Capitolo 18

776 16 0
                                    

La città materna era grigia, uggiosa. Le nuvole scure promettevano temporali, ma in realtà non scendeva dal cielo nemmeno una gocciolina. Il vento andava e veniva, spostava le chiome degli alberi e scompigliava i capelli, tirava via le sciarpe e poi lasciava le strade in balia dell'umidità che era parecchio palpabile nell'aria. 

Viola, in realtà, amava quel periodo dell'anno. Dentro di se sperava che alla fine nevicasse, eppure il clima non era abbastanza rigido da permetterlo. Passava gran parte del suo tempo a studiare e a uscire sul balcone privato della sua stanza. Tutte le mattine spalancava le finestre per far entrare l'aria frizzante, poi, dopo la colazione, stava almeno per un'oretta fuori a contemplare il cielo con la musica nelle orecchie. 

Suo padre lavorava ancora e lei cercava di passare la maggior parte del suo tempo nella sua stanza. Si chiudeva li dentro, in quelle mura familiari che però iniziavano a starle scomode, a metterla a disagio. Usava la scusa dello studio per essere lasciata sola, cercava di non scendere per il pranzo e mangiare da sola poco dopo. 

Stava spesso al telefono con Emma e Aurora perché, con loro, la situazione sembrava essersi aggiustata. Poi Aurora partì con la famiglia e Viola preferì lasciarla stare per farle godere la vacanza, e cominciarono a sentirsi solo per messaggio e non parlarono molto: lei condivideva le foto dei luoghi, del cibo, dei musei, di lei e la famiglia, dello shopping; Viola rispondeva sempre con molto entusiasmo ed era contenta di vedere la sua amica divertirsi, le disse di portare i suoi saluti alla famiglia e le piacque che Aurora volesse condividere le sue esperienze con lei.

Emma continuò a sentirla quotidianamente. Emma le raccontava dei parenti, dello studio, delle ultime serie tv che le piacevano, che non erano quelle tipicamente acclamate dal pubblico, ma serie di nicchia. 

Una volta provò ad accennare che Jacopo le scriveva spesso, ma Viola la freddò subito.

"Tesoro" iniziò lei al telefono "se tu sei contenta io lo sono per te, ma onestamente lo sappiamo tutte e due che sta storia fa un po' schifo, eh..."

Contrariamente a quanto si sarebbe aspettata, Emma scoppiò a ridere e confermò.

"Lo so, lo so, per questo te l'ho detto. Non si scolla" parlò ridacchiando.

"Lo vuoi mollare?" domandò Viola con un sorrisetto.

"Si, cioè, non sembra molto adatto a me. Non che abbia qualcosa che non va-"

"Mi trovi in disaccordo!" scherzò Viola.

"Dai!" la rimproverò Emma giocosamente "Sono seria! Penso sia una persona un po' superficiale, non mi lascia niente di concreto... non lo so, mi è sembrato carino e avevamo concordato che non avessimo intenzione di infilarci in una relazione seria, preferivo conoscerlo, no? Ma lui già mi da quei ridicoli nomignoli..."

"No! Non dirlo! Nomignoli del tipo?" chiese Viola curiosa. Sapevano entrambe che appena la bionda avesse risposto Viola l'avrebbe presa in giro per il resto della sua vita.

"Oddio...mi chiama pasticcino..." confessò Emma sospirando.

Viola scoppiò a ridere e si mise a sedere sul letto, tirò fuori una sigaretta e si diresse sul balcone. Continuarono a chiacchierare a lungo, Viola si sentiva piacevolmente stupida dal fatto che quel rapporto, che pareva essere un po' incrinato, si stava risollevando. Le venne in mente, solo per una frazione di secondo, di parlare di Edoardo, di raccontarle tutto, di parlare dei suoi dubbi e di chiederle una serie infinita di consigli che avrebbero fatto completamente evaporare la sua confusione.

Dopo il discorso superfluo e indefinito che avevano avuto, cercò di indagare se stessa e capì che uno dei suoi malesseri era vedersela da sola. Viola, con lunghissime sessioni di introspezione, si rese conto di una cosa estremamente importante: la sua vita, apparentemente completa, l'aveva resa inutile, incapace. 

Good PositionsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora