- Capitolo 3 -

33 4 0
                                        

Con il passare dei giorni, il pensiero di dover cambiare le cose cresceva nella mente di Erica, così forte da isolarla completamente dal mondo esterno. Le ore passavano lente, cariche di dubbi e riflessioni tormentose, e la giovane principessa si sentiva sempre più distante dalla realtà che la circondava.

"Principessa?... Principessa?... Signorina Erica!"

Esmeralda la scosse delicatamente, cercando di riportarla alla realtà. La giovane bionda sussultò, scuotendo la testa per riprendersi. I suoi occhi azzurri, solitamente vivi e attenti, erano ora velati di stanchezza e incertezza.

"Scusa, Esmeralda... stavo solo pensando. Che succede?"

"Siete sicura di stare bene? Sono giorni che sembrate assente, persa nei vostri pensieri. Camminate per i corridoi come un'ombra, e temo che qualcosa vi stia turbando profondamente."

"Sto bene, davvero." Erica si sforzò di sorridere, ma il suo tono non convinse la dama di compagnia. "Ho solo un po' di cose per la testa."

"Vorreste parlarne? A volte condividere un peso lo rende più leggero."

Erica scosse il capo. Sapeva bene quali sarebbero state le conseguenze se avesse rivelato ciò che pensava.

"Beh, non posso obbligarvi... ma se vi tormenta al punto da farvi venire le occhiaie, dovreste risolverla al più presto. Nessuno vuole vedere una principessa così provata."

"Lo so... è solo che... Non ti è mai sembrato che tutto questo fosse profondamente sbagliato? Che stessimo solo perpetuando un ciclo di odio senza fine?"

"Perdonate, ma non capisco a cosa vi riferiate."

Erica sospirò profondamente, il cuore pesante come un macigno. Sapeva di aver detto troppo, ma il bisogno di esprimere i suoi dubbi era ormai incontenibile. Ormai era in ballo e doveva trovare una risposta convincente, qualcosa che non tradisse del tutto i suoi pensieri ma che non la mettesse in pericolo.

"Non fraintendermi, d'accordo? Ma credo che sia ora di smettere di perseguitare i demoni in nome di ideali che noi stessi non rispettiamo. Noi uccidiamo esattamente come loro, infrangiamo le stesse leggi che mio padre ha imposto. Qual è la differenza tra noi e loro, se continuiamo a macchiarci delle stesse colpe?"

Esmeralda tacque per un attimo, il volto teso tra confusione e preoccupazione. I suoi occhi scrutavano Erica, cercando una risposta non detta.

"Signorina... devo chiedervelo. Siete stata voi a far entrare quel demone la scorsa settimana?"

"No, certo che no! Sarà entrato da solo. Ma prima o poi i demoni si vendicheranno, e nessuno qui dentro se ne preoccupa. Dobbiamo smettere di provocarli!"

La dama sospirò, incerta sul da farsi. I suoi occhi vagarono per un istante nel vuoto, poi tornarono a posarsi su Erica, colmi di apprensione. Sapeva che le parole della giovane principessa erano pericolose, ma anche sincere. Dentro di sé, una parte di lei si chiedeva se non avesse ragione.

"Ascoltatemi bene. Capisco il vostro punto di vista, ma dovete restare in silenzio. Se vostro padre vi sentisse, non esiterebbe a punirvi severamente o a mandarvi tra di loro. Non posso permetterlo, ho promesso a vostra madre di proteggervi."

"Ma è la verità! Dovrei nasconderla? Continuare a illudere il mio popolo che tutto va bene? Perché?! Non ha senso!" Disse la giovane alzando la voce.

"Lo so, Erica, ma conoscete vostro padre. Evitate di parlarne, soprattutto qui nei corridoi."

"Tsk come vuoi, vado in camera, se mio padre mi cerca digli che non ci sono, non voglio essere disturbata."

Erica si ritirò nella sua stanza, un rifugio tranquillo con pareti bianche e oro, illuminate dalla luce soffusa che filtrava dalle finestre. Il letto, grande e imponente, con lenzuola di seta bianca e coperte dorate, sembrava un angolo di calma, ma non riusciva a placare la tempesta dentro di lei. Le candele sulla scrivania gettavano ombre morbide, mentre il silenzio della stanza amplificava i suoi pensieri inquieti. Si sdraiò sul letto, cercando di rilassarsi, ma ogni angolo della stanza le ricordava il conflitto che non riusciva a placare. Nel frattempo nel regno demoniaco il consiglio si era riunito nella sala per discutere sul da farsi con la questione degli angeli.

"Spiegami bene, Haru. Tu, che sei sempre stato il più titubante, ci stai dicendo che forse è il momento di contrattaccare?" chiese Mar, una ragazza dai capelli castani e gli occhi nocciola, fissando Haru seduto a capotavola.

"Esatto, Mar. Fumihiro mi ha detto che le difese sono davvero deboli, quindi potrebbe essere il momento giusto per attaccare," rispose Haru con tono deciso.

"Ma il nostro popolo sta ancora cercando di riprendersi dalla crisi economica," obiettò Monique, una ragazza dagli occhi azzurri e i capelli biondo cenere, con cicatrici che segnavano il suo volto.

"Lo so, ma non sappiamo cosa faranno dall'altra parte," ribatté Fumihiro, che fin lì era rimasto in silenzio. "Non possiamo permetterci di subire un altro attacco come quello che abbiamo ricevuto" disse alzando il tono della voce, in tutta risposta ricevette subito uno sguardo gelido da Haru. Il capo della riunione lo fissò con uno sguardo serio.

"Fumihiro, ti ho già detto come stavano le cose oggi. Sei troppo coinvolto in questa storia. Concentrati e lascia che il resto faccia il proprio lavoro," lo rimproverò Haru, visibilmente irritato.

"Tsk Haru le cose stanno così cazzo!" Sbottò il minore "non possiamo perdere questa occasione! Soprattutto dopo tutto quello che ci hanno fatto! Devono pagarla per quello che dicono di noi agli umani, per quello che fanno a noi, alle nostre famiglie e alle altre specie!"

Haru lo guardò con un'espressione severa. "Ecco perché non volevo che venissi," disse con calma. "Tu cerchi solo vendetta, ma non è quella la strada giusta. Se davvero ti importa del nostro popolo, devi pensare a tutte le opzioni, non solo a quella estrema. Sei come un fratello per me, ma devi capire che ci sono priorità. Non possiamo agire senza riflettere. Ogni mossa deve essere calcolata, o il popolo che stai cercando di proteggere ne soffrirà le conseguenze."

Il ragazzo, alle parole di Haru, rimase in silenzio, incrociando le braccia e appoggiandosi allo schienale della poltrona, perso nei suoi pensieri.

"Beh, fratellone," intervenne Pilika, una ragazza dai capelli rosa, gli occhi azzurri e la pelle candida come la porcellana, "Fumihiro ha un punto valido. Chi meglio di noi sa come combattere in guerra? A volte, proprio in queste situazioni, bisogna agire senza indugi, cogliendo l'opportunità al volo. Mi spiego?"

Haru rimase immobile, ma la sua voce fu ferma: "L'ho convocata qui apposta, Pilika. Non per piacere, ma per fare il punto della situazione e decidere se entrare o meno in guerra."

Mar, con un cenno di assenso, rispose: "Penso che si debba mettere tutto ai voti. La maggioranza deciderà."

Tutti si voltarono verso Haru, che guardò i presenti con calma. "Va bene, mettiamola ai voti," disse infine. "Essendo io il convitato, mi asterrò e procederò con il conteggio. Quindi, chi è favorevole all'entrata in guerra?"

Le mani cominciarono a alzarsi, e con un rapido colpo d'occhio, Haru capì la decisione senza bisogno di contare. La maggioranza era chiara.

"Ebbene, è deciso. Demonia entrerà in guerra," annunciò con tono serio. "Ci vediamo domani per discutere le strategie."

Con un gesto risoluto, si alzò dalla poltrona e, seguito dai suoi alleati, lasciò la sala. Una volta a casa, Haru e i fratelli pranzarono in tranquillità e ognuno andò a dedicarsi ad una attività diversa, cercando di rilassarsi dopo una giornata pesante. Ma la quiete fu breve: il suono del campanello squillò improvviso, interrompendo ogni speranza di riposo. Quel suono segnava l'inizio definitivo di un nuovo capitolo, dove il destino della guerra sarebbe stato scritto.

O forse no.

The Other SideDove le storie prendono vita. Scoprilo ora