Quel pallore che la mia viltà mi colorò sul viso, vedendo la mia guida tornare sui suoi passi, indusse Kunikida a non farsi domande. Si fermò, tendendo l'orecchio per ascoltare; infatti non poteva spingere lontano lo sguardo, a causa dell'oscurità e della fitta nebbia.
Cominciò a dire: «Eppure è inevitabile che noi vinceremo la battaglia, a meno che... ci è stato promesso un valido aiuto. Oh, come vorrei che arrivasse qui subito!»
Io mi accorsi del fatto che cambiò discorso rispetto a quello che aveva iniziato. Nondimeno le sue parole crearono in me paura, perché io interpretavo la frase interrotta con un senso forse peggiore di quanto non avesse in realtà.
«È mai successo che un'anima del I Cerchio, la cui unica pena è non avere speranza di salvezza, sia scesa in fondo al basso Inferno?»
Io posi questa domanda a Kunikida, e lui rispose: «Accade raramente che qualcuno di noi compia questo stesso cammino. È vero, io sono sceso qui un'altra volta, ma solo perché non avevo nulla da fare e Dazai mi stava rompendo. Ero morto da poco tempo, quando Dazai iniziò a rompermi le scatole per la prima volta. Lui ora è nel punto più basso e oscuro dell'inferno, nonché il più lontano dal Paradiso: io so bene la strada, perciò sta' tranquillo. Questa palude che emana il gran puzzo cinge tutt'intorno la città di Yokohama, dove ormai non potremo entrare senza forzare la volontà dei demoni».
Aggiunse altro, ma non lo ricordo, poiché il mio sguardo fu attirato verso l'alta torre dalla cima arroventata, dove in un punto si erano affacciate le persone che avevo incontrato prima di entrare nell'Inferno, sporche di sangue. Erano sempre loro.
E Kunikida, che riconobbe subito le ancelle del re dell'Inferno, mi disse: «Guarda i tre feroci comandanti della Lucertola Nera. Questa a sinistra è Gin; quella che piange a destra è Tachihara; Hirotsu è al centro»
A quel punto tacque.
Ciascuna si squarciava il petto con le unghie; si battevano con le palme delle mani, e gridavano così forte che io, per paura, mi strinsi a Kunikida.
«Venga qui Mori, così lo trasformeremo in pietra!», dicevano tutte guardando in basso; «facemmo male a non uccidere questo novellino al fiume!»
«Voltati indietro e tieni gli occhi chiusi: infatti, se dovessero incazzarsi veramente, non avresti alcuna speranza di tornare sulla Terra».
Così disse Kunikida; ed egli stesso mi fece voltare, e non si accontentò che io mi mettessi le mani sugli occhi, ma aggiunse anche le sue. O voi che avete gli intelletti integri, osservate bene l'insegnamento che si cela sotto il velo dei miei versi misteriosi.
Già arrivava lungo le acque fangose dello Stige un gran frastuono, che faceva paura, per cui entrambe le sponde tremavano, proprio come un vento impetuoso che per le temperature contrarie colpisce la selva e senza alcun riguardo schianta, abbatte e trascina via i rami; procede superbo tra la polvere, facendo scappare belve e pastori.
Kunikida mi fece aprire gli occhi e disse: «Ora punta lo sguardo verso quel punto, dove il vapore è più fitto».
Come le rane fuggono tutte davanti alla biscia loro avversaria, finché ciascuna si ammucchia sulla terraferma, così io vidi più di mille anime di iracondi fuggire davanti ad uno vestito come un bambino morente durante l'epoca vittoriana, che attraversava lo Stige camminando, coi piedi asciutti.
Con la mano sinistra si copriva la bocca tutte le volte che tossiva e ciò sembrava il suo unico fastidio.
Capii subito che quello era un criminale di cui avevo visto delle foto il giorno prima e mi rivolsi a Kunikida; e lui mi fece cenno che stessi calmo e mi inchinassi al nuovo venuto. Oh, quanto mi sembrava pieno di disprezzo verso qualsiasi luogo e persona! Giunse alla porta di Yokohama e con l'aprì come se fosse un bastoncino, senza incontrare opposizione.
«Oh, Gin, Tachihara e Hirotsu» cominciò a dire sulla orribile soglia, «mi fareste la cortesia di stare zitti? Perché continuate ad urlare rabbiosi? A cosa vi serve, esattamente? Il nostro Chuuya, se ricordate bene, è diventato un alcolizzato per questo».
Poi tornò per il cammino fangoso, senza rivolgerci la parola, ma diede l'impressione di qualcuno che abbia ben altre preoccupazioni rispetto a ciò che ha di fronte; e noi ci muovemmo verso la terra. Mi sentii un po' rassicurato, visto che pensavo mi avrebbe strappato la gamba.
Entrammo nella città senza ulteriori ostacoli; e io, che avevo desiderio di guardare la condizione delle anime chiuse in quella fortezza, come fui dentro volsi qua e là lo sguardo; e vidi tutt'intorno una grande spianata, piena di orribili dolori e tormenti. Proprio come nell'orfanotrofio in cui stavo. Notai anche delle tombe su cui erano sparse delle fiamme, che li arroventavano in modo tale che nessun lavoro artigianale richiede ferro più caldo. Tutti i coperchi erano aperti e puntellati, e ne uscivano lamenti così miseri che parevano proprio di anime dannate.
E io: «Kunikida, chi sono quelle anime che, sepolte dentro quelle tombe, si fanno sentire coi dolenti sospiri?»
E lui a me: «Qui ci sono gli eresiarchi coi loro seguaci d'ogni setta, e le tombe sono ricolme assai più di quanto non credi. Qui ogni eretico è sepolto col suo simile e le tombe sono più o meno calde». E dopo che si fu rivolto verso destra, ci incamminammo tra le tombe e gli alti spalti.
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Come corpo morto cade || BSD x Divina Commedia
HumorNel mezzo del cammin di sua vita, Atsushi si ritrovò per una selva oscura ove la retta via era smarrita. Questo è il crossover che tutti noi volevamo vedere, non prendiamoci in giro.