🔴Capitolo 19🔴

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"Ho studiato tutto il tempo, ho un esame il primo giorno, appena riapre l'università. Ho già preso il biglietto del treno, quando l'ho scoperto sono andata nel panico e ho cercato una soluzione perché temevo di non trovare posto. Vi aspetto li però, mi troverete soddisfatta perché questo primo esame lo passo sicuro!"

Più o meno, con qualche variazione in base alle persone con cui parlava, questa era la scusa che Viola aveva rifilato a tutti. Un esame, un professore particolarmente antipatico che aveva stabilito male l'esame, lei lo aveva scoperto tardi e aveva preso il primo biglietto per paura. Poteva andare, nessuno la ritenne non calzante. 

Gli amici ne furono sconvolti, Mattia le fece le condoglianze addirittura; con suo piacere però gli altri cominciarono a darsi da fare sul serio con lo studio, terrorizzati da qualche fantomatico professore con delle pretese estremamente allucinanti. 

Viola non conosceva la scusa che aveva dato Edoardo, non sapeva nemmeno se li avesse sentiti o avesse inventato altro. 

I suoi genitori fecero un po' di polemica, invece, ma non con lei. Erano dispiaciuti della situazione, erano delusi dal fatto che lei fosse rimasta poco a casa e si fossero goduti troppo poco questo suo rientro, ma lei promise di ritornare a casa il prima possibile. La mamma aveva compreso che qualcosa non andava, che Viola non aveva giovato di quel rientro, che aveva evitato spesso di uscire di casa anche nei momenti di festa e gioia, ma non disse nulla. Doveva aver pesato che insistere non fosse la soluzione migliore. 

La accompagnarono alla stazione. La donna la strinse a se dolcemente, fu un abbraccio affettuoso: "Per qualsiasi cosa noi ci siamo per te. Ti vogliamo bene, chiama quando arrivi." 

Viola annuì e, dopo aver sistemato la valigia nella cappelliera, si accomodò al suo posto. 

Per la prima metà del viaggio riuscì a godersi la musica e la lettura, il posto di fianco al suo rimane libero fino alla stazione di Firenze, dove salì un uomo anziano. Le sorrise, le chiese aiuto per issare la valigia.

Per tutto il tragitto le offrirono da bere e da mangiare qualche snack, la capotreno passò a verificare i biglietti con un sorriso cordiale. 

Quando, finalmente, scese dal treno chiamò un taxi e si fece portare fino al campus. 

Passò dalla segreteria per l'accettazione, si fece restituire la tessera magnetica della sua stanza. Prese un cappuccino al chiosco notando con stupore che molti studenti già erano rientrati, come lei, anche se probabilmente per motivi completamente diversi. 

Scrisse a Edoardo che era arrivata, ma non aspettò una risposta, si diresse verso la stanza, salutò qualche collega per i corridoi, entrò e sistemò subito la valigia per poi riporla sotto il suo letto. Si stese, provò a dormire un po'. 

Edoardo le rispose che l'avrebbe raggiunta quella sera, che si sarebbero dati appuntamento dopo cena. Le disse che l'avrebbe direttamente raggiunta nella sua stanza, che se non avesse voluto usare la mensa avrebbe portato lui qualcosa da mangiare. 

Viola, dopo qualche momento di riflessione, rifiutò. Dovevano parlare, decidere, confrontarsi, non avere un appuntamento. 

Si fece una doccia fresca per scaricare la tensione, dedicò del tempo a se stessa tra cura della pelle e dei capelli, poi piazzò sulla tv un film e aspettò.

La ragazza, alla fine, saltò la cena. Non sentiva fame, il suo stomaco era contorto solo dall'ansia. Chiuso, rigirato, strizzato in un nodo che le impediva perfino di respirare normalmente. 

Quando le bussarono alla porta il suo cuore iniziò a palpitare, aprì la porta con le mani che tremavano. Adrenalina, tensione.

Edoardo era li, in piedi, con una busta di carta in mano. Era vestito casual, con un paio di jeans scuri e una maglietta bianca. Gli immancabili anelli spessi, le scarpe nere e comode.

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