ventitreesimo canto

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Silenziosi e soli, senza altri insieme a noi, andavamo uno dietro l'altro, come due sfigati all'uscita da scuola. Io, riguardo alla rissa cui avevamo assistito, pensavo alla famosa lotta tra Goku e Saitama di cui la gente continua a parlare; infatti i due episodi sono assai simili.

E come da un pensiero ne nasce all'improvviso un altro, così da quello mi venne un altro pensiero che raddoppiò la prima paura.

Io pensavo così: '"I diavoli a causa nostra sono stati scherniti con la beffa oltre che il danno, e credo che questo dia loro molto fastidio. Se l'ira si aggiunge alla malvagità, essi ci verranno dietro più crudeli del cane contro la lepre che vuole azzannare".

Ormai mi sentivo rizzare tutti i peli dalla paura e mi voltavo indietro con ansia, quando dissi: «Kunikida, se non ci nascondiamo entrambi in fretta, ho paura dei membri della guild. Li abbiamo già alle costole; me li immagino al punto che già li sento».

E lui: «Se io fossi uno specchio, ti direi che io sono il migliore e che grazie ai miei muscoli riuscirei a raggiungere la cima del mondo*. Proprio ora i tuoi pensieri raggiungevano i miei, con lo stesso atteggiamento e aspetto, così che ho maturato con entrambi una sola decisione. Se la sponda di destra è meno ripida, così da permetterci di scendere nell'altra Bolgia, noi sfuggiremo alla caccia che tu immagini».

Non ebbe il tempo di completare il ragionamento, perché io vidi i membri della guild venire ad ali spiegate non molto lontano, per catturarci. Kunikida mi afferrò prontamente, come la madre che è svegliata all'improvviso dal rumore e vede il fuoco vicino a sé, e prende il figlioletto e scappa senza fermarsi, preoccupandosi più di lui che di se stessa, anche se indossa solo una camicia. Ma sto davvero paragonando Kunikida a mia madre? Ma mia madre non faceva nemmeno così!

Kunikida si lasciò cadere supino dalla sommità dell'argine lungo il pendio della roccia che chiude la Bolgia da uno dei due lati. L'acqua non corse mai tanto velocemente lungo un condotto per muovere la ruota di un mulino di terra, quando essa è più vicina alle pale, come Kunikida scese lungo quell'argine, portando me sopra il suo petto come se io fossi suo figlio, non un compagno. Aspetta. Da quando mi considero il figlio di Kunikida? Non ha senso. Voglio morire.

Non appena i suoi piedi ebbero toccato il fondo della Bolgia, i diavoli giunsero sull'argine sopra di noi, ma a quel punto non c'era più ragione di temere; infatti l'alta provvidenza, ponendoli come custodi della quinta Bolgia, vietò loro di allontanarsi da essa.

Laggiù trovammo dei dannati che andavano in tondo con passi lentissimi, piangendo e con aspetto stanco e prostrato. Avevano cappe con bassi cappucci davanti agli occhi. All'esterno sono dorate, al punto di abbagliare; ma dentro sono tutte di piombo.

O manto gravoso per l'eternità! Noi ci rivolgemmo ancora a sinistra insieme a loro, attenti al loro pianto angoscioso; ma quella gente a causa del peso procedeva tanto lentamente che noi finivamo sempre per superarli.

Allora dissi a Kunikida: «Cerca di trovare qualcuno che sia noto per le gesta o per il nome, e mentre camminiamo volgi intorno lo sguardo».

E un dannato, che mi sentì parlare, gridò alle nostre spalle: «Fermate il passo, biondino e tu con i capelli bianchi e con l'acconciatura orribile! Forse tu avrai da me quello che chiedi».

Allora Kunikida si voltò e disse: «Aspettalo e poi procedi adeguando il tuo passo al suo».

Io mi fermai e vidi un dannato che con lo sguardo mostrava una gran fretta di raggiungermi, ma il peso delle cappe e la via stretta lo ostacolava. Quando ci raggiunse, mi guardò a lungo con lo sguardo obliquo, senza parlare; poi si rivolse a me e mi disse:

«Tu sembri vivo per come muove la gola; e se invece sei morto, quale privilegio tu consente di non indossare il pesante mantello?»

Poi mi disse: «O uomo nato a Tokyo, che sei venuto nella compagnia dei tristi ipocriti, non disdegnare di dirmi chi sei».

E io a lui: «Sono nato nella prefettura di Tokyo, ma sono cresciuto in quella di Saitama, e ho ancora il mio corpo mortale. Ma chi sei tu, che un grave dolore opprime e spinge a versare lacrime lungo le guance? e qual è questa tua pena che scintilla in tal modo?»

E lui rispose: «Le cappe lucide sono fatte di piombo e sono tanto spesse che il peso fa cigolare nello stesso modo le bilance. Fui un soldato, e sono nato a Nagasaki; io mi chiamo Fukuchi, e sono stato chiamato a Yokohama per assicurare la pace; e comportai in modo tale che il fandom è ancora molto diviso su di me. Non sanno se amarmi o odiarmi **».

Io cominciai a dire: «Fukuchi, un po' te lo sei meritato...»; ma non dissi altro, perché il mio sguardo fu attirato da una dannata, crocifissa a terra e legata a tre pali.

Quando quella mi vide, si contorse tutta soffiando e sospirando ; e Fukuchi, che se ne accorse, mi disse: «Quella dannata crocifissa che osservi decise che fosse meglio seguire la mia guida, piuttosto che la giustizia. Era pronta a sacrificare l'umanità intera per me. È posta nuda di traverso alla via, come vedi, ed è necessario che senta quanto pesa chiunque gli passi sopra, prima che sia arrivato dall'altra parte>>***.

Allora io vidi Kunikida meravigliarsi sopra colei che era crocifissa a terra in modo tanto misero nella sua eterna dannazione.

Poi si rivolse così al terrori- a Fukuchi, scusate: «Senti, pezzo di merda, dicci se a destra c'è un qualche passaggio da cui noi due possiamo uscire dalla Bolgia, senza obbligare qualcuno di quei capitalisti americani a venire fin quaggiù a portarci via».

Allora rispose: «Più vicino di quanto speri c'è un ordine di ponti che parte dal cerchio esterno e sovrasta tutti i crudeli fossati, salvo che su questa Bolgia è crollato e non la sovrasta: potrete arrampicarvi sulla rovina di rocce che giace sulla parete e si ammucchia sul fondo».

Kunikida rimase un poco con la testa bassa, poi disse: «Quei bastardi della guild mi hanno mentito».

E il terro- Fukuchi, scusate di nuovo: «Io ho già sentito dire che i capitalisti hanno molti vizi, compreso essere bugiardi e padri di menzogna».

Dopodiché Kunikida se ne andò a grandi passi, un poco turbato dalla collera nel suo aspetto; allora io mi separai dai dannati gravati dal peso e seguii i cari passi di Kunikida.

...
*Se io fossi uno specchio, ti direi che io sono il migliore e che grazie ai miei muscoli riuscirei a raggiungere la cima del mondo: è un riferimento alla seconda sigla di mashle, che nel ritornello recita proprio così!

**In realtà in questo canto ci sarebbero tre dannati (Catalano, Loderingo e Caifas), ma ho deciso di metterne solamente due. Fukuchi ricopre i ruoli di Catalano e Loderingo, che governarono Firenze come due magistrati, ma il loro governo non fu per niente lodevole.

***Il dannato è Caifas, sacerdote dei Farisei che ordinò la crocifissione di Gesù. Qui, invece, è Teruko.

Come corpo morto cade || BSD x Divina CommediaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora