- Capitolo 1 -

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La nostra storia ha inizio nel 2023, in una fredda alba autunnale. Nel mondo demoniaco, tutto era avvolto da un silenzio ovattato, mentre le creature della notte riposavano nei loro sogni inquieti. In un ufficio appartato, un demone sedeva alla sua scrivania, sorseggiando un caffè caldo e gustando una fetta di torta al cioccolato, intento a lavorare in pace. 

La sua amata quiete fu bruscamente interrotta quando una ragazza dai capelli canuti, occhi grigi e pelle color caffellatte irruppe nella stanza senza nemmeno bussare.

"Fratellone!"

"Giuro che se non hai una valida motivazione per tutto questo casino, Kanato, ne pagherai le conseguenze," borbottò Haru, il moro, sollevando lo sguardo dai suoi documenti.

"Senti, Haru, se sono di fretta non è colpa mia. Devo andare nel mondo umano e sono già in ritardo, ok?"

Lui la fissò con i suoi occhi neri come la notte, sospirando profondamente per trattenere la risposta pungente che gli premeva sulle labbra.

"Dimmi che ti serve, entro domani possibilmente."

"Fumihiro vuole parlarti. Ha detto che è urgente. Lo faccio salire?"

"Cioè tu...? Lascia perdere... fallo salire, anche se sarebbe bastato mandarmelo su direttamente."

Kanato incrociò le braccia con un'espressione contrariata, ma non aggiunse altro. Fece un cenno con la testa e si voltò, uscendo dalla stanza con passo svelto. Il rumore dei suoi passi riecheggiò nel corridoio, svanendo rapidamente.

Haru rimase per un attimo in silenzio, massaggiandosi le tempie. La sua quiete mattutina era ormai svanita, sostituita da un senso di inquietudine che non riusciva a scrollarsi di dosso. Si lasciò andare contro lo schienale della sedia, tamburellando con le dita sulla scrivania. L'arrivo di Fumihiro questa volta significava guai, e lui ne era certo. Chiuse gli occhi per un istante, inspirò profondamente e poi si preparò a parlare con il suo fin troppo fedele braccio destro che, dopo poco varcò la porta del suo ufficio chiudendola dietro di sé.

"Sire, devo parlarle. È urgente."

Haru inarcò un sopracciglio, osservandolo da testa ai piedi, infastidito dal tono formale che il ragazzo gli rivolse.

"Prima di tutto, spiegami due cose. Numero uno: perché diamine mi dai del lei? Numero due: perché mi chiami 'sire'? Ti sei forse dimenticato che i miei genitori ti hanno cresciuto come un figlio?"

Fumihiro accennò un sorriso malizioso. "Semplicemente perché è divertente, sire. Non posso divertirmi un po'? Mi piace mettervi alla prova." Disse rimarcando il nomignolo affidato da lui al fratellastro maggiore mentre un altro sospiro esasperato sfuggì ad Haru, che si massaggiò le tempie mentre sentiva le risate trattenute del ragazzo.

"Dimmi cosa sta succedendo prima che ti prenda a calci"

Fumihiro si accomodò sulla poltrona di fronte a lui, accavallando le gambe con disinvoltura.

"Ho fatto ciò che mi hai chiesto: sono andato nel regno angelico."

"Ti sei fatto scoprire?" chiese Haru, sperando in una risposta negativa.

"Sì, ma i miei poteri mi hanno salvato per un soffio."

Haru si portò una mano sulle tempie sconvolto dalle parole del braccio destro. "Oh madre, dammi la forza..."

"Suvvia, ascoltami. Ho scoperto qualcosa di importante: stanno preparando un attacco per sabato prossimo. Questa volta useranno le armi pesanti."

Haru si irrigidì. "Sabato? Stai scherzando? È la sesta volta in due settimane!"

Fumihiro annuì, facendosi più serio. "E non è finita qui. A quanto pare, noi siamo solo i primi di una lunga lista: il loro obiettivo è espandersi, e per riuscirci devono prima distruggere noi. Se riescono a farlo, il resto delle specie cadrà facilmente."

Haru si passò una mano tra i capelli, sospirando pesantemente. "In altre parole, mi stai dicendo quello che so già..."

"Ti sto dicendo che dobbiamo reagire. Sì, so che significherebbe entrare ufficialmente in guerra, ma quale alternativa abbiamo? Aspettiamo di essere annientati prima che tocchi agli altri?" Chiese apparentemente nervoso guardando il maggiore.

Haru si alzò in piedi, iniziando a camminare avanti e indietro per la stanza con il volto contratto dalla tensione. La sua mente rievocava i ricordi del regno devastato, il popolo ridotto alla fame mentre suo padre accumulava ricchezze e potere, instaurando un regime di terrore e oppressione. Anni di sofferenza avevano logorato la sua gente, lasciandola in ginocchio. Ora che finalmente stavano iniziando a risollevarsi, trascinarli in una guerra era l'ultima cosa che voleva. Ma, allo stesso tempo, sapeva che restare passivi avrebbe solo condannato il loro futuro.

"Fumihiro, non iniziare. Non è così semplice. Il popolo sta ancora cercando di riprendersi dai danni lasciati da mio padre. Non posso trascinarli in un'altra guerra senza pensarci mille volte."

Fumihiro incrociò le braccia, osservandolo con uno sguardo fermo. "Parlane almeno con il consiglio demoniaco. Promettimi che prenderete seriamente in considerazione questa minaccia. Non possiamo più ignorare quello che sta accadendo."

Haru annuì con riluttanza. "Prometto che ne parleremo, ma non che prenderemo la strada che desideri."

Fumihiro si alzò con un cenno deciso. "Basta che lo fate."

"Se andiamo in guerra, avrò bisogno di informazioni dall'interno...Provvedi a recuperarle"

"Sissignore," aggiunse con un ghigno, prima di teletrasportarsi via, lasciando Haru nuovamente solo. Il giovane demone finì di lavorare sugli ultimi documenti e con essi la sua torta, poi prese le stoviglie e le portò al piano inferiore, affidandole alle cameriere.

"Sakura."

"Sì, Haru?" rispose una donna dai capelli blu raccolti in uno chignon, mentre riordinava la cucina. Le sue mani si muovevano con precisione, riponendo ogni oggetto al suo posto, ma il suo sguardo attento non perse il minimo dettaglio dell'espressione del giovane demone.

"Yukio dorme ancora?"

"Sì, il principino riposa. Vuoi che lo svegli?"

"No, non importa. Sto per uscire. Piuttosto, ricorda a Pilika di occuparsi di ciò che le ho detto."

Sakura annuì, poi lo fissò con un'espressione più seria. "Haru, ora non ti parlo da cameriera, ma da persona di famiglia. Yuyu sente terribilmente la vostra mancanza, e ogni giorno chiede di voi. So che avete molte responsabilità, ma cercate di essere più presenti per lui. Ne ha bisogno."

Haru rimase in silenzio per un attimo, poi annuì senza aggiungere nulla. Prese il portafoglio e il telefono ed uscì dal palazzo, con la mente invischiata in un groviglio di pensieri e responsabilità troppo grandi per chiunque.

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