What A Mess

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Osservare, è questo che ho sempre fatto. Ho sempre  osservato le persone intorno a me, cercando di carpirne le emozioni e le sfaccettature. Sapevo che Miriam quando era nervosa muoveva ossessivamente il piede, e che Jimmy quando si arrabbiava si grattava ripetutamente il polso .Osservavo perché mi annoiavo e trovavo interessanti tutti quei piccoli dettagli che ci rendevano diversi. In questo mi rivedevo un po' in Dio, anche lui ci osserva costantemente. Ci osserva e si diverte, si arrabbia, si intristisce guardandoci, proprio come facevo io. Questo mi rendeva forse un po' più vicino a lui? Questo e i mille pomeriggi passati in chiesa, a tentare di avvicinarmi a lui, tentare di comunicare e di distinguermi dagli altri. È come se gli avessi sempre urlato "Guardami, lo vedi che sono diverso, che sono meglio di loro!", ed ero convinto che lui lo sapesse anche se non me lo diceva. Eppure In quel particolare momento della mia vita avrei avuto davvero bisogno di una sua risposta. Ero molto abbattuto perché avevo appena perso un membro della mia famiglia. Mia sorella, Diana, era appena uscita dalla mia vita ed ero convinto che finché non avesse avuto una bella conversazione con Dio e con la sua coscienza, non ci sarebbe mai più tornata. Era venuta da me qualche giorno prima, dicendomi che aveva bisogno di parlarmi. Piangeva quando mi ha confidato di avere una ragazza. Non riuscirò mai a dimenticare il silenzio e la tensione dopo la sua confessione. -Non è vero- sussurrai. Lei mi fissava, ma io non riuscivo più a vederla. Mia sorella, la mia sorellina, era come se non fosse stata più davanti a me, come se si fosse  trasformata in una sconosciuta, in una bestia. -Non è vero- Ripetei più convinto. -Chi ti ha messo in testa questa idea? I tuoi nuovi amici, quelli che frequenti di nascosto? Non devi mentire con me- Lei scosse la testa, le lacrime non si fermavano. -Sono lesbica Nico, lo sono sempre stata- Mi alzai dal letto e mi allontanai da lei, come se mi fossi scottato. -Non sai di cosa stai parlando, quindi smettila- Feci un respiro profondo -Esci di qui e facciamo finta che questa discussione non sia mai avvenuta. Non... provare a dire di nuovo una cosa del genere- Lei aprì la bocca e la richiuse un paio di volte, indecisa sulle parole da usare. Mi guardava con occhi vuoti, come se non mi vedesse più, esattamente come io non vedevo più lei. -Sono lesbica. Mi piacciono le ragazze e non c'è niente che tu possa dire per cambiare le cose- Mi misi a ridere, una risata isterica che non volevo trattenere per paura che si tramutasse in altro. -Tu non sei mia sorella. Ma la farò tornare, giuro che ti guariremo e tornerai normale- Uscii dalla mia camera e mi diressi verso l'ufficio di mio padre. Quando Diana sirese conto di cosa volevo fare mi corse dietro e mi afferrò per il polso -Nico ti supplico...- Mi liberai con uno strattone, allontanandomi da lei -Non toccarmi! - Le urlai. Entrai nello studio di papà senza bussare, con la rabbia che dettava ogni mio movimento. Diana piangeva dietro di me, pregandomi di non farlo. -Papà, devo parlarti- Mi girai verso Diana e cercai di soffocare la sensazione di malessere che provavo guardandola. Deglutii, sentendo la ghiaia in gola -Diana si è... ammalata- Lui sollevò gli occhi dal computer e osservò mia sorella, del tutto indifferente alla sua disperazione. -Sono tutt'orecchi- Disse chiudendo il computer su cui stava lavorando. Lei non aveva nessuna intenzione di parlare, quindi lo feci io per lei. -Dice di essere lesbica- Per un secondo mi pentii di averlo fatto, vidi le conseguenze delle mie parole scorrermi davanti agli occhi e provai pietà per l'anima di mia sorella. -Dice di esserlo ,ma forse siamo ancora ancora in tempo per salvarla- La mia voce, che mi era sembrata tanto decisa fino a quel momento, iniziò ad incrinarsi -Ci sono dei raduni in chiesa, apposta per i ragazzi e le ragazze che si convincono di questa cosa- Mio padre era rimasto immobile, con solo le vene del collo a sottolineare la tensione. -Diana, tuo fratello dice la verità? Sei davvero...così? - Sembrava poco convinto, come se si aspettasse che qualcuno sarebbe saltato fuori urlando "Scherzo riuscito!". Ma non accadde, al suo posto c'era il silenzio più pesante che avessi mai sentito. Quando non ricevette alcuna risposta, si alzò di scatto, facendo quasi cadere la sedia dietro di lui, e tirò un pungo alla scrivania. Sussultai e mi girai verso ma sorella, sentendogli occhi lucidi e pieni di panico. Quello che successe dopo lo si può immaginare, solo che non avevo abbastanza forza per assistere, e mi chiusi in camera. Non riuscivo a dormire, non riuscivo a pensare. Sentivo quello che succedeva fuori dalla mia stanza, e il senso di colpa mi uccideva. Ma senso di colpa per che cosa? Per aver detto la verità? Ora che mio padre lo sapeva potevamo agire di conseguenza, potevamo aiutarla ad uscirne. I ragazzi che ce l'avevano fatta erano molti e il mio intento era che lei diventasse una di loro. Quando la mattina dopo andai in soggiorno, notai subito che le scarpe di Diana, il suo cappotto e il suo berretto, erano spariti. Se n'era andata. Andai in cucina, dove papà leggeva il giornale come tutte le mattina. Mamma era girata di spalle, alle prese con i fornelli. Nessuno parlò e nessuno fece caso alla mia presenza. Solo quando mi sedetti al tavolo mio padre abbassò il giornale per squadrarmi. -Sono orgoglioso di te, figlio mio- Sul suo volto si formò una specie di sorriso, brutto da vedere quanto finto. -Quella stronza nascondeva bene la sua natura e senza di te non l'avrei capito- Mi feci forza e ricambiai lentamente il sorriso, sentendo qualcosa dentro di me rompersi -Ora dov'è? -Chiesi cercando di nascondere l'ansia. -L'abbiamo mandata via, ora non è più un nostro problema- Solo in quel momento mamma si girò, e mi mancò il fiato. Un livido violastro si espandeva su tutta la guancia destra, coperto malamente da strati di correttore nettamente insufficiente per nasconderlo: il labbro rotto, i segni violacei sul collo e il leggero zoppicare indicavano esattamente cos'era successo. Papà probabilmente aveva alzato le mani su Diana e mamma aveva cercato di intervenire. Non potei fare a meno di domandarmi il motivo. Perché difenderla se sapeva la sua natura? Cercai di far finta di niente e dopo colazione uscii di casa, diretto a scuola.


_Ciao a tutti e grazie di aver aperto la mia storia. Vi chiedo di avere pazienza e di aspettare almeno il secondo capitolo prima di scartarla. Questo progetto è molto importante per me e ci sto mettendo molto impegno, per questo spero vi possa piacere_ 

My Dear GodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora