15- Let me suffer alone

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Tutta tremante mi girai verso dove Zane mi stava indicando, l'ascensore.

Il mio cuore non smetteva di battere, sembrava appena essere uscito dalla gabbia toracica, stavo male e tutto a causa sua.

Però dovevo essere forte.

Ero sicura che l'avrei trovata al suo interno, invece no, l'ascensore era completamente vuoto a parte il mio coltellino completamente cosparso del suo sangue a terra in un angolino.

Perché doveva fare così male?

Perché aveva deciso di lasciarmi attraverso una bugia?

Erano domande a cui noi non avrei mai avuto una risposta.

Le mie ginocchia non ressero più e mi accasciai a terra, stranamente l'impatto tra il mio corpo e il pavimento non fu tanto doloroso come avevo pensato perché due forti mani mi strinsero le braccia sorreggendomi con il loro peso.

"Guerriera cosa ti è successo?" mi chiese dolcemente Zane "puoi dirmi tutto, non ti giudicherei mai" disse con molta calma, non ci credevo alle sue parole però mi voleva aiutare, si vedeva, ma io non avevo bisogno di nessuno, dovevo cavarmela da sola.

Mi sorressi con le mie gambe e lo guardai "non posso, deve farlo da sola" gli dissi; mi girai dall'altra parte e ancora tremante mi diressi all'interno dell'ascensore, lui mi stava guardando, non mi toglieva gli occhi di dosso, e io neanche. Spinsi il pulsante del piano terra e le porte automatiche si chiusero, lasciandomi sola in quei pochi metri di spazio "cazzo vai più veloce" continuai a premere insistentemente il bottone che mi avrebbe portata giù da lei, volevo inseguirla, trovare almeno delle sue tracce, delle risposte.

Ottanta piani dopo ero nella hall del palazzo, incominciai a correre ovunque per cercarla, vidi nei bagni di servizio, nelle camere, negli altri ascensori accanto, ma niente, c'erano solo i corpi delle nostre guardie a terra di cui non me ne curai, non erano il mio primo pensiero ora; corsi con ancora i tacchi anche al difuori dell'Empire State Building, non doveva essere lontana, intanto fuori la fresca aria di fine maggio iniziò a scompigliarmi i cappelli rendendomeli più incasinati di già quelli che erano.

Continuai a correre setacciando ogni perimetro del palazzo, ma niente, non c'era, era scappata sotto il mio dannato naso.

Non avrei mai pensato ad un incontro del genere con lei, anzi non avrei mai pensato di averlo, figuriamoci di pensarlo; mi sedetti sulle ampie scale di emergenza dell'esterno e ammirai il meraviglioso skyline che si vedeva da qui, era davvero bello ma ora ero esausta di tutto quella situazione per vedere la sua bellezza, stavo diventando pazza.

Una lacrima scorciò il mio volto umidendomi le guance "sai Aria non devi farti abbattere" non mi accorsi neanche che qualcuno mi stesse vicino, era Zane, di nuovo, scacciai una lacrima salata e cercai di ricompormi; nessuno doveva sapere niente.

"Non puoi capire, lasciami in pace" gli dissi scontrosa non guardandolo minimamente, non poteva vedermi così, cosa avrebbe mai pensato, sicuramente che fossi una fallita; Zane non rispose alle mie aspre parole e si sedette a fianco a me, "abbiamo fatto delle promesse che dobbiamo mantenere, per la mia famiglia il matrimonio era importante" disse, non voleva mollare la presa così restammo in silenzio a guardare le magiche luci della città.

Un brivido di freddo mi percorse tutta la spina dorsale facendomi rizzare i peli delle braccia, si incominciava a gelare a quest'ora qui in America, ma non mi importava, come diceva mio padre, il dolore insieme ai sentimenti sono solo concezioni mentali di cui noi non abbiamo bisogno.

Aveva ragione. Facevano solo male.

Ad un certo punto l'uomo muscoloso accanto a me si alzò e mi posò la sua giacca sulle spalle "Aria entra dentro, qui fuori si gela, raggiungi le tue amiche" mi consigliò, allora mi girai verso di lui e lo guardai con uno sguardo diverso, come se gli volessi dire grazie senza usare le parole, una cosa nostra che solo noi potevamo capire; a sua volta mi guardò negli occhi e sembrò come sorridermi con i suoi meravigliosi denti bianchi per qualche secondo, la prima a rompere questo contatto fui io ritornando a guardare dritto davanti a me "datemi due minuti e arrivo" gli dissi mentre lui ormai aveva già aperto la porta in vetro per andarsene.

Stay with meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora