You Must Have Nothing To Do Huh?

159 5 0
                                    

Diana a Chatrine si misero una di fianco all'altra nei sedili posteriori, tenendosi per mano. A Vincent, che ancora non aveva fatto alcuna domanda, il dettaglio non sfuggì -Quindi è lei la ragazza di cui mi parlavi? – Domandò a Chatrine, che si aprì in un sorrisone a trentadue denti, annuendo. Diana sorrise a sua volta, dandomi la nausea. Mi girai verso Vincent -Puoi portarci all'ospedale per favore? – Lui si girò verso di me, all'improvviso allarmato – Qualcuno si è fatto male? – Io annuii -Diana ha avuto un... incidente- Lei si demoralizzò all'improvviso e tornò a fissare fuori dal finestrino. Vincent non sembrava intenzionato a partire senza qualche informazione in più, quindi sussurrai un -Ne parliamo dopo- Non sembrava molto convinto ma girò la chiave e il motore si accese. Il viaggio fu silenzioso. Vincent non sembrava arrabbiato per quello che era successo quella mattina, e inconsciamente gliene fui grato. Rimanevo però abbastanza infastidito che da qualche giorno sembrasse girare tutto attorno a lui, che in quattro anni avevo bellamente ignorato. E poi che ironia, ero chiuso in un'auto insieme a due froci confermati e uno sospetto. Approfittai della situazione per osservare, dallo specchietto retrovisore, mia sorella e la sua... Vabbè Chatrine. Entrambe guardavano fuori dal proprio finestrino, però le loro mani rimasero strette l'una nell'altra per tutto il tempo. Era la prima volta che assistevo ad effusioni di questo tipo da parte di veri omosessuali, e mi faceva uno strano effetto, anche se era diverso da quello che mi sarei aspettato. Non avevo il vomito, non provavo il forte desiderio di distogliere lo sguardo, mi erano solo... indifferenti. Distrattamente spostai lo sguardo sul ragazzo che avevo al mio fianco. Era vestito con una felpa scura che gli arrivava almeno fino alle ginocchia e un paio di pantaloni della tuta. All'improvviso mi venne un dubbio– Avevi da fare, vero? – Vincent si girò per un secondo, prima di tornare a guardare la strada -Non preoccuparti, niente di importante- Il senso di colpa fece capolino, ed iniziai a sentirmi una merda -Mi dispiace, non sapevo chi chiamare. Non mi ricordavo neanche che tu avessi la patente in effetti, ho solo fatto un tentativo- Lui accennò un sorriso -Quindi ora non solo sono Vinc ma faccio anche parte dei tuoi contatti d'emergenza? – Trattenni un sorriso, ma non risposi. Non che ci fosse molto da dire in realtà, la situazione era ridicola e non ero l'unico a rendermene conto. Un quarto d'ora dopo eravamo a destinazione. Nonostante gli avessi chiesto di non farlo, Vincent ci seguì con la scusa di non voler stare in auto da solo. Ci dirigemmo verso il pronto soccorso e, una volta varcata la soglia, mi tornò in mente la prima volta che ci avevo portato Diana per colpa di papà, che ci era andato giù molto pesante dopo che lei, a soli 8 anni, aveva rovesciato un bicchiere d'acqua. Io ero rimasto immobile, troppo spaventato per muovere anche un solo muscolo. Ricordavo con troppa chiarezza il momento in cui si era fermato e aveva ripreso a guardare la televisione come se niente fosse mentre Diana piangeva tenendosi la guancia sporca di sangue. Ormai i tempi erano cambiati e noi eravamo cresciuti abbastanza da capire cosa fare o non fare per evitare certi episodi. Ma questo ormai valeva solo per me, visto che Diana se n'era chiamata fuori. Una volta entrati Chatrine ha insistito per rimanere con lei. Quando i medici e le due ragazze sparirono dentro una stanza, io e Vincent rimanemmo soli, su quelle scomodissime sedie della sala d'attesa. Il disagio, almeno da parte mia, era evidente, mentre lui se ne stava comodo e tranquillo al mio fianco. Perché avevo chiesto aiuto proprio a lui, dopo tutto quello che era successo? Gli avvenimenti della sera prima erano ancora vividi sottoforma di lividi e di fitte che provavo ogni tanto muovendomi, eppure sembrava passata un'eternità. Distrattamente mi sfiorai l'occhio, dove il livido bruciava. Mi chiesi come fosse possibile che Diana non se ne fosse accorta. O forse l'aveva fatto e aveva deciso di far finta di niente, infondo me lo meritavo almeno in parte. -Forse dovresti farti dare un'occhiata anche tu – La voce di Vincent mi risvegliò. -Non penso sia il caso- Mi fissai i piedi, riconoscendo che stava diventando una brutta abitudine. Sentivo il suo sguardo addosso, impossibile da ignorare. -Ora potresti dirmi qualcosa- sussurrò per non farsi sentire dalle persone attorno a noi. Sapevo che aveva ragione ma non ne avevo alcuna voglia, il fatto che stesse diventando così presente nella mia vita mi dava i nervi. -Diana ha avuto un incidente, tutto qui- Sperai che non facesse altre domande, invece lui sembrava più interessato che mai -Che tipo di incidente? – Prima che potessi rispondergli, lui continuò -Un incidente come il tuo? – Senza riflettere annuii, sperando solo di concludere la conversazione. -Che è successo? – Mi girai verso di lui, incrociando il suo sguardo. Mi vennero i brividi. Mi sorpresi a fissarlo, ad analizzare la sua postura. Le gambe incrociate, il gomito appoggiato al bracciolo e la testa girata nella mia direzione. Mi soffermai sul suo viso: aveva i capelli più disordinati del solito e le labbra piene, leggermente socchiuse, da quell'angolazione riuscivo a scorgere i denti bianchi. Ci misi un po' a ricordarmi che mi aveva posto una domanda -Non è affar tuo- Mi girai di scatto, come scottato dal solo fatto di averlo accanto a me. Lui sbuffò e si sistemò sulla sedia -Nico mi hai letteralmente fatto uscire di casa in pigiama e non vuoi neanche dirmi perché?– Mi spostai il più possibile sul bordo della sedia, sul lato apposto al suo –Mi dispiace, non avrei dovuto chiamare te- Mentre parlavo mi sentivo sempre peggio, come se stessi scaricando la colpa su di lui, quando l'unico da biasimare ero io. Vincent si accigliò, mettendosi composto. Avevo dimenticato il modo irrequieto con cui non riusciva a stare fermo. -Con qualcuno dovrai pur parlare? Per sfogarti magari- Mi sfuggii una risata -E quel qualcuno dovresti essere tu? – Lui si fermò un secondo, lo sguardo rivolto al vuoto. -Perché no? Io sicuramente non  ti giudicherei- Mi prese in contropiede, non avevo nulla da controbattere. Sgranai gli occhi, esausto, per poi lasciarmi andare a peso morto sulla sedia. Ero davvero stanco di tutta quella situazione. Prima Diana, poi la festa, il casino che ha creato. Vincent, che ora voleva evidentemente far parte dell'orrore che era la mia vita. Per un attimo valutai l'idea di darmi per morto e scomparire. -Perché? Non mi sei mai piaciuto e penso che la cosa sia reciproca- Tentai. Mi resi conto solo un istante dopo dell'errore che avevo commesso. Lui non aveva niente contro di me, ero io che non lo volevo fra i piedi. Ci mise poco a farmelo notare -Lo sai che non è vero, ti ho sempre trovato interessante- Fece una pausa, come a valutare le sue prossime parole. Si girò di nuovo verso di me, catturandomi con lo sguardo. Il castano dei suoi occhi non è mai stato più scintillante, e mi diede i brividi -Sono sicuro che la cosa sia reciproca- Aggiunse. Sprofondai ancora di più nella sedia, invocando tutti gli Dei che conoscevo. Mi misi una mano sulla guancia, trovandola più calda del normale. Chiusi gli occhi un secondo. Perché doveva rendere le cose così difficili? Valutai le sue parole, infondo stava solo facendo il gentile, voleva essere mio amico. Assurdo. Però perché avrei dovuto negarglielo? Infondo era stata la persona che mi aveva trattato meglio da circa... sempre. Ma c'era quel qualcosa, che mi impediva di essere sicuro a riguardo, qualcosa che mi faceva storcere il naso quando pensavo al nostro rapporto. Avere un amico che considerassi al mio livello non sembrava tanto brutto però, quindi decisi, per una volta, di buttarmi. Mi tirai su di colpo, facendolo sussultare -Sai cosa? Va bene- Mi misi al centro della sedia e mi girai verso di lui -Va bene, diventiamo amici se ti va- Lui sgranò gli occhi e socchiuse le labbra, l'espressione incredula. Dopo qualche secondo di silenzio si buttò di peso su quella povera sedia, nascondendo un sorriso. -Ce ne hai messo di tempo, eh Nico? – Scossi la testa -Non ho la minima idea di che cosa tu stia parlando- -Sto cercando di essere tuo amico da quando mi hai svegliato, quella mattina in classe- Era passato molto meno tempo di quanto sembrasse da quella mattina, in cui era appena iniziato il mio degrado. Nell'arco di qualche settimana ero diventato una persona diversa e non sapevo neanche come fosse possibile. Fissai il punto in cui era sparita mia sorella, pensai anche a lei. Mi mancava davvero, mi mancavano i vecchi tempi. Io e lei contro il mondo, mentre ora ero solo io contro i miei mostri, e lei era uno di loro. -Tutto bene? Dove te ne vai? – Mi chiese Vincent sventolandomi una mano davanti alla faccia. -Eh? - -Ogni tanto ti chiudi e vai da qualche parte con la testa, sarebbe bello capire dove- Il suo sguardo mi metteva in soggezione, mi faceva sentire come un bambino. -Stavo solo pensando. Sono molto stanco- So che avrebbe voluto sapere qualcosa di più, ma non avevo nessuna intenzione di raccontargli tutta la mia vita e i miei pensieri solo perché adesso si considerava mio "amico". Lui non fece altre domande, tirò fuori il suo cellulare e si mutò. Questo mi diede il tempo di mettere in ordine i pensieri e di tirare un po' il fiato. Qualche minuto dopo Chatrine e Diana ricomparvero, Diana con il braccio fasciato. Quando le vedemmo ci alzammo entrambi e le andammo incontro. -Cos'hanno detto? –Mia sorella scosse la testa -Niente di che, mi hanno disinfettato il braccio e l'hanno bendato. Hanno chiesto come me lo sono procurata e ho detto di essere caduta su un pezzo di vetro- Chatrine mi guardò con odio e sentii che anche Vincent mi fissava, a qualche passo di distanza da noi. Non capivo l'avversione di Chatrine nei miei confronti, non ero di certo stato io. Annuii e mi diressi verso l'uscita, Vincent fu subito al mio fianco. -Stai bene? – Stavo già per mandarlo a quel paese o dirgli di farsi gli affari suoi, ma mi trattenni a denti stretti -Mai stato meglio- Ovviamente mi guardò storto, ma non commentò. -Vi porto a casa- Gli sorrisi, riconoscente. -In qualche modo ti ripagherò- Lui sorrise a sua volta, un luccichio nello sguardo -Sono sicuro che lo farai- Non era molto più alto di me, eppure mi sentivo sopraffatto da tutta quella... persona. Solo in quel momento, guardandolo di profilo con la luce artificiale ad illuminarlo, mi resi conto che doveva essere sicuramente considerato molto attraente. Con un po' di invidia distolsi lo sguardo. Diana mi raggiunse -Senti Nico, puoi riportarci a casa di Chat? – Annuii -Vincent mi ha già dato il via libera- Lei accennò un sorriso, che si spense subito – Non dirlo a mamma e papà, per favore- Abbassò lo sguardo, come se si vergognasse, e mi sentii in colpa -Non lo farò, però tu...-Mi fermai. Cosa volevo dirle? Non essere lesbica e andrà tutto bene? Scossi la testa -Niente, solo, stai attenta- Diana non sorrise e non mi guardò negli occhi, semplicemente mi sorpassò, andando verso la macchina di Vincent.

My Dear GodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora