Capitolo 29

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Reprimo una risata appena Ginger mi guarda con un sopracciglio alzato e un mezzo sorriso. Sento Colin dire qualcosa ma non riesco a capire bene cosa, e poi decido di liquidarlo. «Perdonaci, ma ora dobbiamo andare» mi guarda inclinando leggermente la testa verso un lato, come se ci stesse valutando.

«Ho interrotto qualcosa?»

«NO» esclamo, strabuzzando gli occhi. «Èstatounpiacereciao» dico tutto d'un fiato prima di chiudere rapidamente la finestra. Nel mentre, Ginger scoppia in una risata fragorosa che mi fa sbuffare, tant'è che quando mi giro la vedo che si tiene lo stomaco con una mano. Scosto la tenda in modo da coprire il vetro e aspetto che Ginger finisca di ridere per poter dire qualcosa, ma a quanto pare non riesce a smettere - e non ne capisco il motivo, non c'è nulla di divertente.

«Penso che chiunque potrebbe porti la tua stessa domanda, non ti fa male la mandibola dopo un po' che ridi?» le chiedo quasi scocciato, sedendomi sul bordo del letto. Ci dev'essere qualcosa che non va nel genere umano, qui sono tutti fin troppo felici e allegri.

Dopo qualche istante, Ginger riesce finalmente a riprendere fiato. «Ridere allunga la vita» sorride.

«No, ti prego, spegni il sorriso» sbuffo. Il suo sorriso è irritabilmente carino, ma il fatto che sia così persistente lo trovo quasi fastidioso.

«Smettila tu» asserisce d'un tratto, forse troppo velocemente.

Io aggrotto la fronte e la guardo confuso. «Di fare che?»

«Di fare lo stronzo!»

Poteva anche risparmiarsi di alzare così tanto la voce. Cosa crede, che nel resto della casa non ci sentano? Mi alzo di scatto e mi incammino verso la porta, che chiudo rapidamente per poi avvicinarmi a lei. «Si può sapere cosa ti ho fatto?»

«Stappati le orecchie, te l'ho già detto» mi risponde, il tono decisamente stizzito e le braccia incrociate sul petto. Ora ci manca solo che cominci a battere un piede.

Sospiro pesantemente cercando di mantenere in qualche modo la calma, prima di porle un'altra domanda. Non voglio finire per urlare, come ha fatto lei poco fa. «Ti dispiacerebbe ripetermelo?»

Lei sbuffa. «Stavo cercando di essere gentile con te, e tu mi hai liquidata con una scusa che non poteva essere più banale! Ti è chiaro ora?»

«Tu cercavi di essere gentile con me? Davvero? Dimmi, quante risate ti sei fatta con i tuoi amici parlando loro di me?» anche il mio tono di voce altera e diventa più arrabbiato, ma cerco comunque di contenermi. Non voglio gridare per una situazione che, diciamocelo, è davvero ridicola.

«Okay, senti. Capisco di essere davvero una rompi scatole delle volte e sì, hanno riso quando dicevo loro dei dispetti che ti ho fatto, ma ieri stavo davvero cercando di essere gentile. Sai, mi dispiaceva vederti da solo, volevo che tu fossi in compagnia, e non ti sto prendendo per il culo, sono totalmente sincera in questo momento.»

Ah.

«Ho degli amici che sono uno più scemo dell'altro, e so che tu sei un ragazzo composto, lo si vede lontano un miglio, ma sembri anche così triste delle vol- »

«Tregua» la interrompo, abbassando leggermente lo sguardo - non solo per non vedere i suoi capelli scarmigliati.

Che. Fastidio.

«Cosa?» china leggermente la testa come per cercare un contatto visivo, così alzo gli occhi su di lei. Non sono davvero bravo ad interpretare le reazioni degli altri, di fatto lei mi sembra allibita, arrabbiata e perplessa allo stesso tempo.

Increspo le labbra e sbuffo. «Ti chiedo di porre una tregua. Voglio dire, non mi vai molto a genio ma non voglio litigare per una sciocchezza simile.»

O.C.D. || Ashton Irwin #Wattys2016Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora