Capitolo 15 - Rabbia

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"Trattenere la rabbia è come trattenere un carbone ardente con l'intento di gettarlo a qualcun altro : sei tu quello che si scotta" Buddha

Joel

Cerchi disperatamente di dosare la rabbia che cresce dentro di te con la stessa furia del mare in tempesta. Le parole di Damiani, così false ma così dannatamente giuste, ti rimbombano nelle orecchie, cullano la tua mente e circondano ogni pensiero.

Quando hai compreso i suoi discorsi e hai spostato il tuo sguardo incredulo su tuo zio Carlo, i suoi occhi colpevoli ti hanno pugnalato alla schiena come un enorme fendente. L'associazione mentale tra la filiale di Roma e Amalia, è arrivata dopo qualche minuto costringendoti a inspirare l'aria con respiri profondi, spingendola sempre più in basso nel tuo diaframma.

Potresti utilizzare qualche trucchetto sulla respirazione per riuscire a calmare profondamente il tuo essere, se solo nei meandri della tua memoria ci fosse ancora qualche frammento ricavato dalle lezioni di yoga, che tua madre ti ha spinto a frequentare qualche anno fa.

Ma non c'è rimasto niente e il panico e la rabbia dilagano ormai, nella tua testa.

Tutto il resto del discorso, tutta l'organizzazione e il prestigio dietro quel trasferimento, non ti interessano minimamente anche se quei due energumeni incravattati cercano disperatamente di farti comprendere, di farti emozionare. Poveri illusi. Le loro parole scivolano via come un rivolo d'acqua fra le mani, lasciandoti inerme e fermo in mezzo a quel cortile con l'erbetta verde che ti solletica le caviglie.

Adesso state camminando da svariati minuti o forse di più, chi li sta contando? Chi ha un orologio? Non ti ricordi nemmeno più se hai preso il cellulare.

Cammini velocemente, tastando ogni pezzo di asfalto sconnesso sotto le suole leggere delle tue Superga blu elettrico. La voce di Amalia ti arriva dalle spalle completamente ovattata, a tratti sconnessa, ma piuttosto fastidiosa.

Perché ti sta seguendo? Perché non può lasciarti solo a riflettere su ciò che hai appreso? Perché si disturba a raggiungerti, quando non voleva nemmeno farti sapere la verità?

«Joel ti prego fermati! dobbiamo parlare!»

Parlare? Vuole parlare ADESSO?

«Amalia, fatti una delle tue belle passeggiate, è meglio!»

Il tono duro e rauco che è uscito dalla tua gola stenti a riconoscerlo.

In quel momento, mentre la ragazza sembra aver bloccato i suoi passi, le parole che tua madre ti diceva quando eri piccolo, si installano dentro di te, sono marchiate a fuoco sulla tua anima. I suoi avvertimenti sulla tua rabbia ti rimbalzano nelle orecchie a intervalli regolari come il ticchettio di un orologio.

«Joel, per favore, posso sapere dove stai andando?»

La senti che ansima, prendendo fiato e proprio all'improvviso rantolo ti fa abbastanza paura da spingerti a fermarti e correre verso di lei. Le metti una mano sulla schiena e la osservi mentre si piega sulle ginocchia, sporgendosi in avanti.

«Tutto bene?»

«Si sono solo un po' affaticata, non preoccuparti..»

E mentre lei ti guarda nel profondo degli occhi, attraversando quella distesa di rabbia che in un attimo brucia nella tua anima, si dissolve, lasciando dietro di sé nuovamente quella scia di calore che ti tiene

ancorato a quella ragazza.

Lei sembra percepire i tuoi pensieri, si avvicina di più a te, struscia il suo corpo al tuo con la speranza di rabbonirti, ma tu non vuoi rabbonirti, non hai bisogno che lei faccia sciogliere la matassa di tensione da cui è braccato il tuo corpo. Vorresti solo svegliarti, comprendere che sia tutto un incubo. E invece no, la delusione continua, si alimenta con le tue paure e i tuoi sogni infranti.

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