli, e nel frattempo si fanno le nove ed io scendo di sotto.

Mia madre è in cucina con un piatto tra le mani.

-Giusto in tempo tesoro!
Dice mettendolo a tavola.

-Ho preparato questi pancake per te e Sam, se più tardi verrà.

Sam, giusto, devo chiamarlo, anzi.. voglio chiamarlo.

-Grazie mamma.
Le do un bacio in guancia e ne prendo uno.

-Io devo andare, tra non molto inizia il mio turno di lavoro.

Annuisco e lei mi saluta.

-Non so se tornerò a pranzo, ti avviso.
Annuisco ancora una volta e lei va via.
Guardo l'ora e sono le nove e mezza, così chiamo Sam.

Al telefono non risponde perché starà ancora dormendo, sicuramente.

Vado in camera mia ed accendo la televisione e faccio zapping tra i canali.

grenade || s.wDove le storie prendono vita. Scoprilo ora