ventiduesimo canto

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Io ho visto in altre occasioni delle persone in moto, per andare o tornare da qualche parte, fare quello stesso rumore; all'orfanotrofio ho visto dei film con uomini che andavano a cavallo, partendo per una battaglia o battendo in ritirata; li ho visti obbedire a squilli di tromba, a campane, a tamburi e a segnali dai castelli, con strumenti nostrani e stranieri; ma non ho mai visto qualcuno muoversi al suono di una scorreggia. Quante cose che si vedono qui all'Inferno. Quante cose che non avrei mai voluto vedere.

Noi camminavamo coi dieci diavoli capitalisti: feroce compagnia, ahimè, ma mi dovevo attaccare al tram.

Io guardavo solo la pece, per vedere tutto quanto era contenuto nella Bolgia e la gente che vi era bruciata all'interno. Come i delfini, quando emergono con la schiena e indicano ai marinai che devono salvare la loro nave da una tempesta, così talvolta, per alleviare la loro pena, alcuni peccatori mostravano il dorso fuori della pece, e si nascondevano in men che non si dica. E come i ranocchi stanno a pelo d'acqua in un fosso, col muso fuori e celando le zampe e il resto del corpo, così stavano i peccatori da ogni parte; ma non appena si avvicinava Mark Twain, tornavano sotto la pece bollente.

Io vidi, e ancora ne provo orrore in cuore, un dannato che esitava, proprio come quando una rana resta fuor d'acqua e un'altra si immerge; e Hawthorne, che gli era proprio di fronte, afferrò con l'uncino i suoi capelli imbrattati di pece e lo tirò su come se fosse una lontra. Io conoscevo il nome di tutti quanti i demoni, perché li notai quando furono scelti e prestai attenzione quando si chiamavano l'un l'altro.

I maledetti gridavano a una voce: «O Hawthorne, mettigli gli artigli addosso e scuoialo!»

E io: «Kunikida, se puoi, fa' in modo che io sappia chi è lo sventurato che è caduto nelle mani dei suoi avversari».

Kunikida gli si avvicinò e chiese chi fosse. E quello rispose: «Io nacqui nella prefettura di Gunma. Lavorai come bibliotecario a Tokyo, dopo che mio padre fu coinvolto in una protesta molto importante. Poi tutta la mia famiglia si trasferì a Tokyo, e io iniziai un corso di poesia sotto la guida di Matsuura Tatsuo».*

E Lovecraft, a cui usciva da ogni lato della bocca una zanna come a un cinghiale, gli fece sentire come una sola lacerava le carni.

Il topo era finito tra le grinfie di gatte malvagie; ma Louisa lo protesse con le braccia, dicendo: «State lontani, mentre lo infilzo».

E poi lei si rivolse a Kunikida, dicendogli: «Domandagli ancora, se desideri sapere altro di lui, prima che qualcuno lo faccia a pezzi».

Allora Kunikida: «Dimmi: sai se tra gli altri dannati sotto la pece ci siano dei giapponesi?»
E quello: «Io mi separai poco fa da Michiyo Okada, che fu una mia ammiratrice. Fossi ancora insieme a lei coperto dalla pece, ora non avrei paura degli artigli né degli uncini di questi demoni!»

E Lovecraft disse: «Abbiamo pazientato troppo»; e gli prese il braccio con l'uncino, cosicché gli portò via un brandello di carne.

Anche Hawthorne volle ferirlo alle gambe, ma il loro capo rivolse a tutti loro un'occhiata severa. Quando essi si furono placati un poco, Kunikida chiese subito al dannato, che ancora guardava la sua ferita:

«Chi fu colei dal quale dici che ti sei malamente separato per venire a riva?» E lui rispose: «Come ho detto, fu una mia ammiratrice, ricettacolo di ogni imbroglio, che ebbe l'idea di farmi innamorare di lei, semplicemente per usarmi per i miei soldi. Prese danari e si liberò di me facilmente, così come racconta; fu una barattatrice non mediocre, ma sopraffine. È solita stare con altre donne che hanno fatto la sua stessa cosa. Ahimè, vedete quel diavolo che digrigna i denti: io direi altro, ma temo che quello sia pronto a procurarmi sofferenze».

E Mark Twain, rivolto a Lovecraft che stralunava gli occhi per colpire, disse: «Fratm Lovecraft, fatti in là!»

Poi il dannato, spaurito, ricominciò: «Se voi volete vedere o sentire dei dannati giapponesi, io li farò venire qui; ma i membri della guild stiano un poco indietro, così che i dannati non temano le loro rappresaglie; e io, stando in questo punto in disparte, in cambio di uno solo come me, ne farò emergere sette fischiando, come siamo soliti fare quando qualcuno di noi affiora dalla pece».

A quelle parole Louisa alzò il muso, scrollando la testa, e disse: «Senti che inganno ha escogitato per gettarsi sotto la pece!»

Allora il dannato, che conosceva ogni astuzia per imbrogliare, rispose: «Sarei davvero troppo malizioso se procurassi ai miei compagni di pena nuovi tormenti».

Mark Twain non si trattenne e di contro agli altri disse al dannato: «Se tu ti tufferai, non ti inseguirò a piedi ma volando sulla pece. Lasciategli il collo e ripariamoci dietro l'argine, così vedremo se tu da solo vali più di tutti noi».

Non so perché, ma in questo punto penso di dovermi rivolgere ai miei lettori. Se ce ne sono, intende. Lo so, sto diventando pazzo a pensare che qualcuno possa davvero leggere questa cosa. Ma cosa dico "leggere"? Sarebbe più appropriato dire "studiare". Non recupererò mai la mia salute mentale. Ad ogni modo, ecco cosa successe: ogni diavolo rivolse lo sguardo all'argine opposto, a cominciare da Louisa.

Il dannato colse prontamente l'occasione; puntò i piedi sulla roccia e in un istante saltò e si divincolò dal loro capo.

Ognuno di loro si sentì colpevole della cosa, ma soprattutto quel Mark; quindi si mosse e gridò al dannato: «Ti ho preso!»

Ma non gli servì a molto, poiché le ali non furono più rapide della paura del barattiere: quello si immerse e il demone si impennò volando in alto e sollevando il petto:

proprio come fa l'anitra di colpo, quando il falcone si avvicina e lei si tuffa in acqua, così che il rapace torna in alto stizzito e stanco.

Louisa, infuriata per la beffa, lo inseguì volando e desiderò che il dannato scappasse per azzuffarsi col compagno; e non appena il barattiere fu scomparso, rivolse gli artigli contro Mark e lo ghermì proprio sopra il fossato.

Ma l'altro fu pronto a difendersi come uno sparviero adulto e ad artigliarlo a sua volta, ed entrambi caddero in mezzo al bollente stagno di pece.

Il caldo li fece subito dividere, ma sollevarsi in volo era impossibile, tanto avevano le ali imbrattate di pece.

Hawthorne, avvilito insieme agli altri, ne fece volare quattro sull'altro argine con tutti gli uncini, e quelli scesero rapidamente da un lato e dall'altro nei punti loro assegnati; porsero gli uncini ai due compagni impegolati, che erano già cotti sotto la superficie vischiosa della pece; e noi li lasciammo lì in quell'impaccio.

...
*Nella Divina Commedia il nome del dannato è Ciampolo di Navarra, ma il suo nome non viene fatto per tutto il capitolo. Ho pensato di usare Katai per parodizzarlo in questo libro.

Come corpo morto cade || BSD x Divina CommediaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora