Capitolo 26

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Viola si lavò con cura sotto la doccia, asciugò i capelli e scelse il suo profumo migliore. 

Era il suo primo appuntamento ufficiale con Edoardo, in pubblico e dentro si lei balenò la bellissima idea che lui le avrebbe chiesto di stare insieme ufficialmente o che almeno le avrebbe detto di aver parlato con i ragazzi. Le sembrava un'occasione importante.

Indossò un vestito rosa e degli stivali neri abbinati ad un lungo cappotto e la borsa che lui le aveva regalato. Si truccò con cura gli occhi e le labbra e quando si sentì bella abbastanza per uscire a mangiare con Edoardo si chiuse la porta alle spalle. 

Lui la attendeva vestito con dei jeans scusi e una felpa nera e un cappotto che teneva sbottonato. 

Lei lo raggiunse con un sorriso e si avvicinò per posargli un bacio sulle labbra, ma lui, invece, la abbracciò dolcemente.

"Vuoi che chiami un taxi?" chiese Viola.

"No, andiamo a piedi, non è troppo lontano."

Viola annuì e cerco di trattenere dentro di lei l'agitazione che stava provando e cercò di raccontargli di come proseguivano i suoi studi, dei nuovi professori.

"Tu hai già piani per l'estate?" azzardò lei che sperava potessero organizzare qualcosa insieme, anche con gli altri.

"Non ancora, ma penso che per la maggior parte delle vacanze starò a casa" rispose lui secco alzando le spalle. 

"Ah, ok. Pensavo che magari potremmo passare qualche giorno tutti insieme."

"Certo, si può fare, vedremo" rispose lui e le sorrise,  poi lei cercò di prendergli la mano, ma lui la evitò ponendo un braccio attorno alle sue spalle. Viola stava scomodissima, ma restò in silenzio e non lo diede a vedere perché almeno quel poco di contatto lo avrebbe voluto. Se avesse parlato lui si sarebbe ovviamente scansato e lei avrebbe voluto tutto, meno che Edoardo si scansasse da lei. 

C'era qualcosa nell'aria che a Viola non stava molto piacendo. Un sentore, piccoli indizi, non lo sapeva neanche lei, ma volle concentrarsi sulla loro prima uscita seria e ufficiale senza risultare capricciosa. Edoardo odiava i capricci, l'infantilismo, l'immaturità e lei aveva bisogno di risultare matura e adulta accanto a lui. Voleva fino alle ossa che lui la valutasse una personalità posata e autorevole così come lui, lui avrebbe dovuto vantarsi di lei, non nasconderla come ora stava facendo e, quasi certamente secondo lei, Viola avrebbe dovuto guadagnarselo.


Il locale che lui aveva scelto era raffinato e si sedettero ad un tavolo apparecchiato molto signorile, pareva un posto importante. 

Viola, per sé, ordinò un primo ed Edoardo scelse della carne. La cameriera che li serviva sembrava essere una ragazza molto poco professionale. Cinguettava mentre prendeva l'ordine di Edoardo, gli sorrideva e si accarezzava i capelli scuri che dalla coda le scendevano affianco al viso. Invece, per lei, non riservava alcuna attenzione: si rivolgeva a lei quasi scocciata, scrisse la comanda sul taccuino, poi tornò a sorridere a lui chinandosi a prendere i menù sul tavolo con gesti e movimenti vezzosi. 

Appena si allontanò Edoardo sorrise a Viola che aveva una smorfia di fastidio sul viso e lui lo notò chiedendole cosa non andasse.

"Hai visto quella? Cinque minuti in più e ti avrebbe spogliato."

"Dai, Lola, non essere gelosa! Faceva il suo lavoro" alzò le spalle lui.

"Faceva la gattamorta" concluse lei, lui cambiò discorso e ricominciarono a chiacchierare delle ultime letture di Edoardo, quelle che lei non aveva accettato in prestito. 

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