venticinquesimo canto

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Quand'ebbe finito di parlare, la ladra alzò entrambe le mani col pollice tra l'indice e il medio, gridando: «Prendi, Fukuzawa, poiché le rivolgo a te! Sembra che io ti abbia preso il naso, ma non è così! Questo è un gesto offensivo, a quanto pare, quindi lo rivolgo a te!»

Da quel momento le serpi mi furono amiche, perché una gli si attorcigliò al collo come a dire: "Non voglio che tu dica altro"; e un'altra lo legò attorno alle braccia, annodandosi strettamente davanti, al punto che non poteva fare un solo movimento.

Ahimè, Mersault, perché non stabilisci di incenerirti così da non durare più oltre, dal momento che superi con le tue malefatte i tuoi progenitori? In tutti i Cerchi oscuri dell'Inferno non vidi mai uno spirito tanto superbo contro Fukuzawa.

Quella ladra fuggì via senza dire altro; e io vidi un centauro pieno d'ira, che lo chiamava: «Dov'è, dov'è quell'empia?»

Kunikida disse: «Quel centauro commise molti omicidi. Non è insieme agli altri centauri suoi fratelli per il furto che compì fraudolento ai danni della grande mandria che aveva vicina; quindi, venne punito e morì».

Mentre Kunikida parlava così e il centauro si allontanava, tre spiriti vennero sotto di noi e nessuno di noi due se ne accorse, se non quando gridarono: «Voi chi siete?»; allora smettemmo di parlare e prestammo loro attenzione.

Io non li riconobbi; ma poi accadde, come suole accadere per caso, che uno nominò un altro, dicendo: «Yosano dove sarà rimasta?»; allora io mi misi l'indice dritto dal mento al naso, per indurre Kunikida a stare in silenzio e attento. Non so con quale coraggio, ma lo feci.

Se adesso, lettore, tu sarai restio a credere ciò che ti dirò, non dovrai stupirtene, dal momento che io stesso credo a stento a quello che vidi coi miei occhi. Mentre io li guardavo attentamente, un serpente a sei piedi assalì uno di loro e si aggrappò tutto al dannato. Coi piedi di mezzo gli si attaccò al ventre, con gli anteriori afferrò le braccia; poi gli morse entrambe le guance; distese i piedi posteriori sulle cosce e mise la coda in mezzo a entrambe, stendendola in alto lungo la schiena.

L'edera non si abbarbicò mai ad un albero come l'orribile serpente era avviticchiato alle membra del dannato. Poi si incollarono l'uno all'altro, come se fossero stati di cera fusa, e mischiarono il loro colore, per cui nessuno dei due sembrava più quello che era prima: come quando si dà fuoco a una carta bianca, davanti alla fiamma avanza verso l'alto un colore bruno che non è più bianco e non è ancora nero.

Gli altri due guardavano e ognuno gridava: «Ahimè, come ti trasformi! Vedi che non sei più un solo individuo, e non ancora due».

Ormai le due teste erano diventate una sola, quando ci apparvero le due figure mescolate in una faccia, dove i due aspetti si erano fusi insieme. Le quattro membra si fecero due sole braccia; le cosce, le gambe, il ventre e il petto diventarono membra che non si sono mai viste. Ogni aspetto iniziale era ormai cancellato: l'orribile immagine sembrava due e nessuno; e quell'essere si allontanò a passi lenti. Come il ramarro, cambiando siepe sotto il sole estivo, sembra un fulmine quando attraversa la via, così sembrava un serpentello acceso d'ira che veniva verso il ventre degli altri due, livido e nero come un granello di pepe;.ed esso morse uno dei due in quella parte (ombelico) da dove assumiamo il nostro primo alimento; poi il serpente cadde disteso a terra davanti a lui.

Il dannato, morso, lo osservò senza dire nulla; anzi, tenendo i piedi fermi sbadigliava come se fosse colpito dal sonno o dalla febbre. Egli guardava il serpente e quello guardava lui; entrambi emettevano fumo, il dannato dalla piaga e il serpente dalla bocca, e il fumo si mescolava.
I due esseri si trasformarono contemporaneamente in tal modo, che il serpente divise la coda in due, e l'uomo unì fra loro i piedi.

Le gambe e le cosce si unirono in tal modo, che dopo poco tempo non vi era più alcun segno di giuntura tra le due. La coda divisa in due prendeva la forma che l'uomo perdeva, e la sua pelle si ammorbidiva mentre quella dell'uomo si induriva. Io vidi l'uomo che ritraeva le braccia nelle ascelle, e le due zampe dell'animale, che erano corte, allungarsi tanto quanto le braccia si accorciavano.

Poi le zampe posteriori del serpente, attorcigliate assieme, divennero il membro che l'uomo nasconde, mentre il dannato aveva il suo diviso in due. Mentre il fumo copriva entrambi con un nuovo colore, generando pelo su uno dei due e levandolo all'altro, uno dei due si alzò e l'altro cadde a terra, senza però che entrambi smettessero di fissarsi con gli occhi maligni sotto i quali ognuno cambiava il proprio muso.

L'essere in piedi ritirò il muso verso le tempie, e della materia in sovrappiù uscirono due orecchie sulle gote che non le avevano; ciò che non ritrasse di quella materia in eccesso formò naso e labbra in quella faccia e si ingrandì tanto quanto era necessario. L'essere a terra sporse in avanti il muso e ritirò le orecchie nella testa, come la lumaca ritira le corna; e la lingua, che prima aveva unita e pronta a parlare, si divise in due, mentre quella biforcuta dell'altro si chiuse; il fumo cessò. L'anima che era divenuta serpente fuggì via per la Bolgia sibilando, mentre l'altro lo seguì parlando e sputando.

Poi gli rivolse le spalle appena formate e disse all'altro: «Voglio che Buoso corra carponi per questo luogo, come ho fatto io».

Così vidi i ladri della settima Bolgia cambiare e trasformarsi; e qui chiedo scusa se la mia penna abbozza un poco, a causa della assoluta novità.

E anche se i miei occhi erano alquanto confusi e il mio animo smarrito, quei dannati non poterono fuggire via di nascosto senza che io riconoscessi Motojiro Kajii; ed era il solo a non essersi trasformato dei tre compagni che prima era venuti lì. Che strano però, era davvero l'unico che si meritava una pena però. Che ingiustizia.

Come corpo morto cade || BSD x Divina CommediaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora