Capitolo 21

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Dimenticavo quanto sia bello stare a casa senza fare assolutamente nulla. È piuttosto rilassante, e adesso come adesso non vorrei fare altro.

È stata davvero una giornata orribile, da quanto non mi succedeva? Da poco meno di una settimana? Probabilmente sì.

Non mi capisco da solo, davvero: devo essere stato molto stupido per aver dato corda a Ginger, anche dopo aver visto come si è comportata con me fino a qualche giorno fa. Non mi era bastato, forse?

Il fatto è che davvero avevo pensato che le importasse fare amicizia con me, ma a quanto pare non è stato così. Se davvero ci teneva, avrebbe potuto chiedermi perché me ne fossi andato anziché respingermi, una volta in classe. Anche se, sì, penso che abbia avuto i suoi motivi.

Si sarà stancata di me, e a questo punto non credo che venga più a cercarmi, per qualsiasi motivo. In fondo non la biasimo, nemmeno io mi sopporto, figuriamoci se può farlo lei.

Sbuffo pesantemente: rimuginarci sopra non aiuterà di sicuro. Ormai è andata, ed meglio così. Prendo il telecomando e cambio canale, le televendite su Mtv sono l'ultima cosa che vorrei vedere, magari con un po' di zapping riesco a trovare qualcosa di più intrigante di un mucchio di pentole.

Capito su un canale tematico dove stanno parlando di malattie. Arriccio il naso, in genere non guardo questo tipo di programmi ma la cosa mi incuriosisce. Viene inquadrato un ragazzino paffutello con i capelli neri, avrà sì e no quindici anni. Sembra molto timido e da quel che ho capito ha un qualche problema al fegato.

«Ho dovuto fare alcuni esami per poter arrivare ad una prima diagnosi, quindi il dottore mi ha suggerito di fare il test del digiuno, e praticamente per un giorno intero ho dovuto mangiare pochissimo.»

La parola passa a quella che penso sia madre del ragazzino, non tanto per la somiglianza. «Alla fine della giornata, il dottor Buckley ha controllato i valori di Joel ed è stato in grado di escludere qualsiasi possibilità che potesse avere il morbo di Gilbert.»

«Oh, sul serio?! Pure voi vi ci mettete adesso!» esclamo, ora decisamente più urtato. Prendo il telecomando e spengo immediatamente la tv. Questo è il colmo!

Sbuffo ancora, distendendomi sul divano. Nemmeno guardare la televisione sarà di aiuto.

Guardo l'ora sul cellulare: sono quasi le 18. Mia madre è uscita per andare dal meccanico quasi un'ora fa, non ricordo per quale motivo, ma in ogni caso penso che ora stia tornando.

Mi alzo nonappena sento lo stomaco brontolare. Vado in cucina e apro il frigorifero, in cerca di qualcosa da mangiare - e per stare un po' davanti all'aria fresca che esce dal frigo.

Sto per afferrare un barattolino di yogurt quando qualcuno suona il campanello. Che tempismo, davvero. Hanno avuto un intero pomeriggio e devono venire a disturbare proprio adesso che ho preso in mano lo yogurt. Forse potrei far finta niente, se non fosse che chi sta dall'altra parte dell'uscio insiste.

Non stavamo aspettando nessuno, quindi nella migliore delle ipotesi potrebbe essere un venditore porta a porta. A quel punto lo manderei via a pedate. A meno che non venda yogurt. Gratis.

Guardo dallo spioncino. C'è un ragazzo fermo sullo zerbino che si sta guardando i piedi. Non mi pare abbia dei loghi sulla maglietta bianca che indossa, e non mi sembra nemmeno di vedere un qualche furgoncino parcheggiato su marciapiede, quindi penso di poter escludere ogni possibilità che sia un venditore.

Apro o non apro? Se non apro probabilmente suonerà il campanello di nuovo. Se apro, dovrò parlargli. E non voglio.

Continuo a guardarlo dallo spioncino. Ha alzato lo sguardo sul campanello, non sa se premerlo o meno. Resta li per qualche secondo con la mano a mezz'aria, quando si gira e se ne va.

Bravo ragazzo, vedo che hai capito come funziona.

Torno in cucina, prendo il yogurt, un cucchiaino e comincio a mangiare - finalmente.

Sento la porta di ingresso aprirsi dopo un paio di minuti, e nel giro di pochi istanti mia mamma arriva affannata fino in cucina, con due sacchetti per la spesa in mano e la borsa su una spalla. Appoggio il barattolo vuoto sul tavolo e mi affretto a darle una mano, cominciando a riempire la dispensa della spesa appena fatta.

«Cosa dovevi fare dal meccanico?» le chiedo mentre ripongo in un armadietto alcuni biscotti.

«Solamente un controllo, nulla di importante. Una volta uscita mi è venuto in mente che non c'era molta frutta in casa e ho fatto un salto al supermercato.»

«E hai finito per fare rifornimento per due mesi» rido mettendo via le ultime cose. Mi giro verso mia mamma, che sorride ampiamente.

Il campanello suona di nuovo, facendomi roteare gli occhi. Sono quasi sicuro che si tratti del ragazzo di prima. Mia mamma si affretta ad andare alla porta e non esita ad aprirla. Io la seguo fino nell'atrio, senza avvicinarmi troppo.

«Ciao! Come posso aiutarti?» come faccia mia madre ad avere tutto questo entusiasmo resta un mistero per me.

«Salve, mi chiamo Colin, io e la mia famiglia ci siamo appena trasferiti nella casa accanto, così pensavamo di presentarci ai vicini» chi mai vorrebbe fare una cosa del genere?

«Io sono Anne» mia mamma sorride, subito prima che il ragazzo davanti a lei continui a parlare.

«È un piacere! Noi ci troviamo al numero 56. Se mai volesse venire, anche solo per un saluto, sarà la benvenuta» l'entusiasmo di mia madre è contagioso o cosa? Rallenta ragazzo, non rubarmi la donna.

«Perdonami un secondo» gli dice, girandosi verso di me. «Ashton vieni qui» mi invita, ma io aggrotto la fronte e scuoto la testa.

Sbuffa subito prima di tornare a parlare con Colin. «Scusami, ti farei conoscere mio figlio ma a volte è davvero testardo» come, scusa? Io testardo?

Okay, forse. A volte.

«La capisco, il mio fratellino ha appena cominciato ad andare a scuola e la mattina non vuole mai alzarsi!» chi vorrebbe? Mamma, tu smettila di ridere. Non è divertente. «Ad ogni modo, adesso la saluto. Buona serata.»

«Grazie per la visita» mia mamma sorride mentre chiude la porta. Appena si volta verso di me, come mi aspettavo, mi guarda male.

«Che c'è?» rispondo come se non fosse successo nulla.

«Stava solo cercando di essere gentile, non potevi nemmeno salutarlo?» mi chiede con un tono che dovrebbe sembrare esasperato.

«Era passato anche poco prima che tu rientrassi, scommetto che era nascosto dietro un cespuglio prima di suonare il campanello un'altra volta.»

«Se era già passato perché non gli hai aperto?» mi domanda ancora.

«Oops» rispondo increspando le labbra e alzando le spalle.

«Ashton» mi richiama, sbuffando divertita. Credo.

«Stavo facendo una cosa, non potevo andare ad aprirgli»

«Quando sono rientrata stavi mangiando uno yogurt» mia mamma alza un sopracciglio e accena un sorriso.

«Avevo fame» ribatto, imitando la sua espressione e facendola ridere.

«Allora diciamo che non ti comprerò più lo yogurt.»

«Aspetta, cosa?» spalanco gli occhi mentre lei se la cava facendomi la linguaccia. «Non puoi!»

«Sono tua madre, posso fare quello che voglio» sorride prima di dirigersi in cucina, mentre io sbuffo e mi lascio cadere di pancia sul divano. Odio quando è così testarda, non posso nemmeno ribattere.

Capisco da chi ho preso.

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Scritto da nworgtuo

O.C.D. || Ashton Irwin #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora