Capitolo 3

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«Ashton, sai quanto manca alla fine della lezione?»

«No» rispondo atono a bassa voce.

Da quando si è seduta di fianco a me, Ginger non ha fatto altro che pormi continuamente domande. Ad un certo punto ho smesso di risponderle, e per un paio di minuti non mi ha più chiesto nulla, ma poi ha ripreso a stuzzicarmi.

Sono convinto che quella simpaticona lo stia facendo di proposito.

«Sicuro?»

«Sì.»

Per qualche secondo non dice più niente, ma la vedo con la coda dell'occhio che mi sta guardando e so per certo che stia per riprendere a parlare. «Cos'hai al polso?»

«Un orologio.»

«E non puoi guardare l'ora?»

«Certo» il tono della mia voce è ovvio.

Do una breve occhiata all'orologio: segna le 8:48, ciò significa che in un paio di minuti la lezione finisce - e spero di non trovarmi di nuovo in classe con lei.

Alzo lo sguardo, cercando di prestare attenzione al signor Martin. Sento gli occhi di Ginger ancora puntati addosso, ma non ho alcuna intenzione di girarmi nella sua direzione.

I suoi capelli spettinati mi renderebbero ancora più nervoso.

«Allora?»

«Allora cosa?» chino leggermente la testa verso sinistra, tenendo gli occhi bassi, come se volessi sentire cos'ha da dirmi.

«Quanto manca?» sento la sua voce farsi più stizzita, e in un certo senso la cosa mi lascia anche soddisfatto.

«Comprati un cazzo di orologio.»

«Woh, aggressivo il ragazzo» sbuffa, e scivolando sulla sedia finalmente chiude il becco.

Trattengo un ghigno e la mia attenzione torna sul professore.

Passa giusto qualche istante prima che suoni la campana. Mi alzo velocemente prima di prendere lo zaino, e con il resto della classe esco dall'aula mentre il professor Martin ci augura una buona giornata.

Una volta in corridoio, mi volto rapidamente indietro per essere sicuro di non avere Ginger al seguito.

Un sospiro di sollievo scivola dalle mie labbra quando vedo che si è fermata a parlare con delle ragazze appena fuori dall'aula.

Apro la cartella e tiro fuori il diario, dove ho scritto l'orario settimanale, per vedere in che aula devo recarmi.

«Francese... aula 27» dico tra me e me. Ripongo l'agenda nello zaino e mi dirigo verso la mia classe, oramai più tranquillo.

Quando arrivo, l'aula si sta riempiendo. Trovo un banco libero in seconda fila e mi accomodo sulla sedia in legno. Apro di nuovo la cartella per prendere il quaderno degli appunti.

«Ehilà, compagno di banco!» spalanco gli occhi. Quando alzo lo sguardo trovo Ginger in piedi davanti a me.

«Non è possibile...» borbotto, appoggiando il block notes sul banco.

«Anche tu qui?» chiede con un finto impeto che mi fa tornare il malumore.

«Purtroppo sì» rispondo seccato.

«Vorrei avere io tutto questo entusiasmo» mi canzona. «Voglio dire, un'ora di matematica dopo quella di scienze non è proprio il massimo.»

«Matematica?» chiedo confuso. «Questa è l'aula di francese.»

Mi giro per guardarla, notando la sua espressione abbastanza spaesata. L'unica cosa che sembra in ordine nel suo outfit potrebbe essere quella frangetta dritta che le copre gli occhi.

In tutta risposta, e non me lo sarei mai immaginato, si limita a dire: «Ah.»

«La bandiera francese appesa sopra la porta e la foto della Torre Eiffel non ti avevano disorientata?» chiedo, mentre la osservo tirare fuori l'orario, piegato in quattro, dalla cartella.

«Sei un ragazzo così spiritoso» sbuffa, alzandosi dalla sedia.

«Tu invece sei una ragazza così gradevole» le mie labbra si allungano in un sorriso sarcastico.

Mi fa la linguaccia mentre muove dei passi verso la porta, l'espressione sul suo volto ancora irritata. «Non cantar vittoria, Irwin, mi avrai ancora tra i piedi. Vado solo nell'aula di fronte.»

Farfuglio qualcosa, mentre lei esce dalla classe.

Subito dopo, vedo entrare l'insegnante di francese, che si chiude la porta alle spalle.

«Bonjour étudiants

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Mi trovo in camera mia, sto sistemando sullo scaffale che sovrasta la scrivania i libri che ho usato oggi a scuola, così da poter prendere quelli che userò domani.

Domani, alla terza ora, ho di nuovo lezione con la signora Gautier - o Madame, come preferisce lei. Non ho la più pallida idea del perché, ma vuole anticipare il programma del secondo trimestre al primo, per cui tra i libri che devo prendere c'è anche questa raccolta di liriche, Les Fleurs Du Mal, di un poeta francese.

Lo prendo dalla prima mensola e lo infilo nello zaino. Afferro altri due libri e chiudo la cartella, appoggiandola per terra vicino alla scrivania.

Lancio un'ultima occhiata ai volumi sullo scaffale, assicurandomi che siano ancora in ordine alfabetico per titolo.

Una volta sicuro della loro disposizione, slaccio le scarpe e le metto in fila lungo la parete, tra le pantofole e le scarpe da ginnastica.

Se c'è una cosa che proprio non sopporto, è la disattenzione nel fare le cose e il loro disordine. Per questo motivo stamattina mi sono inasprito a scuola quando ho visto Ginger: mi ha dato l'idea di una persona trasandata a causa della sua negligenza.

Sul serio, come può qualcuno essere così noncurante?

La scaccio dalla mia mente e torno con i piedi per terra. Pensare a lei probabilmente mi renderà solo più indispettito.

Comincio a spogliarmi della mia uniforme, sbottonando prima la camicia e slacciando poi la cintura che regge i miei pantaloni.

Apro l'armadio e afferro una T-shirt grigia e dei pantaloni morbidi neri della Nike.

Dopo aver infilato la maglietta, passo una mano tra i capelli: probabilmente si sono spettinati un po', così li tiro leggermente a coprirmi la fronte.

Mi siedo sul letto, mettendo i gomiti sulle gambe e appoggiando la testa sulle mani.

Lancio un'occhiata al comodino: la sveglia su di esso segna le 21. Mi allungo per prendere il cellulare e spegnerlo.

Mi stendo sul materasso, sistemandomi su di un fianco. Dalla finestra entra un po' di luce, ma non mi dà fastidio.

Prendo un respiro profondo e chiudo gli occhi.

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Scritto da nworgtuo

O.C.D. || Ashton Irwin #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora