Decimo canto

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Ora Kunikida procede per un sentiero stretto, tra le mura della città e i luoghi di tormento, ed io lo seguo. 

«O Kunikida, uomo di altissima virtù» cominciai, «come tu vuoi, parlami, ed esaudisci i miei desideri. È possibile vedere le anime che giacciono nei sepolcri? Tutti i coperchi sono già sollevati, e nessuno gli fa la guardia». 

Ed egli a me: «Tutte le tombe saranno aperte quando le anime faranno ritorno qui dalla valle di Kamikochi, con i corpi che hanno lasciato lassù. Hanno il loro cimitero in questo luogo Bram Stoker e i suoi fan, che credono che l'anima muoia col corpo. Perciò la domanda che mi fai sarà soddisfatta tra poco qui dentro, e anche il desiderio di cui non hai parlato». 

Ed io: «Kunikida, tengo nascosto a te il mio desiderio solo per parlare poco, e tu stesso mi hai detto di fare ciò, e non solo adesso. Non parlo perché mi hai detto che altrimenti rompo le scatole». 

«Oh, anima di Yotsuya che te ne vai vivo per la città di Yokohama parlando così dignitosamente, ti faccia piacere fermarti in questo luogo. La tua pronuncia manifesta che sei nato in quella nobile patria per la quale forse io fui troppo dannoso».  Improvvisamente uscì questo suono da una delle tombe; perciò mi accostai, timoroso, un po' più a Kunikida. 

Ed egli mi disse: «Voltati! Che fai? Guarda là Tecchou Suehiro che s'è alzato in piedi: lo vedrai tutto dalla vita in su». 

Io avevo già fissato il mio sguardo nel suo; ed egli si ergeva con il petto e con la fronte come se nutrisse un grande disprezzo per l'Inferno. E le mani incoraggianti e sollecite di Kunikida mi spinsero tra i sepolcri verso Tecchou, dicendo: 

«Le tue parole siano convenienti». 

Appena arrivai ai piedi della sua tomba, mi guardò un po', e poi, quasi sprezzante, mi domandò:

 «Chi furono i tuoi antenati?». 

Io, che in realtà mi stavo cagando sotto e non cercai nemmeno di nasconderlo, glielo rivelai; al che egli sollevò un po' in su le sopracciglia; poi disse: 

«Fieramente furono miei avversari, dei miei antenati e della mia fazione, tanto che per due volte li cacciai». 

«Se essi furono cacciati, essi tornarono da ogni parte», gli risposi, «l'una e l'altra volta; ma i vostri antenati non impararono bene quell'arte». 

Allora si eresse dall'apertura scoperchiata della tomba un'anima, accanto a questa, visibile fino al mento: credo che si fosse alzata in ginocchio.

Guardò intorno a me, come se avesse voglia di vedere se qualcun altro fosse lì; e dopo che il suo sospetto cessò del tutto, disse piangendo: «Se per questo buio carcere ti aggiri in virtù del tuo elevato intelletto, mio figlio dov'è? E perché non è con te?». 

Ed io a lui: «Non vengo per mia volontà: Kunikida mi attende là, attraverso questo luogo mi guida verso colui che forse Steinbeck disdegnò.»

Le sue parole e il tipo di pena mi avevano già rivelato il nome di costei; per questo la mia risposta fu così completa. Alzatosi all'improvviso gridò: 

«Come? Hai detto "egli ebbe"? Non è egli ancora vivo? La dolce luce del sole non colpisce più i suoi occhi?».

Quando si accorse di un certo indugio che avevo nel rispondere, cadde nuovamente supino e più non apparve fuori. Ma quell'altro nobile spirito, al cui invito mi ero fermato, non cambiò espressione, né mosse il capo, né piegò il suo busto; e proseguendo il discorso di prima, disse:

«Se essi hanno imparato male quell'arte, ciò mi tormenta più di questo sepolcro. Ma non tornerà a risplendere cinquanta volte il volto dell'uomo che qui nell'Inferno regna, che tu saprai quanto quell'arte sia difficile. E possa tu tornare nel dolce mondo dei vivi, dimmi: perché il popolo di Kamikochi è così crudele con la mia famiglia in ciascuna delle sue leggi?»

E io a lui: «La strage e il grande massacro che colorò di rosso Kamikochi fa deliberare tali leggi nel nostro consiglio». 

Dopo che, sospirando, ebbe scosso la testa, disse: «A fare quella battaglia non fui il solo, né certamente mi sarei mosso con gli altri senza una ragione. Ma fui soltanto io, làdove fu proposto da ciascuno di distruggere Kamikochi, colui che la difese apertamente». 

«Deh, possa un giorno trovare pace la vostra discendenza», io lo pregai, «scioglietemi quel dubbio che in questo cerchio ha confuso il mio giudizio. Sembra che voi dannati vediate, se ben comprendo, in anticipo quello che il tempo porta con sé, mentre per il presente tenete un diverso comportamento». 

«Quando gli avvenimenti si avvicinano o accadono, la nostra conoscenza è vana; e se altri non ci informano, nulla sappiamo della vostra condizione umana. Perciò puoi comprendere che questa nostra conoscenza sarà annullata completamente nel momento in cui il futuro non ci sarà più». 

Allora, come colpito dal rimorso, dissi: «Ora direte dunque a colui che è ricaduto nel sepolcro che suo figlio è ancora tra i vivi; e se io, prima, esitai nella risposta, ditegli che lo feci perché già riflettevo sul dubbio che mi avete risolto».

E già Kunikida mi richiamava; perciò io pregai Tecchou di dirmi più in fretta chi stava con lui nel sepolcro. 

Mi disse: «Giaccio qui con moltissimi spiriti: qua dentro ci sono Hijikata Toshizou e il suo comandante; e taccio degli altri». 

Quindi si nascose nella tomba; ed io volsi i miei passi verso Kunikida, ripensando a quelle parole che mi sembravano ostili. 

Egli si avviò; e poi, camminando, mi disse: «Perché sei così turbato?». 

Ed io soddisfai la sua domanda. 

«La tua memoria conservi quel che ha udito contro di te», mi raccomandò lui. «E adesso sta' attento a questo», e alzò il dito: «quando sarai di fronte al dolce sguardo luminoso di colui i cui begli occhi vedono tutto, da lui conoscerai il corso della tua vita». 

Poi diresse i suoi passi verso sinistra: ci allontanammo dalle mura della città di Yokohama e andammo verso l'interno del Cerchi], per un sentiero che termina in una valle, che esalava fin lassù il suo puzzo sgradevole.


Come corpo morto cade || BSD x Divina CommediaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora