XVIII

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-Max.. Max é.. é lui- dissi con voce tremante.
-Emily che dici-
-Jake.. Jake é qui-

Il ragazzo camminava per la strada dei vari piccoli edifici dei team, cercava qualcuno, e quando trovo quella persona, gli spuntò un sorriso sadico sul volto.

-Emily-

Era qui, davanti a me, mi sentii di nuovo impotente, incapace di fare nulla. Come se tutto ciò che mi ero ricostruita fosse improvvisamente ceduto.

-Che c'è in questi anni il gatto ti ha rubato la lingua?-
-Brutto stronzo- disse Max, alzandosi e spingendolo.

Jake era a terra, non sapevo che fare, Pierre mi teneva stretta a se, e all'improvviso tutti accorsero verso di noi.

Max era sopra Jake, che stava subendo una scarica di destri dritti in faccia.

-Max, Max fermati- disse Carlos, prendendolo e portandolo a qualche metro da Jake.
-Che carini. La difendete. Ma non sapete niente di quella puttana.- disse Jake, rialzandosi inpiedi, pulendosi il sangue che usciva dal suo naso.
-Osa chiamarla così un altra volta...-
-E cosa mi fai?-

Max cercò di dimenarsi ma Carlos lo teneva fermo.

-Che sta succedendo qui- disse mio padre entrando nella cerchia.
-Tu- disse mio padre.
-Signor Horner- disse facendo un sorrisetto.
-Cosa ci fai qua-disse mio padre urlando, iniziando a infastidirsi.
-Sono uscito di prigione, pensavo di fare una sorpresa a sua figlia-
-Sei un pazzo-
-Può darsi-

Lando e le ragazze arrivarono per ultimi, seguiti da Charles. Solo lui sapeva la verità.

Appena vide le mie condizioni corse da me, e prese il posto di Pierre.

-Come stai- mi sussurrò.
-Come posso stare- dissi.

-Mi hai rimpiazzato-
-Senti Jake, io non so cosa tu voglia da me, ma onestamente non mi importa. Sei uno stronzo egoista del cazzo, mi hai rovinato la vita.- dissi avvicinandomi, ma rimanendo sempre ad una certa distanza.
-Ho fatto quello che dovevo-

Non volevo, giuro che non volevo, ma dalla mia mano scappo un pugno, e dalla mia gamba un calcio nelle sue parti basse.

-Sei pazzo, sei dannamente pazzo-
Si mise a ridere, scoppio a ridere.
Non stava bene.

-Chiamo la sicurezza- disse mio padre.

-Avvicinati un'altra volta a me, oppure ad un membro della mia famiglia, Jake. Giuro che questa volta entrerai in quella cella, e non ne uscirai più. Io ti giuro Jake- dissi, prima che le guardie lo prendessero, e lo portassero via.

Non potevo reggere, non potevo più reggere. Decisi di andare via, tornare nell'hotel e chiudermi nella mia stanza, fino a quando le mie lacrime non avessero prosciugato il mio corpo.

-Apriti cazzo- la mia stanza non si apriva. Avevo le lacrime agli occhi.
-Emily-
-Charles non é il momento-

Mi aveva seguita fino all'hotel. Doveva esercitarsi per la gara, non doveva essere lì.

-Emily, fermati, ti prego- disse avvicinandosi.
-Non toccarmi- dissi.

Non avevo il coraggio di guardarlo negli occhi, stavo piangendo, di nuovo, davanti a lui.

-Emily ti prego, non posso vederti in queste condizioni-
-E allora va via-
-Non vado via, Emily. Non lo farò mai-

La porta si aprì, ma prima di entrare crollai, cominciai a piangere e Charles mi prese dai fianchi senza farmi cadere.

Entrammo nella stanza e ci stendemmo sul letto, e lo abbracciai.

Mi sfogai, piangevo e parlavo, piangevo e parlavo. Gli dissi tutto quello che provavo in quel momento. Mi stavo aprendo in una maniera che non avevo mai fatto con nessuno.

-Emily, sappi solo che io non me ne andrò mai da te.- disse sussurrando.
-Grazie Charles, per tutto...-

Mi addormentai, nelle sue braccia, con gli occhi gonfi e nella posizione più scomoda che esista.

Ma nelle sue braccia tutti questi particolari sembravano sparire. C'eravamo solo io e lui.

How about a kiss?     Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora