Quindicesimo canto

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Adesso uno degli argini rocciosi ci allontana dalla selva e le nebbie del fiume fanno ombra di sopra, in modo da proteggere dal fuoco sia l'acqua sia gli argini stessi. E gli argini sembravano essere costruiti proprio per evitare che potessero essere protratti diversi danne, sebbene il maestro costruttore, chiunque sia stato, non li aveva eretti così alti e spessi.

Ormai eravamo piuttosto lontani dalla selva tanto che se anche mi fossi voltato, non l'avrei più vista, quando incontrammo una schiera di anime che veniva lungo l'argine, e ognuna di esse ci guardava come quando si osserva qualcuno nella sera di novilunio; e strizzavano gli occhi verso di noi come il vecchio sarto quando infila l'ago nella cruna.

Così, mentre ero guardato da tale schiera, uno di loro mi riconobbe e mi prese per il lembo della veste e mi gridò: «Che meraviglia!». 

E io, non appena lui tese il suo braccio verso di me, fissai i miei occhi al suo volto e, benché fosse tutto bruciato, non faticai a riconoscerlo. E avvicinando la mano al suo viso, gli risposi: «Direttore, siete proprio voi?». 

E lui a me: «Atsushi, spero non ti dispiaccia se mi intrattengo a parlare con te». 

Io gli dissi: «No cazzo, io non volevo più incontrarvi. Mi fate salire gli attacchi di panico». 

Rispose: «Atsushi, voglio farti soffrire, quindi dovrai per forza parlare con me. Ma prosegui: io camminerò con te e poi raggiungerò la mia schiera, che va piangendo la sua dannazione eterna». 

Non avevo il coraggio di muovermi. Ero terrorizzato, diobon; ma abbassavo il capo, per non incrociare il suo sguardo. 

Lui cominciò: «Quale sorte o destino ti conduce qui prima della tua morte? E chi è costui che ti fa da guida?». 

Io gli risposi: «Lassù, nella vita serena, mi sono perso in una valle prima che la mia vita raggiungesse il suo culmine. Solo ieri mattina ne sono uscito: mi apparve Kunikida, mentre ci stavo rientrando, e mi riporta alla mia casa per questo cammino». 

E lui a me: «Se seguirai Kunikida, non potrai non giungere al glorioso porto, se ho inteso bene quando ero anch'io in vita; e se un'altra versione di te in un altro universo non mi avesse ucciso prima che io potessi darti il tuo regalo di compleanno, ti avrei aiutato a compiere la tua opera. Ma capisco che la tua fosse solo paura, e che in realtà eri già nervoso perché non potevi disobbedire al tuo capo. Un vecchio proverbio li definisce ciechi, i capi e i direttori come me; siamo gente avara, invidiosa e superba, fidati di me. Non avrai mai tanta fortuna, tant'è che ad un certo punto ti odieranno tutti, compreso te stesso; ma a quel punto l'erba sarà lontana dal caprone. La tua bestia interiore ti divorerà, e ti scontrerai con tantissime difficoltà. Ma ne uscirai vivo, in un modo o nell'altro. Anche se, in qualche modo, sarai sempre preda della tua stessa oscurità».

Io gli risposi: «Se potessi esaudire ogni mio desiderio, vorrei che foste ancora tra i vivi; poiché non avrei mai voluto incontrarvi qui. Nella mia memoria è ben presente, e il pensiero ancora mi terrorizza, la crudele e fredda immagine di voi quando nel mondo mi punivate per cose che nemmeno avevo fatto: e finché sarò vivo, combatterò contro il trauma che mi avete lasciato. Ciò che mi annunciate della mia vita, lo tengo bene a mente, e mi riservo di farmelo spiegare insieme a un'altra da un uomo che saprà farlo, se mai arriverò sino a lui. Ma questo voglio dirvi con chiarezza che, purché la mia coscienza non mi rimproveri, sono pronto a sopportare i colpi della sorte, qualunque essi siano. Non mi giunge nuova questa profezia: ebbene la Fortuna giri pure la sua ruota come vuole, e il contadino la sua zappa». 

Il direttore allora si volse indietro, sulla sua destra, e mi guardò, dicendo poi: «Apprende bene questa lezione chi ben la scrive nella sua memoria». 

Nondimeno continuai a camminare e a parlare con il direttore, anche se non gli chiedevo nulla.

E lui a me: «Dei miei compagni è bene conoscerne giusto qualcuno: degli altri sarà lodevole tacere, perché mancherebbe il tempo per elencarli tutti. Sappi insomma che furono tutti chierici e grandi letterati e molto famosi, tutti sporchi dello stesso peccato. Ti direi di più, ma non posso trattenermi e parlare oltre, poiché vedo già alzarsi di là nuovo fumo dal sabbione. Arrivano anime con la cui schiera non devo mescolarmi. Ti raccomando il mio orfanotrofio nel quale la mia anima vive ancora, e oltre non chiedo». 

Poi si voltò e mi sembrò uno di quelli che a Kamikochi corrono il palio per il drappo verde, nella campagna; e sembrava colui che vince e non colui che perde.

Come corpo morto cade || BSD x Divina CommediaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora