chapter 18

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sono passate tre settimane dall'ultima volta che ho parlato con lucky. tre settimane dall'ultimo sguardo che mi ha rivolto. tre settimane dall'ultima volta che non mi ha trattata come se non esistessi.

lo vedo tutti i giorni, nei corridoi, in aula, in mensa. con i suoi amici, mentre parla e ride. sento la sua voce quando ci incrociamo; e non mi ha mai guardata. nemmeno una volta.
sono orgogliosa, e non voglio ammettere nemmeno con me stessa che ci sto male, mi manca, anche se cerco di non darlo a vedere.

e ci penso, penso in continuazione a lui. provo a immaginare di mancargli, che anche lui prova quello che provo io. poi risento nella mia testa la sua risata, e rivedo il suo sorriso.

nelle ultime settimane non è successo molto, sono uscita ogni tanto e ho passato Halloween a mangiare popcorn davanti alla tv.

"odio il venerdì" sbuffa lucy.

"che problemi hai? domani è sabato!" ribatte jason.

sono come una coppia, questi due.

"si, ma intanto io ho la wilson" borbotta lei, riferendosi alla sua insegnande di calcolo avanzato "non la sopporto più"

"l'hai scelto tu il corso" obietta l'altro.

"oh, sta zitto" sembra esasperata.

"tu, piuttosto" inizia tom cambiando argomento, e facendo un cenno con la testa a logan "quando hai intenzione di presentarci la tua ragazza?" chiede, marcando l'ultima parola.

logan si schiarisce la voce "dovrei?"

"direi"

"lo farò. cercate di non essere imbarazzanti"

"noi non siamo imbarazzanti" esclamano all'unisono jason e lucy. noi ridiamo.

"meglio non rischiare"

jason mi prende a braccetto "andiamo mademoseille?"

"si" ridacchio.

entriamo nella classe di arte e la lezione passa in fretta, come al solito.

"pranziamo fuori?" propone daisy, appena ci incontriamo nell'atrio.

sento passarmi accanto la risata di christine, che entra in mensa insieme al suo gruppo.

"si, andiamo" rispondo subito io per tutti.

gli altri annuiscono, lanciandomi qualche occhiata. dev'essere stato strano, non prendo molto parte alle uscite di gruppo di solito.
usciamo da scuola e aspettiamo l'autobus.

sento la sua voce.
ma sta volta è qui.

mi giro, senza darlo troppo a vedere, e con la coda dell'occhio lo vedo, a poca distanza da noi, parlare con una ragazza dai capelli neri a caschetto, con la sua comitiva. eppure sono sicura che stessero entrando in mensa.

l'autobus arriva, saliamo, e con noi anche loro. mi siedo accanto a tom, dalla parte del corridoio. loro, lui, si posizionano nell'altra estremità, mentre lui continua a parlare con la mora. lei ha una mano suo collo, e la testa appoggiata sulla sua spalla. mi fa innervosire, un senso di malessere si irradia dentro di me. accanto a loro c'è il ragazzo dai capelli biondo cenere riccioluti, che avvicina il viso a quello di lui e gli sussurra qualcosa. lui gli risponde qualcosa sempre sotto voce e successivamente si accosta alla ragazza, dicendole qualcosa.

sento i loro sguardi su di me, sposto lo sguardo. lui sta ridendo, e lei guarda me. subito nella mia mente si fa spazio il pensiero che stiano parlandoo di me. no, non parlano di me. la mia parte razionale ragiona, e non avrebbero ragione di parlare di me. probabilmente per il semplice fatto che sembra essersi dimenticato anche solo della mia esistenza.
insomma, forse mi sono immaginata cose che non c'erano, come al solito, ma non avevamo forse un rapporto? cos'era per lui, altrimenti? cos'ero per lui?

adesso anche l'altro ragazzo mi guarda, mentre il biondo scrive qualcosa picchiettando sullo schermo del suo cellulare. vedo la sua mascella contrarsi. una parte di me vorrebbe che mi rivolgesse anche un solo sguardo. una grande parte di me. tutta me. cambio posizione sul sedile, inizio a agitarmi. tom mi lancia un'occhiata ma non dice niente. sento di nuovo le risate dei tre.

mi alzo di scatto appena l'autobus si ferma.

"scusa, mi sono ricordata di un impegno" borbotto di sfuggita al moro accanto a me, e scendo.
ci metto un attimo per orientarmi, ma subito dopo svolto a destra e cammino velocemente, quasi correndo. sono scesa a quattro fermate dal fast food dove saremmo dovuti scendere, e a almeno un chilometro da casa mia.

sento il mio viso arrossarsi dallo sforzo per allontanarmi il più in fretta possibile, mi viene da piangere. un pò per la delusiona, un pò per la rabbia. un pò perché sono tre settimane che tengo tutto dentro.

raggiungo finalmente casa e sollevata mi rendo conto dell'assenza di mia madre. corro in camera e  inizio a frugare nervosamente nell'armadio in cerca di qualcosa di comodo, buttando i vestiti per terra, e prendendomela con loro. qualche lacrima fa capolino, lasciando spazio a un vero e proprio pianto liberatorio quando mi ritrovo in mano i pantaloni della tuta grigi, quelli che avevo prestato a lui. da masochista, li indosso, e rantolo fino al divano, dove racchiudo le ginocchia in una stretta attraverso le braccia e in posizione fetale continuo a sfogarmi, con tanto di singhiozzo e mugolii.
ci tenevo così tanto a lui. ci tengo così tanto.

il campanello suona insistentemente più volte.

"Jade!" o le mie orecchie giocano brutti scherzi o lucky mi sta chiamando.

"Jade, Apri questa cazzo di porta!" no, davvero è lui.
lo sento dare un pugno alla porta.
non ho intenzione di alzarmi, per nulla al mondo.
dopo un altro paio di richiami sia la sua voce che il rumore del campanello cessano di risuonare in casa. mi alzo leggermente, restando raggomitolata con la testa inclinata da una parte.

la porta sbatte forte, con un rumore secco, ma non è la porta d'entrata. la porta della cucina, la mia mente si allarma; è entrato? come ha fatto a entrare? incasso la testa nelle spalle sperando che non mi veda, sembro una bambina. qualcuno entra in casa mia e io spero che non mi veda. peccato che lui non sia qualcuno.
lo sento andare a grandi passi al piano di sopra, il che vuol dire che deve aver dato un'occhiata di sfuggita in salotto, senza vedermi. non trovandomi, lo sento correre per le scale mentre torna di sotto, mi accascio ancora di più. troppo tardi.

sospira e si mette accanto a me, poi, con un gesto veloce, mi stringe tra le sue braccia.

dopo un primo momento di esitazione mi lascio andare, mentre le lacrime riprendono a venire fuori. il mio corpo trema e non riesco più a fermarmi, insipiro il suo profumo e mi stringo a lui, come se non volessi più lasciarlo andare. non lo voglio più lasciare andare. resta qui.

"sssh" continua a sussurrarmi lui, mentre mi accarezza la testa, stringendomi di più a sè "sono qui. sono qui."

affonda la testa nell'incavo del suo collo e mi lascio cullare dalla sua voce.

nota autore:
sono terribilmente sentimentale oggi e tutto questo pianto nel capitolo è perché, oltre per il fatto che lucky ha fatto il cazzone, mi fa piangere un pò tutto.

come sempre sono in ritardo, ma ormai ci avrete fatto l'abitudine spero.
fatemi sapere se vi piace, ciao:)

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