Capitolo 27

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-Scusami se questi giorni sto un po' distante, ma ho delle cose da fare. Spero di riuscire a vederti appena mi libero.

Quello il messaggio di Edoardo con il quale cercava di giustificare la sua assenza, ma Viola era stanca di discutere o cercare altre risposte quindi rispose con un monosillabo di assenzo e infilò il telefono in borsa, sapendo che non gli avrebbe più dato nessuno sguardo. Si voltò verso Samuele che la guardò con aria interrogativa: "Tutto bene?" 

"Si, si" annuì lei liquidando il discorso, poi i due ripresero a ripetersi a vicenda ciò che avevano studiato nei giorni precedenti.

Viola, quel giorno, si sentiva stanca, priva di forze come se qualcosa la stesse prosciugando dall'interno, come se tutto quello scervellarsi e ragionare le stesse rubando anche le forze fisiche. 

Per fortuna, però, le sue amiche, i ragazzi e, nell'ultimo periodo, Samuele le stavano vicino e le permettevano di essere serena e spensierata. 

Sbuffò quando, il pensiero successivo, fu quello uno schiaffo morale: lei non trovava tranquillità in Edoardo e non poteva fare affidamento su di lui.

 Lui aveva problemi, lui doveva essere capito, lui doveva essere giustificato, lui doveva ricevere sostegno, lui doveva essere perdonato, ma lei no, lei doveva cavarsela da sola e non si sentiva nemmeno in grado di farlo. 

Persa nei suoi pensieri, Viola perse le parole nel ripetere a Samuele i suoi appunti e lui la riprese  con dolcezza.

"Facciamo pausa" disse lui, chiuse il quaderno di Viola e glielo porse, lei sospirò e lui le sorrise "tranquilla, non è un dramma! Facciamo una pausa, mica ci corre dietro qualcuno."

"Giusto" sorrise lei alzando le spalle. 

"Che succede?" domandò lui con tono delicato, come se non volesse essere troppo indiscreto.

"Niente di che..."

"C'entra quel ragazzo?"

"Quale?" domandò Viola incredula. 

"Quello che fa sporto con Mattia, che sta sempre con voi. Mi sfugge il nome, si chiama..."

"Edoardo" disse lei, poi alzò gli occhi al cielo perché dall'espressione di Samuele capì di essere stata tanata. 

"Già, proprio lui" ammiccò lui.

"No, cioè si, però non è nulla che si possa cambiare."

"State insieme?"

"No!" rispose lei, forse con troppa enfasi "non lo so, non credo. Strano, eh?"

"Non credo di capire. Vi frequentate?"

"Non proprio."

"Uscite insieme?"

"No."

"Vi state conoscendo?"

"No, è qualcosa di più."

Samuele aveva sul viso un'espressione perplessa e contrita e la guardava negli occhi intensamente con le sopracciglia aggrottate e le labbra piegate in un sorrisetto obliquo confuso.

"Non capisco" mormorò lui.

"Figurati io!" esclamò lei nervosa.

"Ma ti piace?" domandò Samuele. 

"Non lo so più. Prima si, forse, prima mi piaceva. Però adesso non lo so, non credo."

"Penso che tu debba capire prima cosa vuoi tu, solo dopo preoccupati di quello che pensa lui, altrimenti ti logori l'anima!" commentò lui.

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