Dodicesimo canto

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Il luogo dove giungemmo per scendere al Cerchio successivo era impervio, e, anche per ciò che vi era Lovecraft, tale che nessuno vorrebbe vederlo. Come quel terremoto che colpì Tohoku, tale che colpì anche Kurihara e causò uno tsunami, ma darebbe accesso a qualcuno che scendesse dall'alto: così era la discesa di quel burrone infernale; e proprio all'inizio del dirupo era distesa la vergogna dell'America, che fu concepita da una vacca; e quando Lovecraftci vide, si morse come colui che è sopraffatto dall'ira.

Kunikida gridò verso di lui: «Forse credi che qui ci sia Francis, che nel mondo ti procurò la morte? Vattene via, bestia: infatti costui non viene seguendo le istruzioni di un americano capitalista, ma va a vedere le vostre pene».

Come il toro che si libera dai lacci nel momento in cui ha ricevuto il colpo mortale, e non riesce a camminare ma barcolla qua e là, così vidi che faceva il Minotauro; e Kunikida gridò: 

«Muoviti: è bene che tu scenda, mentre il mostro è in preda alla furia».

Così ci incamminammo giù per il dirupo di quelle pietre, che spesso si muovevano sotto i miei piedi per il peso cui non erano abituate.

Io ero esitante, e Kunikida disse: «Tu pensi forse a questa frana, che è sorvegliata da quel mostro adirato che or ora ho ammansito. Ora voglio che tu sappia che l'altra volta in cui discesi quaggiù nel basso Inferno, quella roccia non era ancora crollata. Certo però poco prima, se capisco bene, che venisse chiunque abbia tratto primo Cerchio gli spiriti dei patriarchi, l'Inferno tremò da ogni parte, così che pensai che l'Universo sentisse amore, per il quale alcuni credono che il mondo più volte si sia convertito in caos; e in quell'istante questa vecchia roccia, qui e altrove, crollò. Ma spingi lo sguardo a valle, poiché si avvicina il fiume di sangue nel quale bolle chi nuoce agli altri per violenza».

Oh cupidigia cieca e ira folle, che ci spingi così tanto nella nostra breve vita e poi in quella eterna ci immergi così atrocemente!

Io vidi un ampio fossato a forma semicircolare, poiché circonda tutta la zona piana, proprio come mi aveva detto Kunikida; e tra la base della roccia e il fossato correvano in fila degli uomini, armati di arco e frecce, proprio come erano soliti nel mondo andare a caccia. Vedendoci scendere, ciascuno di loro si fermò e dalla schiera ne uscirono tre, con gli archi e le frecce che prima avevano scelto; e uno gridò da lontano: «A quale pena venite? Ditecelo da lì, altrimenti scaglio una freccia».

Kunikida gli disse: «Ti daremo la risposta, forse, un giorno: il tuo desiderio fu sempre così impulsivo e a tuo danno».

Poi Kunikida mi prese per un braccio e disse: «Non so chi sia quello, ma Ranpo mi ha detto che morì per una donna e si vendicò da se stesso. E non so nemmeno chi sia quello lì che si guarda il petto, ma Dazai mi ha detto che fu precettore di Mori; l'altro non lo conosco, ma scommetto che fu pieno d'ira. Intorno al fiume vanno a migliaia, colpendo con frecce ogni anima che esca dal sangue più di quanto la sua colpa le ha assegnato».

Noi ci avvicinammo a quelle agili belve: una di loro prese una freccia e con la cocca spinse la barba indietro sulle mascelle.

Dopo essersi scoperto la grande bocca, disse ai compagni: «Vi siete accorti che quello dietro muove quello che tocca? I piedi dei morti, di solito, non fanno così». 

E Kunikida, che era già vicino al suo petto dove le due nature, umana e equina, sono unite, rispose: «Certo, Atsushi è vivo e io devo mostrare solo a lui la valle oscura; la necessità lo spinge qui, non il piacere. Una persona che lasciò il suo scanno in Paradiso mi affidò questo nuovo compito: lui non è un ladrone, né io un malfattore. Ma per quella potenza per cui io muovo i miei passi per un cammino così arduo, dacci uno dei tuoi centauri a cui possiamo stare vicini, perché ci mostri il punto in cui si guada il fiume e perché porti Atsushi sulla groppa, visto che lui non è uno spirito che può volare a mezz'aria».

La creatura a cui Kunikida stava parlando si voltò alla sua destra e disse all'altro: «Torna indietro, e guidali, e fa' spostare quelli che vi ostacolano».

Allora ci muovemmo seguendo quella guida fidata, lungo l'argine del fiume di sangue dove i dannati emettevano alte grida.

Io vidi anime immerse fino alle ciglia; e la grande creatura disse: «Sono tiranni, che offesero gli altri nella persona e negli averi. Qui ci si pente dei danni inferti spietatamente; qui ci sono Jouno Saigiku e il feroce Fukuchi che diede anni dolorosi al Giappone.

Allora mi rivolsi a Kunikida e lui disse: «Questi sia la tua prima guida, io sarò la seconda».

Poco dopo il centauro si fermò presso dei dannati che sembravano uscire dal sangue bollente fino alla gola.

Ci mostrò un'ombra isolata da un lato, dicendo: «Jouno Saigiku torturò tantissimi uomini, alcuni dei quali anche innocenti».

Poi vidi dannati che tenevano fuori dal fiume la testa e tutto il petto; e di questi ne riconobbi alquanti.

In quel punto il sangue diventava sempre più basso, così che cuoceva solo i piedi dei dannati; e noi guadammo il fiume da quella parte.

Poi mi disse: «Così come tu vedi, da questa parte, che il bulicame man mano si abbassa, voglio che tu creda che che dall'altra parte il fiume abbassa progressivamente il fondale, finché raggiunge il punto dove i tiranni gemono. Fukuzawa da quel lato punisce Verlaine, che fu flagello sulla Terra, e Rimbaud; e in eterno spreme fuori le sue lacrime». Poi si voltò e ripassò il fiume.

Come corpo morto cade || BSD x Divina CommediaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora