chapter 8

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annullo la fermata al parco e cammino lentamente verso casa appoggiandomi alle mura alla mia sinistra.
mi pulsa la testa, mi esce il sangue dal punto della fronte che ho colpito.

non capisco, cosa le ho fatto?
cosa ho fatto di male a tutti loro?

sono quasi arrivata a casa, fortunatamente non c'è molta gente in giro, cerco comunque di comportarmi più normalmente possibile, nel caso qualcuno mi vedesse. spero che mia mamma non sia tornata.

appena entro in casa mi sento sollevata. non c'è nessuno, la casa è buia. il cielo si sta scurendo, qualche lampo squarcia le nuvole.

vado lentamente in bagno. mi guardo allo specchio; a partire dalla tempia fino a poco sotto lo zigomo sinistro sono macchiata di sangue, il collo è rosso, risaltano i graffi.

ripeto, ma che problemi hanno?
perché poi?

urlo dalla rabbia. fa male, e non ho fatto nulla per meritarmelo.
forse un anno fa avrei reagito alla stessa maniera ma non so, ultimamente, da quando sono uscita dal riformatorio, mi sento stranamente calma, anzi, non calma, non so, è come se tutto mi scivolasse addosso.

ora probabilmente molte ragazze che conosco scoppierebbero in un piagnisteo senza fine, lamentandosi, comprese persone come daisy e lucy, ma non sono il genere di persona che piange, anche volendo.
è strano, lo so.

asciugo il sangue e disinfetto la ferita. ora ho solo un taglio non troppo lungo corrispondente alla tempia, qualche solco sullo zigomo e un livido in formazione. il collo è rosso ai lati.

aaaaah, che bellezza.

il telefono suona. "tesoro, resto qua dalla nonna a dormire, domani mattina torno ma è probabile che resti qui, c'è anche zia con me, per cena puoi ordinare una pizza o cercare di cucinare qualcosa, ma è meglio se ordini una pizza, ci tengo a una cucina funzionante" qualcosa mi dice che mia madre non si fidi di me "si, mamma. ah, prima sono uscita per fare una passeggiata e alcuni ragazzi che si stavano spintonando mi hanno dato una botta per sbaglio e ho sbattuto il viso contro il muro, si sono scusati e sono stati molto carini. quindi, non farti prendere dal panico se domani vedi qualche segno sulla mia faccia, ciao mamma!" le sarebbe preso come minimo un infarto se lo avesse visto il giorno dopo, e non sarebbe stata una scusa plausibile se non le avessi detto subito qualcosa, al telefono.
pensavo di avercela fatta, ma è stata fulminea "oddio, stai bene? che hai? devo tornare a casa? devi stare più attenta" questa donna e la sua ansia, aaaah fatemi santa se sto calma. "mamma calma, sto bene, non è successo nulla, loro stavano peggio di me a momenti" le dico con uno sbuffo, "okay, okay, ma la prossima volta fai attenzione, ora mamma deve andare, un bacio" non faccio in tempo a risponderle che mi chiude il telefono in faccia. questa donna non è normale.

scendo le scale e mi siedo sul divano. guardo l'ora, sono appena le 17.30.

sto un pò al cellulare, poi inizio a disegnare. disegno sempre, da quando sono piccola.
mi piace soprattutto disegnare vestiti, in camera ho una lavagnetta in legno dove con le puntine ho appeso tutti vari disegni.

ho finito qualche disegno e lo vado a appendere in camera. ora lo stordimento è passato e riesco a camminare senza problemi.

sono le 19.30, ordino una pizza. dopo una ventina di minuti arriva e la mangio guardando un film. appena finito spengo le luci, vado in camera e mi addormento appena tocco il letto.


apro gli occhi al suono fastidioso della sveglia. la spengo qualche minuto dopo alzandomi. mi sento stranamente riposata.

attraverso il corridoio e vado in bagno, mi specchio; ho un livido in parte quasi all'altezza della tempia e in parte sullo zigomo, la ferita sulla tempia deve essersi aperta durante la notte e ora ho un macchia di sangue sulla fronte.
mi lavo e vado in camera. indosso un paio di leggins neri, una felpa senza cappuccio rosso scuro, abbondante, e le mie scarpe bianche.
adoro queste scarpe, sono comode, semplici e non le ha nessuno; probabilmente perché sono un semplice paio di scarpe della nike, ma  meglio così. lascio i capelli sciolti, prendo le chiavi e lo zaino e esco di casa, infilo le cuffiette e mi incammino verso scuola. non ho molta voglia di andarci. se li incontro, se incontro lui, farò finta di niente. credo che mi lasceranno stare così facendo, no?

arrivata davanti al portone incontro jacob, lo saluto con un bacio sulla guancia e entriamo. arriviamo al mio armadietto e ci fermiamo. "oh porca merda, ma che cazzo hai fatto?" quasi urla lui, attirando l'attenzione di qualcuno intorno a noi per qualche secondo. ridacchio, e mi sposto un pò i capelli "sei la finezza, ahah. nulla di che tranquillo" lo rassicuro,per poi raccontargli la storiella. sembra preoccupato.
"chi sono?" mi chiede lui.
"non so, non li avevo mai visti. non penso fossero di qua, ma credo che li riconoscerei, se li vedessi di nuovo" cavolo, sarei perfetta come attrice.
aggrotta le sopracciglia, per poi prendermi a braccetto "mh, okay" borbotta mentre camminiamo.

incontriamo gli altri e si ripete la stessa scenetta, poi ognuno va nella propria classe.

che la tortura abbia inizio.

nota autore:

è un capitolo breve, schifosino e insignifante, lo so, ma forse faccio il doppio aggiornamento così non vi lascio troppo così, a mezz'aria ahaha

ciao, e grazie:)

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