Capitolo 2

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Se c'è una cosa che non ho mai imparato a fare, è ricordarmi di accendere la sveglia prima di andare a letto, e sono sicura che non succederà di certo ora.

È il primo giorno di scuola del mio ultimo anno di superiori e alle 7:45 mi ritrovo a girare per la camera in cerca della mia divisa scolastica.

«Ero sicura di averla messa sulla scrivania»esclamo ad alta voce, passandomi una mano tra i capelli castani ancora sparpagliati.

Mi guardo attorno e intravedo quella scomoda gonna scozzese sulla sedia, sotto gli altri vestiti.
Sopra ad essa c'è anche la camicia bianca a maniche corte e mi cambio velocemente prima di andare in bagno per terminare -iniziare direi- di prepararmi.
Rapidamente esco dal bagno e afferro lo zaino nero donatomi dalla scuola. Scendo in cucina e agguanto una mela al volo facendo un cenno a Sophie, mia madre, che sta lavando le stoviglie.

«Ciao»urlo uscendo di casa e mi chiudo la porta alle spalle, correndo verso la fermata dell'autobus.

Lo vedo arrivare dopo un paio di minuti e mi lamento mentalmente quando noto che è pieno, almeno non sono l'unica ritardataria, mi consolo, cercando di stare in equilibrio.

Intreccio i capelli e sistemo la frangetta, facendo in modo di essere quanto meno presentabile. Apro lo zaino in cerca delle cuffie e impreco quando non le trovo, segno che le ho dimenticate a casa, ovviamente.
Guardo l'orario sul telefono e noto che la campana è suonata da un paio di minuti.

Scendo alla mia fermata e a passo di marcia mi dirigo verso la Sydney High School, hanno molta fantasia in fatto di nomi, già.
Saluto velocemente alcuni addetti alle pulizie, e il custode all'entrata, che ridacchiano vedendomi in ritardo.

«Non è cambiato nulla eh, Ginger?!»mi giro verso Wanda, la bidella, mentre continuo a camminare.

«Certe cose non cambiano mai»rispondo prima girare qualche corridoio fino all'aula 13.
Scienze alla prima ora, meglio di così si muore. Prendo un respiro profondo e busso, entrando appena ricevo il permesso.

«Mi scusi per il ritardo»guardo con aria modificata l'insegnante, mentre gli sguardi dei miei nuovi compagni di classe bruciano sul mio corpo.

«Mi scusi, lei è...?» chiede il professore.

«Ginger Gilbert.»

Il signor Martin, nome che ho visto sull'orario scolastico guardato per la prima volta ieri sera, sposta lo sguardo sull'elenco della classe, scorrendo i nomi finché non trova il mio.

«Gilbert, eccola qui. Come mai è in ritardo?»

«Non è suonata la sveglia e ho dovuto fare le corse» rispondo increspando le labbra e sistemando lo zaino su una sola spalla.

«Non preoccuparti, oggi è il primo giorno e posso chiudere un occhio» sorride l'uomo.
Allora può chiudere entrambi gli occhi già dalla prossima volta, perché non arrivo mai in orario, penso mentre lui fa un gesto con la mano. «Accomodati pure.» mi invita e dopo aver dato una veloce occhiata all'aula noto un solo banco vuoto, affianco ad un ragazzo dove si notano più i ricci capelli di un biondo scuro, che il viso.

Il professore torna a parlare, rincominciando da dove lo avevo interrotto, ma non ci faccio tanto caso, dicono sempre le stesse cose.

«È libero questo posto?» chiedo al ragazzo che alza lo sguardo.

Lo vedo lanciare una rapida occhiata alla classe e rendendosi probabilmente conto che tutti gli altri posti sono occupati, risponde con un «Ehm, sì, certo»

Appoggio poco elegantemente la cartella a terra e mi lascio cadere sulla sedia, sporgendosi verso il banco per poter appoggiare la testa tra le mani. Sarà una lunga giornata, penso trattenendo uno sbuffo.

«Come ti chiami?»chiedo tornando con la schiena appoggiata allo schienale, e incrocio le braccia al petto.

«Ashton»si mangiucchia le cuticole e sembra trattenersi dal dire qualcosa.

«Solo Ashton?»

«Irwin e dovrei seguire la lezione»mi rimprovera quasi. Simpatico, penso ironicamente. Le unghie mangiucchiate tinte di nero, sono più interessanti del solito discorso d'inizio che ogni professore è -praticamente- obbligato a fare.

Il caldo in aula è opprimente nonostante le finestre siano aperte, ma i raggi del sole invadono la classe, rendendola più calda. Mi guardo attorno, alcuni parlano, altri prendono appunti e altri ancora giocano al telefono. Candy Crush Saga conquisterà il mondo se continuano a giocarci. Il mio compagno di banco sembra perso nei suoi pensieri, ma non ancora per molto.

«Ashton»lo chiamo a bassa voce, e lo vedo digrignare i denti. Che persona amabile.

«Dimmi»

«Sai che ore sono?»gli chiedo
ricevendo un "No" in tutta risposta.

«Ashton»lo richiamo dopo qualche minuto, solo per dargli fastidio, e ripeto il suo nome un paio di volte, fino a quando non gira la testa verso di me.

«Si può sapere cosa vuoi?!»sbotta a bassa voce.

«Come stai?»mi mordo il labbro inferiore, trattenendo una risata.

«Mi stai innervosendo»fa una pausa di qualche secondo prima di continuare «Abbottonati la camicia» abbasso lo sguardo notando tutti i bottoni chiusi, eccetto uno, il primo.

«E perché dovrei?»lo sfido ma lui continua a fissarmi, mettendomi inquietudine, e costringendomi così ad abbottonare anche l'ultimo bottone.
Distoglie lo sguardo solo qualche secondo dopo e io ne approfitto per sbottonarlo nuovamente, ricevendo uno sbuffo esausto da parte sua.

Se a lui piace l'ordine, non significa che questo piaccia a tutti.

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Come ho già detto, la storia è un collaborazione con nworgtuo (trama di mychemicalnirvana ) e abbiamo deciso di dividerci i capitoli:lei scrive quando è Ashton a raccontare, io con Ginger.

O.C.D. || Ashton Irwin #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora